La vivace e licenziosa «Calandria» a Venezia per il Festival della prosa

La vivace e licenziosa «Calandria» a Venezia per il Festival della prosa Esordio alla Fenice della Compagnia De Lullo - Falk - Valli - /Ubani La vivace e licenziosa «Calandria» a Venezia per il Festival della prosa la commedia cinquecentesca del Cardinale Bibbiena non si rappresentava da parecchi anni - Una boccaccesca vicenda di gemelli, vecchi babbei e maliziosi servi - Lo speffaco/o, nella bella cornice scenica di Pier Luigi Pizzi, ha ottenuto un buon successo DAL NOSTRO INVIATO Venezia, lunedi mattina. Non si scandalizzino le anime pie — diceva Luigi Russo — che un cardinale abbia potuto scrivere una commedia cosi licenziosa come La Calandria: Bernardo Dovizi, detto il Bibbiena dalla sua città natale, ottenne la porpora da Leone X, al quale aveva reso grandi servigi, parecchi mesi dopo la prima rappresentazione ad Urbino del suo lavoro (e, d'altronde — 11 Concilio di Trento è ancora lontano — il Dovizi non era nemmeno sacerdote). Ma a quella rappresentazione, avvenuta alla Corte ducale nel 1513, l'autore non potè assistere, tanto che l'amico Baldassare Castiglione, che immortalò il Bibbiena nel Cortegiano, dovette all'ultimo momento stendere il prologo per sostituire quello non ancora giunto dell'autore. I due prologhi sono fusi insieme nell'adattamento che della Galandria, riprendendola dopo molti anni di oblio, hanno curato Giorgio De Lullo e Romolo Valli per presentarla Ieri sera con la loro compagnia al Festival veneziano della prosa. Il prologo del Bibbiena, ritrovato soltanto nel secolo scorso, quasi scompare in questa sintesi che, con il diverso ordine delle scene e la soppressione, in verità piuttosto rilevante, del personaggio del pedagogo Polinico, è tra i mutamenti introdotti dai due riduttori. Per il resto, la commedia è recitata cosi come il Bibbiena la scrisse, e avendo cura, lodevolmente, di non ammodernarne il linguaggio se non proprio in alcuni punti troppo oscuri per lo spettatore d'oggi. II linguaggio è davvero importante in una commedia che è anche la prima in prosa volgare del teatro di corte cinquecentesco. Lo riconosce anche chi è restio a vedere nella Calandria qualcosa di più o di diverso da un'imitazione della commedia plautina, In particolare dei Menecmi e della Casina, mentre altri studiosi ne lodano non a torto la vivacità e il realismo che, con personaggi e situazioni, il Bibbiena seppe trarre, non servilmente, dalle novelle del Boccaccio. In effetto, le parti caduche e stucchevoli di questa sola commedia che il Dovizi, letterato d'occasione, compose nella sua non lunga vita, sono proprio quelle di derivazione classica. Il motivo dei gemelli, su cui La Calandria in apparenza si fonda, è tra i più vetusti e i più sfruttati. Qui si complica perché i due protagonisti, Lidio e Santilla, indossano lui panni donneschi, lei maschili. Lidio, in cerca di Santilla dalla nativa Grecia in una Roma contemporanea alla data della commedia, si traveste da fanciulla per entrare a suo agio nella casa di Fulvia, con il risultato che il marito di costei, il vecchio e sciocco Calandro, s'innamora di Lidio credendolo una donna. E anche Santilla, che si veste da uomo, tale è creduta da Fulvia che la scambia con il diletto Lidio. Così, aiutando la malizia 0 la goffaggine dei servi e di un negromante, gli equivoci s'infittiscono e s'ingrossano sino a sciogliersi nel riconoscimento tra i due gemelli. Ma nella commedia c'è anche Calandro, che è personaggio degno del Boccaccio, discendendo in linea diretta, anche nel nome, da quell'antenato di tutti i babbei della nostra letteratura che è l'immortale Calandrino. E c'è soprattutto Fessenio, che è il vero protagonista della Calandriti se non altro perché il suo creatore, orditore di intrighi amorosi e di piacevoli burle, deve avervi riversato 1 propri umori bizzarri e molti tratti del suo carattere faceto. I colloqui di Fessenio con Calandro — sia che il servo insegni al padrone che le donne si bevono o che gli uomini possono « scommettersi », cioè fare a pezzi e ricomporre a piacere, sia che fantastichi sulla vita e sulla morte («or che tu. vivi, tu non vedi la vita; e pur è teca... cosi non si vede la morte quando si muore») — hanno un incanto e una lievità festosa che travolgono, e fanno dimenticare, il parlare grasso che li condisce. Giustamente, Giorgio De Lullo, regista e dicitore del prologo, ha insistito sul personaggio di Fessenio (in cui, fresco d'Accademia, brillantemente esordisce Ugo Maria Morosi) anche se ha voluto atteggiarlo alla stregua di uno «zanni» della commedia dell'arte. Un Arlecchino o un Brighella insomma, che tuttavia rimane un po' fuori del quadro classicamente composto, almeno all'inizio, nella splendida cornice scenica di Pier Luigi Pizzi dove, contro il biancore dei monumenti di una Roma raccolta come in un dipinto del periodo meta¬ fisico di De Chirico, ma anche come una scena prospettica del Serlio o del Peruzzi, i rossi, i verdi, ì gialli dei costumi fanno un bellissimo vedere. Il quadro poi si scompone un poco, la caricatura è a volte eccessiva, il distacco dell'attore dal personaggio in qualche caso altezzosamente, e sia pure spiritosamente, sottolineato. Ma se non è tra i più raffinati e i più riusciti di questa compagnia (eh, via: deve essere addirittura sazia di lodi dopo due o tre stagio¬ ni veramente d'eccezione), lo spettacolo è animato, gaio, divertente. Strabuzzando gli occhi, storcendo le gambe e contraffacendo la voce, Romolo Valli ottiene irresistibili effetti; Rossella Falk interpreta a meraviglia gli impeti di una donna ancora giovane e vogliosa; Elsa Albani è una fantesca spassosa con quel suo affannarsi su e giù per la scena. Un po' sacrificati, ma deliziosi nella loro acerbità, Ottavia Piccolo e Marzio Margine, un altro esordiente, si scambiano abiti e amanti a ritmo vertiginoso; e Carlo Giuffrè è un gustoso negromante con l'accento napoletano. E ancora il Puntillo, e la De Clara, che con tutti 1 loro compagni e collaboratori sono stati molto festeggiati dal pubblico della Fenice. Un successo schietto, che dovrebbe ripetersi nelle città dove La Calandria sarà portata. Ma non a Torino che forse sarà esclusa, per questo anno, dal giro della compagnia. Alberto Blandi Rossella Falk Inginocchiata davanti ad Elsa Albani In una scena della «Calandria»