I «cinesi» ed i puritani della rivoluzione contro la politica del partito comunista di Vittorio Gorresio

I «cinesi» ed i puritani della rivoluzione contro la politica del partito comunista UNA PROFONDA CRISI INTERNA, DI STANCHEZZA E DI MALCONTENTO I «cinesi» ed i puritani della rivoluzione contro la politica del partito comunista Parecchi militanti non si spingono fino alla ribellione, ma protestano: per l'insensibilità dei capi verso i problemi ideologici, i compromessi, l'indulgenza ai fatti culturali più bassi - Le feste del partito, con fuochi d'artificio e canzonette, a molti non piacciono - Ci sono sezioni che rifiutano di mandare soldi all'« Unità », ed altre che rimproverano al giornale il carattere ambiguo e le incertezze politiche - L'estrema sinistra è giunta fino allo scisma «contro l'involuzione riformista e revisionista del pei » - Questi gruppi, di forza ancor dubbia, si sono dimostrati attivi a Genova e Trieste, ed anche a Milano, Firenze, Roma Roma, ottobre. / comunisti malcontenti si dividono in varie categorie, perché svariati sono i motivi di delusione per la politica del pei. Vi sono innanzitutto i rigorosi, i puritani, che al partito rimproverano un atteggiamento qualunquista di insensibilità verso i problemi della rivoluzione e i grandi temi della cultura. Esso mancherebbe di assolvere alla sua primaria funzione educatrice ed elevatri. ce delle masse, prestandosi invece a seguirne, e addirittura a lusingarne le tendenze deteriori. Nella, sua azione verso le masse, il partito ad esempio include da vent'anni la celebrazione di feste popolari, ufficialmente definite un modo nuovo di svolgere un'attività politica e culturale a largo raggio, un grande incontro fra compagni ed amici, insomma una buona occasione « per far conoscere qualcosa di nuovo, di avanza' , di stimolante, alle centinaia b migliaia di cittadini che si riuniranno attorno al partito e a l'Unità ». F,' l'occasione che si coglie, come è noto, anche per sollecitare contribuzioni a l'Unità secondo il programma di autofinanziamento della stampa, comunista. Se queste sono le direttive, i risultati pratici sarebbero però deludenti. Le /e. ste hanno successo, quasi sempre, ma «molto spesso esse somigliano a delle feste religiose di paese, nel corso delle quali (unica differenza) si svolge un comizio comunista invece della processione. Per il resto, siamo alle solite: banda musicale (o orchestrina), bancarelle, luminarie più o meno vistose, e infine i fuochi artificiali: il tutto con una spesa non indifferente di centinaia di migliaia di lire ohe, fra l'altro, vengono sottratte alla sottoscrizione »; t la protesta di un compagno di base. Antonio Montefnsro da Bari. in. riata a l'Unità. La protesta non t determinata dallo spreco di denaro: « Voglio invece notare — scrive il Montefusco — che il "modo" come si realizzano le nostre festn non corrisponde per niente alla nostra ideologia, insomma non contribuisce assolutamente a migliorare gli orientamentj delle masse. Eppure molte cose si potrebbero fare in questo senso: Non ci hanno insegnato fra l'altro i compagni sovietici — mi riferisco alle loro prime esperienze dopo la rivoluzione d'ottobre — la funzione di un'arte rivoluzionaria? E le esperienze di Brecht e di Piscator in Germania? Attendo una tua ri- J sposta con la speranza che i non mi dirai che le masse i preferiscono Rita Pavone e ! che quindi non c'è niente da fare ».' La speranza del puro Montefusco è stata, delusa, perché su l'Unità Aldo De Jaco gli ha risposto che le feste sono feste « con tutto quello che ciò comporta di divertimento, comprese le canzoni di Rita Pavone: che cosa c'è di male? ». Nulla di male, soprattutto perché sarebbe molto pericoloso per il partito comunista dichiarare la gwrra a Rita Pavone e ai cantanti yé yé (anche di questi parla infatti Aldo De Jaco tenendoli nella giusta considerazione loro dovuta), j Le masse preferiscono le loro prestazioni alla lettura j delle poesie di Majakovski, e questa è un'esperienza che \ non è solo del partito comu- i nista italiano, ma anche degli altri suoi confratelli, di qua e di là dalla cortina. E' superfluo citare le testimonianze, sempre rinnovate sempre concordi, sulla passione, delle masse nei paesi socialisti per le canzoni e per le mode, per i consumi ed i costumi propri dei ceti medi occidentali, dai rotocalchi ai dischi ed alle minigonne: la stessa Unità le raccoglie. /> diffonde, sembra avallarle, onde agli occhi dei puri essa si fa strumento di corruzione borghese fra il popolo. C'è chi vorrebbe che l'organo del partito fosse più austero come si addice alla bandiera della rivoluzione, e c'è chi lo respinge per la sua frivolezza; e infatti cala la tiratura. Come giornale rivoluzionario non conta, come giornale borghese ce n'è di meglio. Gli si rimprovera del resto una contraddittorietà, che lo | rende assai- spesso sconcertante. «Babele di linguaggi e di parole d'ordine», l'Unità mancherebbe di una linea coerente. Talvolta appare in contrasto con l'atteggiamento adottato dal partito, o dal gruppo parlamentare, su determinate questioni: si parla ancora, fra attii-isti. con sincero sgomento dello scandalo del dicembre 196!