La commedia di Moravia al Carignano ha aperto la stagione del Teatro Stabile

La commedia di Moravia al Carignano ha aperto la stagione del Teatro Stabile « Il mondo è quello che è » alla presenza dell'autore La commedia di Moravia al Carignano ha aperto la stagione del Teatro Stabile Una satira del neocapitalismo e degli intellettuali che si fanno suoi strumenti - Alcune scene del primo atto rimaneggiate dopo il debutto di sabato scorso a Venezia - Lo spettacolo allestito da Gianfranco de Bosio, protagonista Franco Parenti La stagione dello Stabile di Torino è stata inaugurata ieri sera al Carignano con una nuovissima commedia di Al berto Moravia: II inondo t lincilo die è. Poche ore prima che si alzasse il sipario, l'autore provava ancora con gli attori alcune scene del primo atto, rimaneggiate o riscritte dopo l'esordio a Venezia avvenuto, come abbiamo riferito, appena sabato scorso. L'episodio attesta lo scrupolo, e anche la passione, con cui il romanziere 6 tornato al teatro dopo un lungo silenzio (La mascherata è del '51, Beatrice Cenci del '55, per tacere di un paio di atti unici), ma la commedia non è sostanzialmente diversa. Il mondo è quello che è ancora s'incentra sul personaggio di Milone, filosofo da strapazzo e imbroglione, che s'illude di fare i suoi comodi alle spalle dei ricchi, e della società che li circonda, applicando ad essi una sua « terapia del linguaggio» durante alcune settimane di vacanza nella lussuosa villa di un giovane industriale. E' un gioco, sostiene Milone, ma anche una cura, che si basa su una distinzione abbastanza semplice ira parole malate e parole sane. Le prime ci toccano da vicino, suscitano in noi impressioni di pena e di angoscia e vanno quindi abolite. Provate ad eliminare parole come suicidio, dolore, miseria, oppure sostituitele — ed ecco l'eufemismo ■— con un mucchio di frasi fatte e formule convenzionali: sparirà anche la cosa che esse rappresentano. Rimarranno le parole sane. Sia che indichino oggetti concreti, sia che non abbiano più significato perché sono diventate luoghi comuni, esse potranno anzi dovranno essere usate per disinfettare il linguaggio dai germi della sociologia, della politica, della religione, della morale, della cultura. Come si arriva a servirsi soltanto di parole sane? I metodi di Milone sono diversi. L'industriale, ad esempio, farà bene a limitarsi alle proposizioni senza senso delle grammatiche con cui già i personaggi di Ionesco demolivano allegramente il linguaggio e la società borghese. Al giornalista converrà attenersi alle formule convenzionali della cronaca, lo sportivo si tufferà nella prosa per iniziati delle gazzette. E le donne? Figuriamoci se Milone le trascura. Avido o sensuale come un Tartufo, subisce gli sfoghi amorosi e incoraggia la voluttuosa inclinazione alle parolacce di Olinda, madre del suo ospite, che spera di sposare per impossessarsi dell'immenso patrimonio di lei. Intanto si rifà la bocca con Semanta, figlia di Olinda, alla quale insegna, tra un amplesso e l'altro, il linguaggio dell'assurdo. E si sfoga su una sguattera sordomuta che potrebbe essere una compagna perfetta se la parola non fosse dentro di lei, là dove nessuna terapia del linguaggio può operare. C'è ancora Pupa, una ex ragazza squillo che Milone risparmia, ma alla (piale spiega come liberarsi dai complessi di colpa: non usi soltanto l'eufemismo, le consiglia Milone, ma anche la tautologia. Provi .a ripetere a se-stessa.che «ti |mondo è quello che è » o che «Pupa è Pupa», s'accorgerà di non provare più angosce o rimorsi. Insomma, Milone crede di tenere tutti in , pugno con la sua cura cialtronesca e di essere vicino al momento in cui ne coglierà i frutti. Milone si sbaglia. Non solo l'industriale gli impedirà di sposare la madre, ma lo legherà al proprio carro offrendogli un centro studi per applicare la terapia del linguaggio alle masse. Queste «dovranno al più presto essere aiutate a imparare a parlare senza dire niente » per continuare «a produrre per consumare e a. consumare per produrre» lino al silenzio che «è e non può non essere lo scopo ultimo della cura». Il mondo, sembra dire Moravia, si può cambiare agendo non sulle cose, ma sulle parole poiché linguaggio e mondo si identificano. Ma, attenzione, si tratterà di vedere se il cambiamento è soltanto apparente. E qui è soltanto apparente A togliere ogni dubbio provvede il finale. La sordomuta, che Olinda aveva spinto nella piscina, è ripescata cadavere. E' il panico. Ma Milone riconduce la calma: narrando la morte della ragazza con il linguaggio asettico di un articolo di cronaca. Unisce con l'abolire il fatto. Integrato nella società che credeva di raggirare, l'intellettuale ne è ormai uno degli ornamenti e del sostegni. Troppo tardi per tornare indietro: la rabbia con cui Milone accumula luoghi comuni in una grottesca orazione funebre conferma soltanto la sua impotenza. La società neocapitalistica e il vero bersaglio di una satira ili cui la « terapia del linguaggio » è soltanto il falso scopo o, al più, la spia. E' una eom media di idee, si è detto Au che troppe, si potrebbe aggiungere, pensando a quelle che portano in sé tutti i per- sonaggi. Peccato che queste idee non siano sempre esposte in forma caustica e divertente e, soprattutto, con una tecnica più scaltrita. Nonostante i lodevoli sforzi dell'autore per rendere più teatrali alcuni dialoghi, ogni scena sta ancora a sé, i personaggi vanno e vengono piuttosto a caso. Ci sono insomma dei vuoti che la regìa di Gianfranco de Bosio ha cercato di riempire. ricorrendo, secondo noi a tor- to. a un'impostazione di fa-vola simbolica che s'accorda con le scene luccicanti di Man-zi e gli stravaganti costumidi Brunetta, ma finisce col di-sperdere l'attenzione dello spet-tacolo e togliere vigore allasatira. L'interpretazione è tut- tavia animata e scorrevole: Franco Parenti è un sottile edivertente protagonista, asse-condato con impegno da Gian- na Giachetti e Paola Bacci che hanno più occasioni di emergere di quante tocchino ai loro valorosi compagni: Ka rola Zopegni, Roberto Bisaoco, Massimo De Francovich. Valerio Ruggeri, Italo Dall'Or to e Nera Donati, necessaria|mente muta, Teatro gremito, bellissimo pubblico, successo caloroso co me dicono le otto chiamate che j alla fine dello spettacolo hanì no festeggiato gli interpreti e I l'autore. a. bl. «fi Franco Parenti e Nera Donati in una scena di «Il mondo è quello che è» di Moravia

Luoghi citati: Torino, Venezia