L'arte barocca di Giovenale Boetto rivive nel castello Acaja di Fossano

L'arte barocca di Giovenale Boetto rivive nel castello Acaja di Fossano Oue importanti mostre inaugurate in Piemonte L'arte barocca di Giovenale Boetto rivive nel castello Acaja di Fossano Un centinaio di splendide incisioni testimoniano il realismo dell'artista, pervaso di «lume caravaggesco» - I grandi ritratti e i paesaggi di Giacomo Manzone esposti nel Battistero di S. Pietro in Asti, per l'80° compleanno del pittore à i e e e a i 1 i r i i r e e . 0 al e e o e r e o ia a i a o (Nostro servizio particolare) Fossano, 27 settembre. Non si deve esitare a dire d'eccezionale importanza per gli studi sul Barocco piemontese la mostra delle opere di Giovenale Boetto che, ad iniziativa della « Fondazione Federico Sacco » presieduta dal prof. Giorgio Barbero e con la generosa collaborazione degli enti cittadini, si è inaugurata domenica a Fossano. Di alta suggestione, intanto, la sede: il pittoresco turrito Castello degli Acaja, eretto da questi principi fra il 1321, e il 1332, che resistette eroicamente all'invasiòne francese, e dove Emanuele Filiberto col trattato del novembre 1562 compì la restaurazione dello Stato sabaudo. Giovenale Boetto, nato a Fossano nel 1601,, mortovi nel 1678, architetto, incisore e cartografo, pittore (suo maestro fu a Savigliano il Molineri), ò uno degli artisti preminenti del Seicento piemontese. Purtroppo della sua attività architettonica poco resta di integro, e forse la chiesa di San Francesco Saverio (poi Missione) di Mondovì ce ne dà ti documento più leggibile, con l'Arco del Belvedere di Cherasco (alterato nell'Ottocento). del quale fu preludio quello posticcio eretto a Cuneo nel 161,3: la mostra presenta inoltre lìmpide fotografie di quanto avanza delle opere eseguite a Bra. Cussanio, Fossano, Savigliano, Bene Vagienna, Pamparato, Cuneo. Certosa di Pe sio, Cavallermaggiore. L'architetto sarà adeguatamente stu diato da Nino Carboneri nel libro, di prossima pubblicazione, promosso dalla Cassa di Risparmio di Fossano, nelle cui pagine Andreina Griseri amplierà le sue indagini (vedi "Paragone". 1061/ sull'« inciso re della realtà ». E' difatti all'opera incisa che ssbcMpssCrccRirncallSGdrpcllddnrmIdclmsnnszsdsdssdgsvc si affida la gloria del fossanose; e qui, nel Castello, con il bellissimo allestimento degli ar. chitetti Rattalino, Semino e Merlo, vediamo quasi tutte le preziose stampe boettiane, scrupolosamente reperite dal segretario della « Fondazione », Carlo Morra, dal prof. Barbero e dagli altri componenti il comitato esecutivo: dalla piccola incisione di Giacobbe e Rachele dedicata all'*, amico ingenioso» Giacomo Marcucci, romano (fu egli suo maestro nell'arte dell'incidere? ), alle celebri rappresentazioni degli apparati funebri (famoso quello per Vittorio Amedeo l). alle tavole per il « Theatrum Sabaudiae », alle scene per « /I Gelone », alla stupenda veduta della «Chiesa di San Salvario a Torino » So?io quasi cento fogli, comprese le riproduzioni fotografiche, che offrono uno spettacolo superbo, anche se manca l'unico esemplare conosciuto dei « Lavori di fortificazione dei nuovi quartieri di Torino ti (collezione Simeom), col ritratto di Carlo di Castellomonte, già illustrato dal Viale. Il realismo del Boetto, pervaso di « lume caravaggesco » secondo l'acuta osservazione dello Griseri, vi trionfa in pieno; ma forse più che altrove risalta con mirabile schiettezza nei magnifici «.Contadini» e nei nerboruti frati delle « Quattro stagioni ». come nelle descrizioni di povera vita rurale che si scorgono anche nei fondi di soggetti quasi aulici. Questo realismo, talora < bamboc dante » alla romana, vigorosamente opposto all'accademismo perdurante fra gli artisti della corte sabauda, fu la grande «novità» che — sullo scia del caravaggismo — Giovenale Boetto proclamava in Piemonte * * Non sembri paradossale l'accostamento, a distanza di tre secoli, del realismo boettiano col realismo «provinciale» (nel significato più eletto, di genuinità spirituale, che si può dare all'aggettivo) di Giuseppe Manzone. il cui lungo e fecondo lavoro — più di mezzo secolo di pittura — è rispecchiato dalla mostra imponente che si è aperta domenica nel romanico Battistero di S. Pietro, patrocinata dalla città di. Asti, la quale così onora il suo valentissimo figlio, che sta per compiere l'ottantesimo anno. Di lui parlammo ampiamente qui mesi fa per una sua bella mostra torinese Ma in questa il cammino di Manzone dai grandi ritratti fra il 1010 e il '20. cavolavori di indagine psicologica servita da un mestiere già eccellente, dai solidi paesaggi d'un impasto cromatico denso e splendente, fino alle più recenti interpretazioni della campagna astigiana, ci pone dinanzi a fatti pittorici sorprendenti. Non stupiscono certe sue affinità con Revìglione e con Buratti, il suo palese amore per i maestri antichi studiati nei musei fiorentini; ma ci fi domando come questo pittore rimasto chiuso in un limitato ambiente culturale abbia potuto intuire e far propria la ricerca dei Cézanne. dei Seurat, dei Bonnard e degli altri « Nabis », con una sensibilità poetica addirittura strug gente e con una capacità di resa figurale degna dei più forti ottocentisti italiani. Perché se il clima morale di Giusep pe Manzone è ancor quello del secolo scorso, il suo linguag gio conosce le libertà del tempo nostro; ed in questo singolare equilibrio si concreta l'opera di un pittore che ha già pronto la sua pagina per una storia dell'arte italiana del Novecento. mar. ber.