/, quando fino all'ultimo l'Unità sostenne la candidatura di Fanfani a presidente della Repubblica, proprio al momento che i parlamentari comunisti decidevano di votare per Saragat. In provincia., la. voce del partito arriva portata dal giornale, ed è al giornale, quindi che si fa carico di tutte le contraddizioni, delle incertezze, delle talvolta sorprendenti improvvisazioni del partito. A Napoli, nella sezione di San Giuseppe, una delle più attive, che sta in un vecchio « basso » della piazzetta Ecce Homo, delle centomila lire raccolte per la. stampa comunista, ne sono state, mandate a l'Unità soltanto diecimila, per protesta. Le altre novanta sono state impiegate per acquistare i classici del marxismo, di lettura preferibile in quanto non equivoci. A Spezzano Albanese, in Calabria, la sottoscrizione è stata rifiutata: nemmeno una lira per l'Unità, che tradisce la causa. Sono informazioni accertate da Livio Jannuzzi nel corso di una sua inchiesta nel Meridione per L'Espresso e non diversa appare la, situazione in Toscana, a Parma, a Roma, a Genova, a Milano, in Sicilia, praticamente ovunque siano stati fatti sondaggi di questo genere. Il traguardo di due miliardi di lire che quest'anno avrebbe dovuto essere raggiunto a beneficio de l'Unità è stato difatti fallito, la prima volta nella storia delle sottoscrizioni per la stampa comunista. A conclusione della campagna mancherannno probabilmente vari milioni, anche se te dichiarazioni ufficiali — non più credute nemmeno dai militanti — verranno a dirci il contrario. Non può del resto essere smentita l'esistenza di un movimento scismatico che sta allargandosi tra gli iscritti, in nome di un marxismoleninismo ortodosso, correntemente definito di ispirazione cinese, comunque imbarazzante, perché coinvolgerebbe, ancor prima che masse di lavoratori, le fresche leve intellettuali sulle quali il partito dovrebbe fare affidamento per la prosecuzione o il rilancio della sua. azione politica in Italia. Queste « ispirazioni cinesi» sono probabilmente sopravvalutate per ragioni di comodo dallo stesso partito comunista: sono difatti di una semplicità suggestiva, che le rende credibili ed agevola la. separazione delle responsabilità. Incriminando Mao, Lin Piao e le loro «guardie rosse », riesce più facile gettare il discredito sugli aderenti al cosiddetto « movimento marxista-leninista d'Italia » che al principio di luglio ha già tenuto un convegno organizzativo a Milano, sotto la presidenza dell'avvocato Manlio Donati, e che ora si appresta a riunirsi in congresso, alla metà di questo mese, a Roma, avendo in programma di trasformare le attuali «leghe» in partito politico regolare per combattere « l'involuzione riformistica e revisionistica del pei». Insieme a queste leghe dovrebbero confluire nel nuovo partito organizzazioni affini e parallele, come il «Centro antimperialistico romano»; il gruppo che fa capo alle «Edizioni Oriente» di Milano; la Federazione marxistaleninista di piazza Santa Maria Novella a Firenze; un secondo gruppo fiorentino che si intitola a «Nuova Unità », con sede in via Carlo Bini; la Federazione autono- ma genovese di via Madre di Dio; il « Circolo romano Marx - Engels - Lenin - Stalin » di via della Scrofa; la lega della «Gioventù comunista (marxista - leninista) d'Italia», ed altre formazioni regionali tutte similmente denominate, e collegate fin da, ora da organi di stampa come Rivoluzione proletaria e Gioventù marxista-leninista. La consistenza numerica e l'efficienza di queste leghe e gruppi sono difficilmente accertabili, e ogni giudizio sembra da rinviare ai giorni del congresso. Un altro convegno preparatorio è stato tenuto in Liguria, dove la forza dell'organizzazione è apparsa non trascurabile, particolarmente a Savona. A Genova, del resto, stando alle accuse del pei, il movimento avrebbe compiuto in questi giorni la sua prima pubblica prova di forza, dando origine agli incidenti dal 5 ottobre scorso in occasione della protesta cittadina per la questione, della, sede della Italcantieri. Secondo un comunicato della federazione genovese del pei gli agitatori in piazza sarebbero stati infatti «individui irresponsabili ed estranei al movimento operaio », vale a dire provocatori filo-cinesi. Sei giovanotti almeno sarebbero stati riconosciuti per tali, prelevati dalla strada e condotti a forza in una sede del pei in salita San Leonardo, dove è seguito un interrogatorio. Episodi simili «di provocazione » sarebbero avvenuti anche a Trieste, sempre secondo le affermazioni del pei, mentre a Firenze vi sarebbe stata una provocazione alla rovescia, la settimana scorsa. Come presunti responsabili di scritte murali inneggianti alla Cina, di condanna, per l'atteggiamento americano ( nonché sovietico) nel Vietnam, ed. integrate, da volgari espressioni blasfeme, sette affiliati al gruppo di «Nuova, Unità» sono stati denunciati all'autorità giudiziaria. Fra i sette è il vicesindaco di Barberino Val d'Elsa, Marco Salvestrini, e gli altri sei sono studenti. Hanno tutti respinto le imputazioni, dichiarando che deprecare la guerra nel Vietnam « non significa necessariamente adesione alle tesi cinesi ». La solidarietà per il popolo vietnamita esclude, invece « per sua stessa natura, ogni manifestazione di volgarità, come bestemmie e altri inutili insulti ». Co.sì i marxisti-leninisti fiorentini fanno intendere di essere vittime di una provocazione di agenti del pei, mentre è il pei che a Genova ritorce le stesse accuse sul marxisti-leninisti. Aperta la polemica, ed arrivata, già a manifestazioni plateali come queste, il pericolo sempre temuto dal pei di trovarsi dei nemici sulla sinistra, sta dimostrandosi concreto. Vittorio Gorresio