Carboni rievoca in aula l'8 settembre 1943 «Nessuno mi diede l'ordine di difendere Roma»

Carboni rievoca in aula l'8 settembre 1943 «Nessuno mi diede l'ordine di difendere Roma» uova udien: al Tribunale penale di Milano Carboni rievoca in aula l'8 settembre 1943 «Nessuno mi diede l'ordine di difendere Roma» II generale (che comandava le divisioni «Piave», «Ariete» e «Centauro») aggiunge: «La protezione della capitale era stata assunta da Roatta» - Secondo l'articolo di un settimanale, al momento dell'armistizio Carboni si sarebbe rifugiato a Tivoli fra gli attori di una «troupe» che girava il film «La freccia nel fianco» - Il generale smentisce: «Mi recai là soltanto perché ero alla ricerca di Roatta» - La testimonianza dello scrittone Paolo Monelli - Il processo rinviato al febbraio 1967 (Dal nostro corrispondente) Milano, 12 dicembre. Il generale Giacomo Carboni — uno dei principali protagonisti delle vicende politico-militari legate all'armistizio delV8 settembre 19!t3 — ha deposto oggi alla prima sezione del Tribunale penale ili Milano nel processo che egli ha intentato contro i giornalisti Giorgio Torelli e Gilberto Forti. Sul numero del 30 marzo 196£ del settimanale « Gente» (di cui Forti era condirettore responsabile) apparve infatti un articolo a firma di Giorgio Torelli che rievocava la mancata difesa di Roma nel settembre 191(3, articolo che il generale Carboni ritenne diffamatorio. Nello scritto incriminato si citavano le dichiarazioni di una attrice cinematografica, Mariella Lotti, la quale raccontò che il 9 settembre 101)3, mentre stava girando a Tivoli il film <La freccia nel fianco » con la re¬ gia di Carlo Ponti, venne raggiunta, nel castello di Arsoli dal tenente Lanza di Trabia, aiutante del generale Carboni. «Tu ci devi salvare >, avrebbe implorato V ufficiale, ma l'attrice rifiutò di prestare aiuto. Al breve colloquio sarebbe stato presente anche il generale Carboni. Stamane il gen. Carboni si è presentato davanti ai giudici con un fascicolo di ventisette cartelle dattiloscritte e lo ha letto con voce sonora. Ha esordito con questa affermazione: « Io non ebbi mai l'ordine di difendere Roma». L'ex comandante delle divisioni « Piave », « Ariete » c « Centauro » ha continuato: « La difesa della capitale rimase esclusivamente affidata al generale Roatta. Questi aveva impartito un ordine secondo il quale la difesa della città era suddivisa in tre parti. La prima, interna, era affidata al generale Barbieri; la seconda, esterna, al generale Zambieri e la terza, internamobile, a me ». « In pratica — ha proseguito il generale — io dovevo controllare la zona compresa fra il lago di Bracciano, la via Cassia e la Flaminia ». Il generale ha poi ricordato che, al Consiglio della Corona dcll'8 settembre, egli cercò di convincere i suoi superiori a posporre la dichiarazione dell'armistizio. « Inutilmente io tentai di mettermi in contatto con il generale Roatta. Quando vidi che era impossibile ogni comunoìcazione con il capo di Stato maggiore, anche per accordi presi con gli esponenti comunisti Longo e Di Vittorio, provvidi per quanto concerneva la difesa del centro urbano di Roma a distribuire armi ai cittadini. Successivamente mi recai, sempre nella speranza di incontrare Roatta, sulla strada di Tivoli. Ero in borghese, in obbedienza a un ordine che mi aveva impartito lo stesso Roatta». «Il tenente Lanza di Trabia — ha ricordato il generale Carboni — mi informò che 11 castello Massimo, ad Arsoli, presso Tivoli, aveva grandi sotterranei che sarebbero stati idonei quali rifugi aerei per il re e l'Alto Comando. Trovai con disappunto il cortile pieno di gente che stava girando un film e che mi si affollò attorno curiosando ». Il custode lo accompagnò in un alloggio. Dopo qualche minuto «entrò nella saletta e si affacciò una figura femminile. Riconobbi l'attrice Mariella Lotti, fidanzata del tenente Lanza. La signorina Lotti salutò e disse ridendo che avevano invaso la sua casa. Molto dispiaciuto chiesi scusa e spiegai, di essere stato condotto lì dal custode ». Il gen. Carboni fece l'atto di uscire, ma la Lotti lo pregò di rimanere finché avesse voluto. Poco dopo giunse trafelato il ten. Lanza di Trabia che gli riferì di avere incontrato finalmente il gen. Roatta, fermo ud un passaggio a livello dopo Arsoli. Il generale Roatta disse che Carboni si sarebbe dovuto fermare a Tiuoli e c)ie non vi eraìio altri ordini. Finalmente, il gen. Carboni tornò a Tivoli dove constatò che l'ordine di trasferimento non era stato completamente eseguito. Il col. Montezemolo comandante del Genio, disse che era dipeso dalle manchevolezze del colonnello Salvi, il quale non era stato all'altezza della situazione ed aveva com¬ pletamente perduto la. testa. Giunse, quindi, il gen. Calvi di Bergolo il iiuale gli disse: «Sua Maestà si è imbarcato stamane a Pescara con il governo ed il comando supremo diretto in Sicilia ». Il generale Carboni ha soggiunto che le condizioni di armistizio offerte al feldmaresciallo tedesco liesselritig erano inaccettabile e pertanto si rifiutò di firmarlo. I giudici hanno oggi ascoltato anche la testimonianza dello scrittore Paolo Monelli che ha ricordato di aver scritto il libro « Roma 1943» nel febbraio 19.'iS, ed ha precisato che l'episodio in esso riportato circa la troupe di cineasti che avrebbe ospitato i generali fuggiaschi gli fu riferito dal produttore Carlo Ponti. Monelli ha detto ancora che ebbe a suo tempo lunghi colloqui con il col. SaM, capo di Stato Maggiore del corpo motocorazzato comandato dal gen. Carboni: «Lo trovai ancora commosso al ricordo della ■jinrnata del 9 settembre quando non sapeva dove fosse finito il suo comandante che aveva visto in borghese la notte prima». Monelli ha proseguito dicendo che il colonnello Salvi, che firmò l'armistizio con Krsselring, gli riferì che ebbe l'autorizzazione a trattare dal conte. Calvi di Bergolo e dal generale Carboni e che quando si avvide che, tra i generali italiani, nessuno si assumeva la responsabilità, disse: «Firmo io!». Avv. Vittorio D'Ajello, dello difesa: « In una edizione del " De Bello Gallico " c'è una prefazione del generale Carboni? Che cosa dice? ». Monelli: «Sì. Nella prefazione Carboni scrisse che Mussolini era un grande condottiero ». Il Tribunale ha rinviato il processo al 6 febbraio 1967 ed ha condannato, con diffida, il produttore Carlo Ponti a 80 mila lire di ammenda per non essere comparso in udienza. g. m. Il gen. Carboni ieri in attesa di deporre (Tel. Ansa