La fine dell'Austria di A. Galante Garrone

La fine dell'Austria Come si sfasciò l'impero absburgUo La fine dell'Austria Non era fatale, nel luglio del 1914: fu il risultato di ciechi, ostinati errori Ma gli sbagli, poco meno gravi, dei vincitori prepararono le future tragedie dell'Europa - Leo Valiani ricostruisce quella crisi su documenti sinora ignoti Cesare Battisti, in un discorso a Bologna del 13 ottobre 1914, sosteneva che solo il sonno dei « popoli senza storia » aveva permesso all'Austria di durare tanto a lungo. Egli riecheggiava una frase famosa dcll'austro-marxista Otto Baucr; ma mentre per Baucr il risveglio di questi popoli si sarebbe dovuto attuare mercé la democratizzazione dell'impero danubiano, Battisti, spinto dalla passione irredentista, non vedeva ormai altra via che la dissoluzione. Come si giunse a questo epilogo? Quali furono gli aspetti di questo processo di disgregazione della secolare compagine: Era evitabile lo smembramento totale? Alle domande risponde oggi Leo Valiani con un ammirevole lavoro (La dissoluzione dell' Austria-li nghena), fondalo su una impareggiabile conoscenza della più recente storiografia e di archivi pubblici e privati disseminati per tutta l'Europa, Per la prima volta, abbiamo una storia di quegli eventi vista non da un particolare angolo visuale, diplomatico o nazionale, ma situata nel cuore stesso dell'Impero, nell'intreccio e nell'urto delle varie nazionalità fra loro, e di fronte alla duplice Monarchia. Diplomatici, ministri, uomini politici, come gli ungheresi Tisza c Kàrolyi, patrioti democratici come il ceco Masaryk, esuli e cospiratori, giornalisti c pubblicisti britannici come W Steed e R. W. Seton-Watson, per non parlare degli italiani da Sonnino c Salvemini a Bissolati e Guglielmo Ferrerò, e soprattutto i" partiti è • le' minoranze etniche appaiono qui, con splendida evidenza, stretti in un gioco decisivo e mortale. Dalla lacerazione e dallo schianto ultimo dell'Impero, emergerà una nuova Europa, coi suoi problemi irrisolti e i germi di future catastrofi. Non è una storia idillica, quella che ci racconta Valiani: ma piuttosto una storia di errori, di incomprensioni, di odii fatali. Prima del luglio '14, ben pochi avevano pensato alla dissoluzione dell'Austria-Ungheria, e al costituirsi di nuove nazioni indipendenti come a qualcosa di realizzabile. L'idea risorgimentale, anzi mazziniana, era solo in alcuni spiriti solitari, come Battisti o il croato Supilo. Erano invece assai vive le aspirazioni autonomistiche e federalistiche. L'arciduca Francesco Ferdinando, che sarà assassinato a Sarajevo, aveva pensato a grandi riforme, « trial iste » o federaliste. Ma i ceti dirigenti dell'Impero erano rimasti sordi a queste istanze. In questa incapacità di scorgere i segni dei tempi, era la premessa delle future catastrofi. Gravissimi furono poi gli errori di questi dirigenti fra l'assassinio di Sarajevo e lo scatenamento della guerra: una tragica sconsideratezza e madornali sbagli di calcolo che sarebbero stati duramente espiati. Particolarmente funesti furono, per la Monarchia danubiana, gli indugi e le incomprensioni verso l'Italia. Solo la neutralità di quest'ultima avrebbe potuto alla fine salvare l'Impero danubiano. Ma le occasioni furono lasciate perdere una dopo l'altra, e lesinati i compensi, e messo Giolitti nell'impossibilità di influire sul governo e sul Parlamento, e di capovolgere una situazione già tanto compromessa. « Ancora una volta l'Austria era arrivata con un'ora di ritardo». Gli stessi movimenti indipendentisti, dei cechi, degli slovacchi, dei ruteni, dei croati, degli sloveni, più tardi degli ungheresi furono attizzati non poco dalla stolida politica del governo. Si noti che questi movimenti tardarono a divampare. I^e buone tradizioni amministrative dell'Impero avevano favorito il sopravvivere di un ben radicato legaiitarismo. Perfino la dichiarazione di guerra aveva dato luogo a sincere manifestazioni, qua e là, di lealismo dinastico. Furono la cocciuta e miope politica dei circoli austro-ungarici, e la condotta della guerra, e l'abile propaganda dell'Intesa, che scalzarono a poco a poco le fondamenta della monarchia; c fomentarono il risveglio dei popoli, che avrebbe necessariamente portato allo smembramento totale. Croati e sloveni si orientarono presto verso l'idea di una fusione con la Serbia, di una grande Jugoslavia. E' singolare come agisse su di loro l'esempio del Risorgimento (al quale si rifacevano anche i loro amici e patroni britannici). Ma anch'essi commiscro errori; non si resero conto che le loro eccessive rivendicazioni di terre a cui aspirava l'Italia, non potevano essere accolte dall'Intesa: la quale dell'intervento armato dell'Italia aveva gran bisogno. Non meno deplorevoli (e gravi di conseguenze) furono gli errori della politica estera di Sonnino, contraddittoria e priva di lungimiranza, astiosa e ostinata. (Il giudizio che ne dà Valiani è giustamente severo; e già Bissolati commentava, in alcuni suoi appunti inediti: « Che concezione piccola! »). Con ben altra sagacia, realistica e insieme idealistica, Albertini, Amendola, Borgcse, Bissolati, Salvemini avevano intuito la complessità della que stionc adriatica, e la necessità di un accordo con i jugoslavi. I loro sforzi sarebbero approdati più tardi al.« Congresso di Roma », a cui convennero i rappresentanti di tutte le nazionalità oppresse dalla duplice Monarchia. La quale avrebbe potuto forse salvarsi. In fondo la Russia, la Francia, l'Inghilterra, Wilson furono per molto tempo, e per varie ragioni, favorevoli alla conservazione dell'Impero. Nel maggio del '17 questo avrebbe ancora potuto tentare di rinnovarsi, accogliendo le istanze federalistiche allora avanzate. Ma anche quest'ultima occasione andò perduta. Già il Trattato di Bucarest con la Romania, con gli enormi compensi territoriali promessi a spese dell'Ungheria, aveva creato le premésse del disfacimento totale. La rivoluzione russa, il Patto di Corfù che suggellò la creazione della nuova Jugoslavia, l'offensiva tedesca del '18, l'ambiguità del ministro Czernin, il Patto di Roma (aprile '18) furono altrettanti colpi mortali per la vecchia Monarchia danubiana. Le ultime, tardive concessioni dell'ottobre 1918 non fecero che accelerare il processo dissolutivo. Era la fine: finis Austriae. A. Galante Garrone LEO VALIANI : La dissoluzione dell' Austria - Ungheria Ed. Il Saggiatore - pagine 507, lire 2700. t: