Machiavelli e Guicciardini: l'impegno civile del Cinquecento

Machiavelli e Guicciardini: l'impegno civile del Cinquecento Il quarto volume della Storia letteraria Garzanti Machiavelli e Guicciardini: l'impegno civile del Cinquecento I due capitoli sono l'ultimo lavoro dì Delio Cantimori - Chiariscono con luci nuove nell'uno la passione « savonaroliana », nell'altro la saggezza staccata e rigorosa di laico A cinque soli mesi di distanza dalla pubblicazione del volume III della sua Storia della letteratura italiana l'editore Garzanti mette in luce in questi giorni il tomo IV, dedicato al Cinquecento. Impresa quasi sovrumana quella di ridurre alla misura prestabilita il nostro gran secolo, impareggiabile per ricchezza e varietà di testimonianze letterarie, vera « esplosione » finale di una grande civiltà, prima del ripiegamento e dell'isolamento culturale secentesco: e non sono bastati gli accorgimenti editoriali (l'Ariosto congiunto al Quattrocento nel tomo III, il Bruno al Seicento nel prossimo tomo V) per dare adeguato respiro a tutti gli autori e i testi che si sarebbero voluti ricordare. In conseguenza il puntuale, informatissimo discorso di Ettore Bonora, che si snoda per ben 650 pagine delle 800 che compongono il volume, ha potuto distendersi in una pacata analisi critica solo nella sezione finale {Torquato Tasso). Altrove, risulta troppo spesso mortificato da una laconicità forzosa e limitato comunque in maniera quasi esclusiva agli aspetti tecnicamente letterari (poesia, novellistica, teatro, discussioni linguistiche) entro una cornice (« Il Classicismo dal Bembo al Guarini »), che consapevolmente — e cerio con rammarico — sacrifica aspetti straordinariamente ricchi e fervidi della nostra cultura cinquecentesca, dalla storiografia alla politica, dalle discussioni sull'arte alle relazioni di viaggio, dalla filosofia alla scienza. A contrappcsare almeno in parte queste preclusioni, sono stati collocati in apertura del volume i due capitoli su Machiavelli e Guicciardini dettati da Delio Cantimori. Il ricorso intenzionale ad uno storico militante, il taglio generoso fino alla sproporzione, l'inserimen to di una monografia compie meritare (le già altrimenti note pagine di Luigi Blasucci sugli scritti letterari del Machiavelli) isolano e sottolineano questo intendimento di presentare la cultura del nostro tardo Rinascimento anche nella sua dimensione « civile », nell'impegno rigoroso della riflessione politica e storica, che si acuì di fronte ai segni minacciosi della crisi imminente. Nella tematica trita, e pur ribollente di continue discussioni recenti e recentissime, Cantimori si è mosso da par suo, con un discorso arioso, lucido, che non scade mai ad un tono meramente didascalico. Notazioni originali, frutto di meditazione diretta dei testi, ricorrono con frequenza: basti ricordare gli accenni alla formazione progressiva del lin guaggio e dello stile del Machiavelli, dalle prime Legazio ni agli scritti dottrinali; le tcn tazioni di una trattatistica di -tipo giuridico-teologico (i titoli latini del Principe].) e il pre valere del metodo induttivo, stimolato dalle intuizioni ge niali; l'intrecciarsi nell'Arte della guerra dell'ammirazione umanistica erudita per le isti tuzioni militari romane, con le riflessioni attuali sull'efficienza di un'organizzazione belli ca razionale; la discriminazio ne fra mero egoismo privato e calcolo politico volto al pubblico bene; infine la spiegazione dello scandalizzato orrore provocato dal freddo realismo machiavellico come prodotto esasperato anche della potenza evocatrice dello scrittore e della « poetica concentrazione del suo linguaggio ». Ma le pagine più ricche di nuovo fermento sono quelle che Cantimori, storico dell'eresia in Italia, dedica all'interesse polemico del Machiavelli per il fatto religioso, al clima di prò fetismo apocalittico e di ascetismo di stampo savonaroliano provocato intorno a lui dalle calamità italiane, al suo atteg giamento anti-ecclesiastico. fatto di ironia appassionata che non decade mai a mera satira frivola. Anche del Guicciardini lo scrittore delinea un ritratto ric¬ cnnpmsrtlstlinsdgsptpsncttdsga chissimo di sfumature e di pe-[ netrazione psicologica, sottolineandone il disinteresse per i problemi religiosi e per la comunicazione con gli altri, l'assenza di angosce profonde, di rigorismo riformistico, di patetiche speranze. Cauto, controllato, indifferente, chiuso nel suo mondo aristocratico di alte tradizioni e di rigidi doveri, l'uomo si trincera dietro un suo ironico distacco, mescolando nella sua opera di storico « riserbo, amarezza, comprensione degli uomini, capacità critica, giudizio logico e morate », costantemente fedele ad una compostezza solo di rado incrinata dal palpito della passione politica. Anche l'analisi strutturale e stilistica raggiunge risultati penetranti, come nella pagina in cui il ricorrere delle figure retoriche nelle orazioni politiche mmaginaric (tanto frequenti e tanto censurate nella Storia d'Italia) e spiegato come illustrazione delle grandi tendenze generali, sintesi della complessa problematica europea, che altrimenti sfuggirebbe all'esposizione minuta, quasi cronachistica, degli eventi; o come in quell'altra pagina, in cui si ravvisa nei Ricordi il libro che decanta l'esperienza quotidiana, frammentaria ed amara, per assurgere ad una saggezza autentica, ad un sapere capace di infondere sicurezza e pace interiore. Ma una venatura di tristezza profonda accompagna la lettura. Il volume infatti è stato finito di stampare a Milano il 15 settembre 1966, due giorni dopo che a Firenze Delio Cantimori aveva perso la vita in un incidente stolto e crudele. Queste sue pagine dunque sono forse le ultime che ci sia dato di leggere, e il ricordo di lui le accompagna con tenerezza e rimpianto. Appena due settimane prima di morire era tornato ancora una volta in Piemonte, timido e scontroso come sempre, combattivo e dolce, con tutto il peso dei suoi tormenti ^segreti, i candidi rimorsi, la fede nel lavoro, l'amore per i giovani che guidava con tanta dedizione sulla via degli studi, il bisogno grande di affetto che gli addolciva lo sguardo. Possa questo libro, votato com'è ad una larga diffusione, aggiungere nuovi amici^ sconosciuti ai tanti che lo conobbero e che gli vollero bene Luigi Firpo Storia della letteratura italiana^ il Cinquecento - Editore Garzanti, pagine 825, lire 10.000

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano, Piemonte