Tre romanzi della guerra 1915-'18

Tre romanzi della guerra 1915-'18 A rileggerli, il più valido resta quello di un dilettante Tre romanzi della guerra 1915-'18 Il Diario di un imboscato di A. Frescura, l'Introduzione alla vita mediocre di A. Stanghellini e La. città effimera di G. Scortecci — già usciti, nell'ordine, fra il 1919 e il 1928; ristampati diverse volte ma ormai irreperibili e pressoché dimenticati — rivedono adesso la luce in un unico volume a cura di M. Schettini: Tre romanzi della Grande Guerra. Non diremo che siano tre capolavori; o che appartengano al meglio della nostra letteratura sull'argomento, i cui esempi- più prestigiosi — Le scarpe al sole di monelli e Kobilek di Soffici da una parte, l'Esame di coscienza di Renato Serra e il Notturno di D'Annunzio dall'altra — hanno ben altro respiro, e radici culturali tanto profonde da rendere ingeneroso ogni possibile confronto. Eppure, la riesumazione è da sulutare con giusta simpatia; e va segnalata al pubblico per una lettura svelta e piacevole. Più scorrevole il romanzo del Frescura, che pur accennando anche a grossi avvenimenti — equivoci degli Alti Comandi, responsabilità di Caporetto — trae virtù e difetti da una giovanile disinvoltura, con impressioni di volta in volta felici e sùbito dimenticate. Più disordinato quello dello Stanghellini. anche perché scritto assai dopo la fine della guerra alternando avvenimenti precisi a nostalgiche rievocazioni; e tuttavia più suggestivo per l'idea dominante espressa già nel titolo: della guerra come « introduzione alla vita mediocre», come esperienza che disorienterà i combattenti al loro ritorno nella vita borghese. * * A parte, e davvero sorprendenti, le pagine dello Scortecci. Pagine di prigionia: la € città effimera » essendo un campo di ooncentramento, coi suol torpori di un dramma tanto più crudele quanto più capace di avvilire i reclusi in squallida rassegnazione. E lo Scortecci — non scrittore di professione, bensì naturalista, zoologo ed esploratore oggi illustre — si rivela fin dal principio scrittore molto più vero di tanti altri. Né il caso resta inspiegabile, se qui a colpirci è un umanissimo, disarmato abbandono ai sussulti del cuore in pena. Si badi, per averne un'idea, all'angosciosa monotonia delle immagini, e alla monotonia febbrile delle sensazioni che le accompagnano: < Ascoltai a lungo 1 canti fiochi e le voci sommesse (...) La triste inerzia fu scossa dal fischio acuto di un treno (...) Come sprazzi dì luce nella nebbia, le voci delle sentinelle... ».E non sfugga la straordinaria acutezza della chiusa, che, trascurando il lieto fine della liberazione e del rimpatrio, lascia intatto, in una sorta di incubo fuori del tempo, il lungo delirio: « La città effìmera mi serra tra le sue spire, forse per non lasciarmi più >. Ferdinando Giannessi Tre romanzi della Grande Guerra - Ed. Longanesi - pagine 607, lire 2400.

Persone citate: D'annunzio, Ferdinando Giannessi, Longanesi, Renato Serra, Stanghellini

Luoghi citati: Caporetto