Negli S.U. hanno votato 59 milioni di elettori di Nicola Caracciolo

Negli S.U. hanno votato 59 milioni di elettori Per // rinnovo della Camera, dì 35 senatori e 35 governatori Negli S.U. hanno votato 59 milioni di elettori E' un primato per una consultazione che non riguarda direttamente la Casa Bianca - Johnson (che sarà operato venerdì) ha votato nel Texas - Prima di recarsi all'urna ha rivolto un appello agli americani perché facciano il loro dovere ■ Oggi i risultati - Si prevede che i repubblicani riguadagnino alcune posizioni perdute con Goldwater (Dal nostro corrispondente) Washington, 8 novembre. Un numero straordinariamente alto di elettori è andato oggi a votare negli Stati Uniti. Secondo le ultime indicazioni, non si dovrebbe andare lontano da 59 milioni, una cifra senza precedenti per un'elezione di «mezzo termine» che non riguarda direttamente il presidente. I leaders di ambedue i partiti — il democratico e il repubblicano — si sono dichiarati oggi sicuri della vittoria. Johnson, che ha votato nel Texas dove si trovu per un riposo in attesa di un'operazione all'addome e alla gola prevista per venerdì, ha stamattina rivolto un appello agli elettori perché vadano oggi a votare e si è detto certo di un trionfo democratico. Il Congresso uscente, ha detto Johnson (come del resto durante tutta la campagna elettorale), è stato un grande Congresso che ha svolto un lavoro imponente. Gli elettori hanno quindi interesse a che il prossimo abbia la stessa fisionomia, sia cioè dominato dal partito democratico. Johnson oggi ha evitato di entrare in polemiche elettorali ed ha indirettamente elogiato anche i deputati e i senatori repubblicani: «Un gruppo eccezionale di uomini ha servito il paese in questa legislatura al Congresso — ha detto —. Oggi gli elettori dovranno giudicare ciò che è stato fatto ed io chiedo ad ogni individuo di considerare quali siano gli interessi della nazione ». L'ex vice presidente Nixon, che i questa campagna è stato un po' — pur non essendo candidato — il leader dei repubblicani, ha invece previsto grandissimi guadagni per il suo partito, guadagni che lo metteranno in grado — ha detto ieri notte in un comizio nell'Indiana — di lavorare con energia per giungere alla pace in Vietnam. Nixon però non è una « colomba » : solo intensificando i bombardamenti contro il Nord Vietnam e usando la forza della flotta americana si potrà giungere — a suo avviso — a una decisione. E' una posizione condivisa dalla maggior parte dei repubblicani, che accusano Johnson di non fare la guerra con sufficiente fermezza. Però per avere un'idea di quanto sia complicata la struttura politica americana bisogna rendersi conto che alcuni dei più importanti candidati repubblicani al Senato (Hattfield nell'Oregon, Percy nell'Illinois e Brooke nel Massachusetts) criticano Johnson sostenendo posizioni più moderate che non quelle della Casa Bianca. E' questo il motivo per cui in realtà le elezioni di oggi — a meno di una catastrofe del partito democratico che però tutto sembra escludere — non sembrano destinate a dare chiare risposte agli interrogativi del momento. All'interno dei due grandi partiti americani coesistono posizioni diversissime: gli elettori hanno quindi tendenza ad orientarsi a seconda delle opinioni personali dei candidati. Oggi si vota per il rinnovo totale della Camera dei Rappresentanti — formata da 435 deputati di cui 295 democratici e 140 repubblicani — e per l'elezione di 35 senatori e di 35 governatori. Le previsioni danno per scontato un miglioramento delle posizioni repubblicane. Il partito dovrebbe riconquistare almeno in parte il terreno perduto nel '64 con Goldwater, quando 38 seggi alla Camera passarono ai democratici. Il Gallup Poli ritiene che i repubblicani dovrebbero guadagnare tra un minimo di 30 e un massimo di 55 seggi alla Camera. Al Senato invece non dovrebbero esserci sbalzi di rilievo: dei 35 seggi in ballottaggio solo nove rischiano, secondo il New York Times, effettivamente di passare da un partito all'altro. Di essi cinque appartengono ai repubblicani e quattro ai democratici. Alla fine dei conti, qualsiasi cosa accada, la maggioranza democratica al Senato — che è Oggi di 67 seggi con- tro 33 ai repubblicani — non dovrebbe essere troppo ridotta. Per i repubblicani queste elezioni sono egualmente molto importanti. Una delle gravi carenze del partito è stata la mancanza di leaders giovani di statura nazionale. Eleggere i tre candidati che abbiamo nominato (Pery, Brooke e Hattfield) significherebbe ringiovanire il partito e contemporaneamente rafforzare la sua ala moderata. Brooke, se eletto, potrebbe avere una funzione nazionale: sarebbe infatti il primo negro designato da oltre cent'anni al Senato americano e questo fatto potrebbe riconciliare al « grande vecchio partito » le minoranze di colore che finora hanno sempre avuto tendenza a dare il loro voto ai democratici. Di Percy, un giovane uomo d'affari dell'Ulinois, si parla addirittura come di un possibile candidato alla presidenza. Altre elezioni di importanza fondamentale sono quelle della California, dove per la carica di governatore si battono il democratico Brown e Ronald Reagan, un ex attore del cinema su posizioni goldwateriane, che dagli ultimi sondaggi d'opinione sembrava in lieve vantaggio. E' su di lui che l'estrema destra americana, insoddisfatta di Goldwater, punta nella ricerca di un leader nazionale. Si aspettano anche con grande attenzione i risultati del Michigan, dove Romney, un moderato la cui rielezione a governatore è certa, spera d'ottenere una vittoria così ampia da giustificare le sue aspirazioni alla Casa Bianca. Nicola Caracciolo