Possiamo evitare nuove alluvioni di Giuseppe Medici

Possiamo evitare nuove alluvioni Possiamo evitare nuove alluvioni Le campagne si spopolano: sui terreni abbandonati devono sorgere boschi e pascoli - Il reddito nazionale è in sviluppo: consente le moderne opere tecniche per imbrigliare fiumi e torrenti Quindici anni or sono,] «La Stampa» del 13 novembre 1951 affermava che il verificarsi delle alluvioni, che anche in quei giorni funestarono la vita italiana, dipendeva dal rapporto tra la terra e la popolazione rurale, e aggiungeva che «la causa delle cause » del dissesto idrogeologico dei bacini dei nostri corsi d'acqua stava nella coltivazione di terreni che la ragione tecnica e la convenienza economica consiglierebbero di restituire al pascolo e al bosco. Il successivo ripetersi di gravi alluvioni, culminate in quelle avvenute nei giorni scorsi in molte e diverse contrade d'Italia, riapre la discussione su di un problema che, per sua natura, può trovare la sua soluzione soltanto se sarà oggetto di diligenti e quotidiane cure e di un sistematico finanziamento; tanto più che raramente giovano interventi improvvisi presi sotto l'assillo dell'urgenza e della necessità. Anche se le recenti alluvioni hanno trovato un ambiente economico-sociale notevolmente diverso da quello del 1951, quando si scatenò la tragedia del Polesine, però l'opera diretta alla sistemazione dei bacini fluviali non ha potuto conseguire risultati soddisfacenti. E ciò sia perché i mezzi a disposizione sono stati modesti rispetto alle opere necessarie per dare una valida sistemazione al corso dei fiumi e dei torrenti, sia perché il tumultuoso esodo delle popolazioni rurali — che avrebbe potuto favorire la espansione del pascolo e del bosco, ricostituendo un felice manto vegetale in difesa delle magre terre alpine e appenniniche — non ha ancora consentito alla nostra agricoltura di raggiungere la sistemazione necessaria affinché un nuovo equilibrio si consolidi. E' vero che allora, quando si verificò l'alluvione del Polesine, il 42 % della popolazione attiva esercitava l'agricoltura e la cronica disoccupazione dei braccianti consigliava la coltura di terreni estremamente poveri; ma è anche vero che, se il movimento demografico ha stabilito un migliore rapporto fra terra e popolazione agricola (scesa a circa il 25 r/o ), così da rendere possibile una severa politica per la difesa e la conservazione del suolo, allora improponibile, però il tempo trascorso è stato troppo breve, i mezzi a disposizione esigui, e la carenza secolare delle pubbliche difese della vita italiana tale da obbligare, o almeno da consigliare al Parlamento, scale di priorità nelle quali la protezione del suolo veniva dopo altre grandi opere di civiltà, come la previdenza sociale, la pubblica istruzione, la viabilità, l'edilizia sovvenzionata. Non è che il problema sia stato dimenticato. Il piano di sviluppo economico all'esame del Parlamento lo considera, ma è lecito dubitare che esso abbia ottenuto quella fondamentale considerazione alla quale siamo stati richiamati dalla brutalità degli eventi. In tutti i tempi le somme stanziate per la protezione del suolo si sono rivelate insufficienti; e le frequenti alluvioni che colpiscono paesi di antica civiltà e di cospicuo reddito nazionale, come gli Stati Uniti d'America e l'Inghilterra, dimostrano che raramente i Parlamenti approvano stanziamenti adeguati per queste opere, apparentemente di scarsa produttività: ho detto apparentemente, poiché è ben certo che le fondamenta stesse della nostra vita biologica riposano sulla solidità del suolo sul quale sorgono le città ed è edi ficata l'agricoltura. E così dicasi per l'imponente rete di comunicazioni di cui dispongono i Paesi industriali Quando esse attraversano territori insidiati dalle fra ne o dalle alluvioni, presen tano un notevole rischio per l'utente e un alto costo di manutenzione e di