Il valore dei sogni nella vita dell'uomo di Guido Piovene

Il valore dei sogni nella vita dell'uomo Il valore dei sogni nella vita dell'uomo L'etnologo Lcvy-Bruhl, i cui studi più noti sono anteriori alla prima guerra mondiale, pensò che l'uomo primitivo e le culture arcaiche non distinguessero le immagini viste nel sogno dalle immagini della veglia. Questo faceva parte di una idea generale dell'uomo primitivo, passato o presente, per esempio nei popoli allora chiamati selvaggi, come d'un essere vivente in un sogno perpetuo, in un mondo prelogico, con una struttura intcriore nettamente diversa da quella dell'uomo civilizzato. E' una teoria abbandonata, c risulta ormai stabilito che l'uomo primitivo e arcaico sapeva non meno di noi distinguere l'esperienza onirica da quella compiuta da sveglio. Su questa distinzione, dovremo però ritornare. Ma il fatto che interessa è un altro: il grado di valoreconferito al sogno nelle varie epoche c culture, e quale sia il valore che possiamo conferirgli noi. E' l'argomento su cui vertono i saggi di dodici studiosi di paesi diversi, operanti in diversi campi, filosofi, psicologi, sociologi, antropologi, che con l'introduzione di Vittorio Lanternari, seguita da una nota di Clara Gallini, compongono un buon libro edito da Laterza, // sogno e le civiltà umane. La premessa di questi studi è, secondo Clara Gallini, o almeno dovrebbe essere, concepita così: il mondo antico e, per estensione, le civiltà non occidentali riservano una notevole importanza culturale al sogno, ma sempre in funzione della veglia, distinguendo preventivamente lo stato di sogno da quello di veglia; la cultura dell'Occidente si è affermata in quanto tale rifiutando all'esperienza onirica ogni funzione culturale (la sottolineatura è mia) e consapevolmente optando per il mondo di veglia, ossia della ragione; bisogna tener fede a questa opzione rifiutando di concedersi ai poteri seduttori del sogno e al rischio, che tenta la nostra società in crisi, di cadere nell'irrazionale. Ho citato le frasi conclusive di quella nota, che portano la voce di un razionalismo estremo. Devo dire però che l'insieme dei saggi successivi non sembra seguire questa via, così che le frasi citate, più che una premessa, sembrano una dichiarazione polemica di fronte a molto di quello che viene dopo. Vi è un accordo generico su un fatto ovvio: il mondo antico, le antiche civiltà, quelle orientali in primo luogo, conferivano ai sogni un genere d'autorità che oggi hanno perduto, in quanto essi invadevano lo stato di veglia, dettando legge alla condotta individuale e sociale. La civiltà occidentale moderna che, nella dissacrazione del sogno, si fa partire da Descartes, ha rimesso, per così dire, i sogni al loro posto. Questo non vuol dire, però, che rifiuti all'esperienza onirica ogni funzione culturale. Tutti i saggi, il cui contenuto non è soltanto storico, insistono anzi nell'affermarla, benché da un angolo diverso da quello antico. Può darsi che, per noi, il sogno dissacrato « non costituisca che il simbolo di un passato dimenticato »; pochi però si sentono di affermarlo in questa forma riduttiva. Ter quanto poi riguarda il mondo primitivo e arcaico, è certamente falsa quella teoria di Lcvy-Bruhl, che gli uomini, come immersi in una nebbia indistinta di immagini, non sapessero separare il sogno dalla veglia. Ammesso che la distinzione esisteva, e che il primitivo non è un essere strano e incosciente come agli occidentali conveniva di credere, il problema è solo spostato. Il problema vero consiste nel valore conferito al sogno; e le civiltà arcaiche ponevano nei sogni lo stesso grado di realtà dell'esperienza sveglia. Se mai, spesso, « una carica esistenziale maggiore », una maggiore verità, se il sogno era ritenuto un? manifestazione del sacro. Se è giusto che l'importanza dei sogni era vista in funzione della veglia, questo ne accresceva il potere. Il sogno era profezia, responso oracolare se si dovesse o no, e quando e come, compiere una data azione, comando