Harriman s'incontra col Papa con Moro, Nenni e Fanfani di Michele Tito

Harriman s'incontra col Papa con Moro, Nenni e Fanfani V inviato del Presidente Johnson a Roma Harriman s'incontra col Papa con Moro, Nenni e Fanfani I colloqui riguardavano il Vietnam e la conferenza di Manila - L'ambasciatore americano ha confermato la volontà degli Stati Uniti di arrivare alla pace - Purtroppo, ha aggiunto, la Cina ostacola ogni accordo - Un ringraziamento a Paolo VI ed al governo italiano per l'opera intesa a favorire il ritorno alla normalità nel Sud-Est asiatico (Dal nostro corrispondente) Roma, 2 novembre. La posizione degli Stati Uniti per il Vietnam dopo la conferenza di Manila è stata illustrata oggi al Papa e al governo italiano dall'ambasciatore viaggiante di Johnson, Averell Harriman. Giunto ieri sera a Roma, Harriman ne è ripartito stasera dopo essere stato ricevuto in Vaticano e aver incontrato successivamente Fanfani, Moro e Nenni. A tutti, come ha incarico di fare nel suo giro nelle capitali dei Paesi alleati, Harriman ha detto le stesse cose: in sostanza, la volontà degli Stati Uniti di non cedere nel Vietnam è irriducibile. La minuzia con cui Harriman ha parlato della conferenza di Manila, delle sue rauionì, dei suoi scopi e dei suoi risultati, la cura messa nel riferire nei dettagli anche degli interventi minori, tutto ha dato la sensazione che gli Stati Uniti siano convinti di avere la solidarietà dei Paesi asiatici. « Non soia non siamo soli — avrebbe detto Harriman — ma il mondo asiatico è sempre più solidale con noi ». E' anzi questo, agli occhi degli Stati Uniti, un risultato politico rilevante della conferenza di Manila: esso dovrebbe, secondo Harriman, indurre ì nord vietnamiti a misurare meglio le proprie difficoltà. Dovrebbe inoltre incoraggiare Hanoi a disimpegnarsi dalla Cina, condizione — questa — giudicata essenziale per giungere alla pace. La Cina è interessata a mantenere aperto il conflitto nella speranza che gli Stati Uniti si stanchino ma soprattutto per proprie ragioni di politica interna: è il regime cinese, secondo Harriman, che ha bisogno della guerra nel Vietnam. La risposta che gli Stati Uniti si propongono di dare ai fonda su due cose. La prima sta nella disposizione permanente, e ancora una volta confermata, a fare la pace a condizioni accettabili ed onorevoli: Harriman ha rivelato che nella conferenza di Manila si è discusso a lungo, anche in una serie di colloqui segreti, l'eventuale fase intermedia tra la cessazione del fuoco e il ritiro delle truppe statunitensi nel giro di sei mesi. La seconda cosa sta in un progetto di Johnson di accordo del Pacifico contro la minaccia atomica cinese. E' un punto, quest'ultimo, sul quale Harriman ha insistito: nei Paesi asiatici le tendenze cosiddette « da Terzo mondo » evolvono dì fronte al fatto nuovo della confermata e temuta potenza atomica cinese. Il problema del Vietnam diventa così, secondo l'esposizione di Harriman, il problema più vasto della sicurezza del Sud-Est asiatico. Gli Stati Uniti vi si sentono impegnati, sono convinti di poterla gradualmente garantire. Intendono lavorarvi mentre attendono da Hanoi un segno, « un'apertura qualsiasi» che consenta la cessazione delle ostilità Tutte le ipotesi di passi e gesti del Nord Vietnam, ha rivelato Harriman, sono state studiate a fondo a Manila, ma senza risultato. Di nuovo v'è invece il fatto che Harriman ha parlato con relativa fiducia della parte che spetta in tutta la vicenda all'Unione Sovietica. E' un indìzio interessante. I « resoconti » dell'ambasciatore viaggiante di Johnson sono ormai abituali. Sempre nel passato, Harriman aveva insistito sulle contraddizioni e le difficoltà all'interno del mondo comunista evitando di attribuire all'Unione Sovietica la possibilità di una iniziativa qualsiasi nella vicenda del Vietnam. Oggi non l'ha esclusa. Ne ha parlato brevissimamente ma ne ha parlato esplicitamente. Se ne può forse dedurre che, in prospettiva, gli Stati Uniti non escludono l'Unione Sovietica da un piano per il Sud-Est asiatico. Ma sono tutte cose per il futuro. Prevale almeno per l'immediato, il pessimismo. Non vi sono segni che annuncino vicina la sospensione delle ostilità. Tutto ciò, però, non diminuisce l'interesse degli Stati Uniti per l'Europa: i governi europei non devono temere alcuna riduzione degli impegni americani in Europa a causa delle vicende e di eventuali nuovi impegni in Asia. Con Fanfani, col quale è stato a colloquio un'ora e mezzo (altri scambi di vedute in una colazione a Villa Madama) come con Moro, il tempo è stat" impiegato in gran parte nell'esposizione di Harriman. L'inviato di Johnson era anche latore del .ringraziamenti del Presidente statunitense per gli sforzi compiuti nel collaborare alla ricerca di una via di pace Un comunicato molto breve dà poi notizia del colloquio di Harriman con Paolo VI. Vi si dice che l'inviato di John son ha espresso l'apprezza mento di Washington per sii sforzi compiuti In favore del la pace « universale ». Michele Tito Il rappresentante americano Harriman, a sinistra, a colloquio con Moro (Tel