esercizio, aggravato da opere compiute in condizioni eccezionali per assicurare un servizio ridotto. Come per la difesa del suolo della Patria, che la Costituzione considera sacro dovere del cittadino, non esistono limiti di convenienza economica, così per la protezione del suolo patrio. Se si accetta per valido questo concetto, la protezione del suolo merita il primo posto nella scala delle priorità degli investimenti pubblici. Occorre quindi che il popolo italiano si prepari a dedicare una parte del previsto incremento di reddito al compimento delle grandi e piccole opere indispensabili a che le piogge prolungate non vadano rapidamente ad ingrossare i torrènti e i fiumi, e vengano invece trattenute sulle pendici dei colli e dei monti, affinché si allunghi il tempo di corrivazione e così si riduca l'onda di piena. A tal fine occorrono opere che, data la citata caduta della popolazione agricola dal 42 per cento del 1951 a forse il 25 per cento nel 1966, non dovrebbero trovare ostilità negli agricoltori, non più costretti dall'urgenza del pane quotidiano ad invadere le golene dei fiumi, a coltivare le casse di espansione dei torrenti, a costruire persino case là dove era ed è evidente la minaccia dell'alluvione. Sarà quindi meno difficile di ieri ordinare vasti espropri per creare casse di espansione, imporre l'integrale rispetto degli argini e, soprattutto, sottoporre i bacini imbriferi dei nostri più pericolosi corsi d'acqua ad un rigoroso vincolo idrogeologico. La fatica di Sisifo che ancor oggi si compie, dove si conduce una lotta impari fra lo Stato che provvede ad alzare gli argini e il fiume che, con il suo apporto solido, continua ad elevare il fondo del suo corso, potrà essere interrotta; e così avrà inizio un meno infelice equilibrio tra il monte, il colle e il piano, fra la terra e le acque, onde, nei periodi di grandi piogge, sarà possi¬ bile limitare le alluvioni al le izone dove già si era pre parati ad accoglierle. Non è questa la sede per entrare nell'esame dei provvedimenti da prendere. E' però certo che ormai la tecnica idraulica e agronomica è in grado di suggerire le vie che possono consentire di combattere con efficacia le alluvioni. A parte il contributo che può venire da una sistematica opera di rimboschimento dei terreni abbandonati; a parte l'aiuto che il naturale miglioramento dei pascoli e dei boschi può fornire alla regolazione delle acque; a parte il miglioramento nella sistemazione del terreno richiesto dalle tecniche agricole più recenti, sta la possibilità di costruire serbatoi collinari e montani, i quali, se disciplinati da un organo centrale che ne comandi lo svaso nel momento opportuno, attenuano il pericolo delle alluvioni. Si aggiunga il finanziamento della bonifica idraulica i cui impianti non sono più efficienti e il progettato rinnovamento della legge per la montagna, la quale prevede una serie di interventi per la sistemazione dei bacini montani. Nelle zone collinari e montane, che coprono circa l'80% della superficie del nostro paese, sta la radice profonda del male da combattere. Il compito che abbiamo davanti è immane. Nonostante le recenti tragedie, siamo però in condizioni meno difficili di quelle in cui si trovò il nostro paese al tempo delle alluvioni del Polesine, della Calabria e delH Sardegna. Lo svilup po del reddito nazionale consente di pensare ad adeguati finanziamenti e l'eso^ do rurale rende possibile la sistemazione dei corsi d'acqua senza incidere sui naturali diritti delle popolazioni locali. Quella che dobbiamo combattere è una pacifica guerra, alla quale dobbiamo sacrificare molte altre esigenze della nostra vita pubblica e privata. Se ne saremo capaci, le nuove ge nerazioni potranno vivere in un ambiente che le garantisca, per quello che è nel l'umana previsione, dalle al luvioni. Giuseppe Medici

Luoghi citati: Calabria, Inghilterra, Italia, Sardegna, Stati Uniti D'america