La protezione del suolo richiede decenni di lavoro di Giuseppe Medici

La protezione del suolo richiede decenni di lavoro La protezione del suolo richiede decenni di lavoro Nessuna difesa ci garantisce contro eventi eccezionali; ma è possibile prevenire i danni di piogge intense e prolungate Il fatto che più ci ha colpito durante le recenti alluvioni sta nell'accanita aggressione delle acque ai centri urbani. Non si tratta di allagamenti che interessano le sole campagne, ma di fiumi che minacciano le città, dove, in limitata area, si trovano investiti e concentrati i capitali accumulati in secoli di fatiche. Per quanto intensa possa essere l'agricoltura, essa può difendersi meglio delle aziende artigiane, commerciali e industriali che, di regola, si concentrano nelle nostre città, spesso attraversate da importanti corsi d'acqua: Torino dal Po, Trento e Verona dall'Adige, Pavia dal Ticino, Lodi dall'Adda, Mantova dal Mincio, Bologna dal Reno, Firenze e Pisa dall'Arno, Grosseto dall'Omhrone, Roma dal Tevere, per citare località colpite da serie alluvioni nel corso degli ultimi vent'anni. Siccome la trasformazione dell'economia del nostro paese ha accentuato il suo carattere industriale, con la conseguente forte espansione dei relativi impianti nelle zone urbane, la protezione del suolo e la sistemazione dei corsi d'acqua, a difesa delle stesse fonti della ricchezza del nostro paese, rappresentano oggi una esigenza molto più impor tante e urgente di ieri. Dal Piemonte (con i pri mi nubifragi che colpirono in ottobre Acqui e i centri situati nell'alto corso del Po) alla Carnia, dalla Sar degna all'Emilia, dal Veneto alla Toscana, le alluvioni, oltre a provocare le consuete rovine sui terreni seminati e perdite al patrimonio zootecnico, hanno gravemente danneggiato l'industria e i commerci creando disoccupazione e richiamando la nostra responsabilità, non soltanto sul modo più rapido e razionale per riparare i danni e aiutare i colpiti a riprendere le loro attività, ma anche per pensare seriamente all'avvenire. Ma quest'ultimo problema forse, e vorremmo sbagliarci, non esercita il profondo richiamo che sarebbe augurabile. Da un lato, infatti, vi sono coloro già adagiati nella fatalistica conclusione che in un paese come il nostro, con una densità di 175 abitanti per kmq, formato per i quattro quinti da aspre montagne e da ripide colline, non esiste la materiale possibilità di risolvere il problema. Dall'altro vi sono coloro che, un po' troppo entusiasti se non proprio faciloni, contando sulle possibilità della tecnica moderna e soprattutto delle macchine per movimenti di terra, giudicano il problema di facile soluzione. Ora, è necessario precisare che la protezione del suolo e la regolazione delle acque è problema complesso e difficile, che chiede decenni e non si risolve soltanto con l'esecuzione di opere idrauliche, ma anche con l'adozione di un gran numero di provvedimenti, la cui efficacia dipende dalla cura e dalla diligenza dei singoli cittadini. L'alta densità della popolazione portò a violare, con le stesse quotidiane opere dell'uomo, le disposizioni della natura e a prepararne la reazione, che può manifestarsi in forme terribili e imprevedute, quando le opere di protezione diventano meno efficienti o addirittura inefficienti, come è avvenuto per troppe bonifiche idrauliche. D'altra parte addossare alla proprietà fondiaria, ormai priva di reddito, il compito della manutenzione delle opere pubbliche di bonifica significa semplicemente rassegnarsi all'interramento dei canali di scolo e alla decadenza degli impianti idrovori: i quali, nei momenti del più intenso bisogno, non saranno in grado di evacuare le ac que. Occorre ricordare che se vi sono opere di sicura utilità di competenza dello Stato, non basta costruirle, ma bisogna mantenerle in flppflrslmidtddfiudctsscmdzsdsvprrlstmdrcalcci funzione con puntigliosa diligenza. Le carenze storiche della politica italiana verso la protezione del suolo, se riflettono un aspetto del carattere del nostro popolo, sono state determinate dalla necessità di trovare comunque terra da coltivare: il dissodamento di boschi e di pascoli, la messa a coltura di terreni a forte pendenza e persino delle zone di naturale espansione dei fiumi in piena rispondono ad una primordiale esigenza del popolo italiano, le cui crudeli alternative, per molti decenni, furono rappresentate esclusivamente dalla scelta fra l'emigrazione e la coltivazione in patria di magre terre di montagna e di collina. Ora non più. La rivoluzione industriale in pieno svolgimento ci ha liberato da questa morsa; e ci ha spinto alla ricerca degli investimenti più direttamente produttivi: sono state così rimandate le opere necessarie per la protezione del suolo, proprio perché ritenute suscettibili di essere attuate dopo aver conseguito l'aumento di reddito derivante dall'industrializzazione. La discussione sulle priorità da stabilire in una società che esce da una fase agricola per entrare in quella industriale è ancora da compiere: da molti però si ritiene che alla collettivitàconvenga, in primo luogo,investirei risparmi mazien-de industriali, anche se si devono affrontare i rischi niiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMii delle alluvioni; tanto più che di fronte a precipitazioni come quelle avvenute nell'alta valle dell'Arno (dove, come ha dichiarato al Senato l'onorevole De Cocci, sottosegretario ai Lavori Pubblici, è caduta in 36 ore l'acqua che in media cade in un anno) non vi sarebbe alcuna valida opera di protezione. * * Che cosa, dunque, si può utilmente fare? Ci sembra che, nelle attuali condizioni della società italiana, in stato di avanzato sviluppo industriale, la protezione del suolo e la regolazione delle acque debbono occupare uno dei primi posti nella scala delle priorità di un programma di opere pubbliche; e ciò anche se il loro costo è elevato e se non sono in grado di offrire una produttività diretta che, invece, possiamo trovare ih altre realizzazioni, come sono gli acquedotti e le strade. Vi sono quindi tesi, atteggiamenti e posizioni contraddittori, che è nostro dovere contribuire a chiarire per formulare una seria politica di protezione del suolo e di regolazione delle acque, la quale, pur riconoscendo che l'uomo non può prevenire i danni derivanti dall' eccezionale scatenarsi dei nubifragi, si proponga di compiere tutte le opere che possono salvaguardare ,le nostre campagne e le no!stre ittà di fronte a iog. ge intense e prolungate. Giuseppe Medici

Persone citate: De Cocci