morale imperioso, prefigurazione di quello che doveva avvenire e bisognava accingersi a realizzare. Promos¬ so dalle divinità o dai defunti, il sogno era vicino all'esperienza mistica, alla rivelazione reigiosa, alla visione profetica; poteva essere provocato artificialmente per ricavarne una redola di condotta. Buona parte del libro è impiegata ncll'illustrare le varie forme c i vari modi di questo incidere dei sogni nelle diverse civiltà arcaiche o solamente uniche; e vorrei ricordare quelo che T. S. Eliot ha scritto dei sogni di Dante, ritenendo che Dante credesse veramente nel carattere oggettivo e sacro dei sogni che rappresentava. Tornando ai primitivi e agli arcaici, si arriva al caso estremo, dell'uomo che ha sognato di subire un torto o un tentativo di assassinio, e si sente costretto a uccidere quello che in sogno gli è apparso nella figura d'antagonista. La confusione tra lo stato di sogno e lo stato di veglia, se non come sensazione, dunque poteva esistere nel giudizio. Il concetto moderno del vaore del sogno non è più, evidentemente, lo stesso. Ma, a parte le sopravvivenze arcaiche, di natura superstiziosa, « /'/ bisogno di interpretare i sogni, di scoprire il loro senso simbolico », è una costante di ogni cultura (Roger Caillois). Per Roland Cahen, psicanalista, « il fatto che una civiltà tecctti il principio stesso dell'analisi onirica equivale a togliere una condanna », sotto cui languivano le forze irrazionali dell'uomo singolo e collettivo; il sogno « ci conduce nel giardino segreto in cui si intrecciano i dinamismi che contano ». Benché i casi si debbano vagliare con estrema prudenza critica, il sogno può essere il veicolo di conoscenze extra-normali o para-normali (Emilio Servadio). Per il filosofo Enzo Paci, il cui saggio, con quello di Roger Caillois, mi sembra il più ricco e il più denso, lo studio dei sogni fa parte del grande e mai concluso studio dell'uomo sul passato, rientra nell'opera di infinito ricupero della nostra storia, singola e collettiva, che va oltre la nostra nascita; rifacendola in tal modo presente come cultura attiva. Il sogno riacquista così, sebbene incluso nella storia, una sua trascendenza, un suo carattere sacrale, non fosse altro che nel margine di passato che sfugge ad ogni ricupero e che rimane misterioso. Se l'indistinzione fra stato di sogno c stato di veglia non è esistita mai, nemmeno nelle civiltà primitive, alla base dell'esperienza ingenua, bisogna notare però che essa può trovarsi invece proprio all'estremo opposto, al vertice del pensiero colto, sotto forma di teologia, li esperienza fantastica, o anche semplicemente di dubbio critico sulla realtà della esistenza. Il ragionamento stesso è formulato in questo modo: noi siamo sogni, sogni fatti da un essere sconosciuto, e a nostra volta sogniamo la nostra vita. I fantasmi notturni e i fantasmi diurni sono perciò fatti della stessa stoffa, e non si può dire quale venga prima dell'altro e quale sogni l'altro. Quello che non si dà come sentimento immediato, nasce come riflessione e sentimento d'irrealtà dell'uomo che si china a contemplare l'esistenza. Questa posizione ritorna spesso nei testi religiosi, specialmente orientali, e in opere letterarie; sebbene, nel nostro Occidente, sia sporadica, derivata, e talvolta riveli in maniera evidente il suo carattere libresco. Ma nell'Oriente, e soprattutto nell'antica Cina, non certo primitiva ma raffinata e colta, la convinzione « tutto è sogno » prende grande rilievo, e si può arrivare sino al Sogno infittito di Pao Ytt. opera di Tsao HsueKin, morto due secoli fa. Anziché uno degli esempi riportati nel libro da Roger Caillois, molto belli ma troppo lunghi, cito questo stupendo racconto in due righe di Chuang Tzu, filosofo taoista, vissuto tra il quarto e il terzo secolo prima di Cristo: «Tzu sognò d'essere una farfalla. Svegliandosi, non sapeva se era Tzu che aveva sognato d'essere una farfalla, o se una farfalla stava sognando di essere Tzu ». Guido Piovene

Luoghi citati: Cina