Una svolta storica di Ferdinando Vegas
Una svolta storica Una svolta storica Una svolta veramente storica sta per compiersi a Bonn, se la « grande coalizione » tra democristiani e socialdemocratici riuscirà a vedere effettivamente la luce. Il motto della saggezza popolare « Non tutti i mali vengono per nuocere » trova in questo caso precisa applicazione: la crisi profonda apertasi con la caduta di Erhard sarebbe infatti superata con un completo rivolgimento, in senso positivo, dello schieramento politico vigente nella Germania occidentale. Per apprezzarne tutta la portata basti considerare che i socialdemocratici sono all'opposizione da quando esiste la Repubblica Federale (1949). Per diciassette anni il governo è stato appannaggio delle forze di centro-destra, moderate e conservatrici; e l'impronta si vide chiaramente, in quel certo tono tra paternalisti co e autoritario che il lungo regno di Adenauer ha impresso alla vita politica tedesca. Adesso invece si vuol passare al centro-sinistra: non certo per un'improvvisa conversione dei democristiani, ma perché è scoccata l'ora della verità e la si tuazione di emergenza va affrontata con un rimedio energico. Ai socialisti si offre così un'occasione di gran mo mento, che va molto al di là di una normale vicenda parlamentare. Si sa che una parte della base e lo stesso Brandt non erano favorevoli alla « grande coalizione » ; indubbiamente non è facile, per un autentico antinazista come Brandt, accettare la collaborazione con un uomo che ha i trascorsi d'un Kiesinger, dietro il quale sta il conservato re nazionalista Strauss. Mol ti socialdemocratici, inoltre, ritenevano più opportuno restare all'opposizione fino alle elezioni del '69, anziché rappattumare i cocci rotti della de. Anche fra i de mocristiani non poche era no le resistenze a compiere il gran passo, per ragioni di antica diffidenza verso i socialisti e per abitudine a una comoda egemonia. Tutte le prevenzioni e tut ti i calcoli, comunque, hanno ceduto di fronte a con siderazioni di ordine superiore. La prima e capitale è che le elezioni dell'Assia e della Baviera costituiscono un segnale d'allarme dal suono inconfondibile. Nel settore di destra, mentre declinano i liberali, che co sì perdono a Bonn ogni potere contrattuale, emergo' no con virulenza i neonazisti; si profila lo stesso pericolo che in pochi anni tra volse la repubblica di Wei mar. I nazisti poterono pas sare, con relativa facilità, soprattutto per le discordie tra i grandi partiti di Wei mar, cattolici e socialisti, senza contare i comunisti che svolsero una politica veramente suicida. Più che naturale, dunque, che, ap presa la lezione, democristiani e socialisti oggi corrano tempestivamente ai ri pari; ma nessuna coalizione, per quanto ampia, riu seirebbe a sanare la crisi, se non ne strappasse le ra dici profonde. . Bisogna che a Bonn si prenda atto del fallimento della politica, estera e la si ponga su nuove basi, molto più realistiche e modeste. Ed è qui, precisamente, che l'ingresso dei socialisti al governo dovrebbe dare risultati preziosi. Secondo in¬ formazioni attendibili, Kiesinger avrebbe accettato tre punti essenziali del programma di politica estera dei socialisti: la rinuncia all'armamento atomico, lo stabilimento di relazioni diplomatiche con i Paesi dell'Europa orientale (abban¬ dono della « dottrina Hallstein») e lo sviluppo dei contatti ufficiali con la Germania orientale. Se così sarà, si apriranno le migliori prospettive per la Germania e per la tranquillità dell'Europa. Ferdinando Vegas Kiesinger, a sinistra, e Brandt intervistati al termine delle trattative fra de e socialdemocratici a Bonn (Tel. AP)
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