Condannato a tre anni il giovane di Domodossola che uccise con l'auto di notte cinque seminaristi di Giuliano Marchesini

Condannato a tre anni il giovane di Domodossola che uccise con l'auto di notte cinque seminaristi LA SCIAGURA SULLA STRADA PER LA VALLE VIGEZZO Condannato a tre anni il giovane di Domodossola che uccise con l'auto di notte cinque seminaristi Il processo in Tribunale a Verbania - L'imputato ha ricordato in aula come avvenne il grave incidente: «Viaggiavo sugli 80 all'ora, evitai i primi chierici, poi la mia vettura sbandò verso destra » - Hanno deposto anche alcuni dei dieci seminaristi che rimasero feriti - Il P. M. aveva chiesto la condanna a 4 anni e 10 mesi di reclusione (Dal nostro Inviato speciale) Verbania, 6 dicembre. Luciano Mazzi, l'autista ventiquattrenne di Domodossola che il IH settembre scorso investì con la sua auto una co- mitica di seminaristi ucciden- done cinque e ferendone dieci, è stato condannato oggi in tribunale a Verbania a tre anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni gravi. La tragedia accadde poco dopo la mezzanotte lungo la strada che da Domodossola conduce alla frazione Casasca di Trontano, Un gruppo di trentotto allievi del Seminario diocesano di Novara sta camminando lentamente, sul lato sinistro. Si sono incontrati tutti, poco prima, alla stazione ferroviaria, ognuno è vcnuto\da casa sua, due sono arrivati in bicicletta c ora se la por¬ tano dietro spingendola, perché vogliono andare a piedi come gli altri. Sono diretti al santuario di Re, dedicato alla Madonna: à su in montagna : bisogna percorrere per un buon tratto quella strada, poi s'infila la Val Vigczzo e si sale; c'è da camminare per quasi ! cinque ore. E' questo un pel- legrinaggio che i seminaristi compiono ogni anno, sul finire delle vacanze estive. Ci sono due sacerdoti cho li guidano, è una lunga fila di abiti talari che si snoda nel [buio della notte; per lo più procedono appaiati, ma qualche rango c formato da tre pellegrini. D'un tratto, i primi della colonna, vedono due fari che sbucano in lontananza da una curva: pare non ci sia motivo di preoccuparsi per quella macchina che si sta avvicinando. Pochi istanti dopo, la vettura piomba nel mezzo della comitiva, la squarcia, la dilania. E' uno spaventoso groviglio di corpi che sobbalzano e si abbattono sanguinanti \sllU'asfalto. Tra quelli rimasti in piedi e un tremendo scompiglio, un allucinante agitarsi di tonache tra lamenti e invocazioni. La frase «Alio Dio.' » corre come un fremito da un capo all'altro della fila decimata. A terra giacciono cinque morti: Carlo Potetti, 19 anni, di Borgomanero, Carlo Motta, SS anni, di Varallo Sesia, Franco Gattoni, 19 anni, di Bolzano Novarese, Flavio Rubichon, 15 anni, di Borgosesia, Candido Medina, 22 amii, di Borgomanero. E ci sono dicci feriti, ai lati della strada, nella scarpata. Bisogna far presto, si fermano auto di passaggio e li si portano all'ospedale. La macchina che ha travolto il gruppo, una < Giulietta», è finita contro una staccionata. La guidava Luciano Mazzi, il giovane è in preda ad un violento «choc». Più tardi, trasportano anche lui all'ospedale, e due carabinieri lo piantonano, perché è in stato d'arresto. Oggi davanti ai giudici Luciano Mazzi, tentando di reprimere un tremito delle mani, rievoca quella tragica notte. € Avevo deciso — dice — di andare a fare un giro e di fermarmi in un bar per una partita a biliardo. Verso le 23, salii in macchina per tornare a casa. Offersi un passaggio ad un amico, Aldo De Bacco. Passammo per il bivio di Trontano. In quel punto Innestai la terza e cominciai a lanciare l'auto. Ad un certo momento incrociai un'altra vettura, allora usai gli anabbaglianti e al tempo stesso tolsi il piede dall'acceleratore. A pochi me tri, vidi davanti a me una barriera umana. Viaggiavo sugli ottanta all'ora. Sterzai a sinistra, 1 primi li evitai e pensando che ci fossero soltanto quelli mi riportai a destra. Poi la macchina sbandò; frenai immediatamente, ma non ci fu nulla da fare. Infine, andai a sbattere contro la palizzata ». La fila dei seminaristi, più esigua, s'è ricomposta in Tribunale. Ne sono venuti pareo chi a testimoniare. «Vidi un mio compagno — racconta Angelo Fortino — che balzava in alto, poi non ricordo altro ». E Alfredo Grosso: « Eravamo affiancati, a due, a tre molto vicini. Sentii degli urli, vidi due fari, un attimo dopo mi trovai a terra oltre un parapetto ». Tutti hanno ancora negli occhi la visione di quell'incubo vissuto nel pieno della notte. Il rappresentante di parte civile, avv. Cassietti, precisa che la costituzione in giudizio delle parti lese ha soprattutto un significato morale. Egli sostiene la piena responsabilità dell'imputato, affermando che fu la velocità della macchina la causa prima della sciagura. «Una condanna — conclude — non può certo avere un valore riparatorio, ma deve essere un ammonimento: tragedie come questa non debbono più accadere ». .l?tc'/ie il Pubblico Ministero, dott. Longo Dortii. insiste sulla velocità della vettura, definendola una forma di colpa evidente e grave. Formula quindi le sue ri¬ chieste: quattro anni e dieci mesi di reclusione. Il Mazzi, dicono i difensori avvocati Falcioni e Di Tieri, aveva già evitato metà della colonna, quando si vide di fronte le file composte da tre seminaristi. Il corteo, aggiungono, si trovava irregolarmente sulla sinistra della strada, poiché sul lato opposto esiste un marciapiede, e quindi la marcia in quelle condizioni era particolarmente pericolosa. Il tribunale emette la sentenza dopo circa un'ora di camera di consiglio. Giuliano Marchesini L'imputato Luciano Mazzi dopo la sentenza a Verbania