Paolo VI in lotta coi gruppi retrivi che rifiutano le «novità» del Concilio di Vittorio Gorresio

Paolo VI in lotta coi gruppi retrivi che rifiutano le «novità» del Concilio I REAZIONARI PREOCCUPANO IL PAPA NON MENO OEI "RADICALI,, Paolo VI in lotta coi gruppi retrivi che rifiutano le «novità» del Concilio Con la resistenza passiva o l'aperta rivolta, i conservatori si oppongono alla nuova linea della Chiesa • Rimpiangono il passato, « che solo trovano buono e lodevole »; si oppongono alla riforma liturgica, agli slanci sociali, al dialogo col mondo moderno - In Francia, i ribelli di destra accusano i vescovi di essere «sovversivi»; in Spagna, molta parte dell'episcopato scontenta il clero bloccando le riforme conciliari - Ed in Italia, il Pontefice lamenta una pigra fedeltà « alle abitudini del passato », difese come « intangibili tradizioni » Roma, settembre. Il vero dramma di Parilo VI è di doversi battere su due fronti, cioè non solo contro i «progressisti* che a lasciarli fare porterebbero la Chiesa all'anarchia, ma an¬ che contro i retrivi che le im- pedirebbern di stare al passo con i tempi. Se difatti il Concilio ha indotto parte dei fedeli e del clero ad atteggiamenti che La Civiltà Cattolica, rivista dei gesuiti romani, qualifica di «giacobinismo radicale», ha irrigidito altri su posizioni reazionarie. Sia diffidenza, paura per le novità sancite dal Concilio, od anche solo un malinteso amore per la tradizione,, il Papa ha detto di costoro II 2 settembre scorso a Ferentino: « Sono attaccati1 tenacemente al passato e trovano solo in esso il buono e il lodevole, e diffidano del mondo moderno ». Hanno accolto di malavoglia le riforme liturgiche, la Messa in lingua volgare, l'abbandono di vecchie costumanze, probabilmente mai capite bene, ma appunto perché il loro significato è incomprensibile, ritenute solenni e. venerande. Che tanti cattolici siano restii ad accettare le innovazioni liturgiche dispiace al Papa, che se ne preoccupa. Le riforme volute dal Concilio avevano lo scopo di allargare e approfondire la partecipazione dei fedeli alla celebrazione del culto ed alla preghiera in comune, ma il Papa invece ha la sensazione che lo scopo non sia stato raggiunto e che anzi aumentino vin via le resistenze. Col tovn di un maestro che rimprovera in classe gli alunni pigri, nell'ultima udienza generale a Castel Gandolfo del 11, settembre, ha domandato severamente: t A che punto si trova la vostra partecipazione? Bisogna su questo punto raggiungere la unanimità per quanto è possibile! Guai agli assenti, ai tiepidi, agli indifferenti, ai malcontenti, ai ritardatari! ». Questi che il Papa chiama ritardatari sono convinti che il nuovo clero non sia-all'altezza della sua missione. Preti che portano i calzoni come gli altri uomini, parlano nella lingua di tutti anche sui gradini dell'altare, e si appassionano alle discussioni ormai aperte sugli argomenti favorevoli o contrari al celibato ecclesiastico, non sembrano più preti. Il Papa dice che bisogna «guardare all'avvenire », « aprire il cuore e l'intelligenza ai fenomeni moderni », « muoversi con il progresso »; ma queste ed altre simili sue esortazioni, tutte un poco generiche, non sempre trovano obbedienza soddisfatta e serena, e talvolta gli valgono rimproveri diretti, accuse personali, contestazioni irriverenti. Paolo VI sarebbe un Papa debole, travolto da suggestioni modernistiche, incline ad accettare il nuovo per il nuovo, sempre pronto a dar retta all'ultimo che parla. Tre mesi or sono il Consiglio permanente dell'episcopato francese si è visto costretto a prendere le sue difese in un documento a condanna di una «minoranza» di cattolici francesi, che «non hanno esitato a chiamare in causa lo stesso Santo Padre ». Sono i cattolici ispirati da riviste o bollettini come Itinéralres, Defense du foyer, Lumière, Le monde et la vie, « Generalizzando indebitamente — dice il documento dell'episcopato francese — queste pubblicazioni affermano che la Chiesa è in perìcolo, l'insegnamento religioso in crisi, l'autorità personale di ogni vescovo minata dagli organismi collettivi, il primato del Papa compromesso dalla collegialità, la dottrina sociale della Chiesa falsata dal progressismo, la fede pervertita da gravi errori morali e dottrinali, arbitraria l'applicazione delle riforme liturgiche, errata la ispirazione dei nuovi metodi apostolici... », eccetera. Praticamente, del Concilio non si salva nulla, e infatti questi gruppi di cattolici all'antica hanno lanciato un grido di allarme per chiamare a raccolta preti e fedeli, che si uniscano «a salvare la Chiesa dalla decadenza cui la conducono irrimediabilmente i suoi pastori », pressoché tutti i cardinali e vescovi, e il Papa in primo luogo. Non solamente i «giacobini radicali » denunciati dalla Civiltà Cattolica, ma anche questi cattolici all'antica respingono dunque il magistero della Chiesa e si ribellano alla gerarchia. Il portavoce del Consiglio permanente dell'episcopato francese, monsignor Domenico Pichon, ha dichiarato, in una conferenza stampa del SS giugno di quest'anno, che la pubblica condanna è resa necessaria dal fatto che ormai questi cattolici rifiutano perfino di parlare con i loro vescovi legittimi. Uguale diffidenza per il Papa « modernista » e per i suoi presunti cattivi consiglieri pare diffusa in Spagna, e non solo fra gruppi di fedeli in «minoranze». A differenza dalla Francia, in Spagna è infatti l'episcopato, se non tutto l'alto clero, che oppone resistenza alle novità e che in pratica rifiuterebbe di dare attuazione ai decreti approvati dal Concilio. Eufemisticamente si dice che, viste le particolari condizioni della Spagna, è necessaria molta cautela, cosicché è detta preferibile una savia «lentezza» di applicazione; ma in realtà non si sarebbe nemmeno ancora incominciato. E' questa, almeno, l'impressione di un gruppo di giovani preti spagnoli, tutti in età non superiore ai quarant'anni e appartenenti in genere alle diocesi di Castiglia, che hanno preso l'iniziativa di un'inchiesta generale sul modo come in Spagna sarebbero stati accolti i decreti conciliari, sui problemi che ne derivano, sulla crisi del clero e sui rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Profittando delle loro mansioni pastorali — sono, pressoché tutti, predicatori — questi giovani preti hanno preso contatto con i loro confratelli nel resto della Spagna, raccolto informazioni, proposte, giudizi, e finalmente hanno compilato una relazione generale, che è un documento di protesta vera e propria, al quale andavano cercando in questi ultimi giorni firme di approvazione di altri ecclesiastici e di laici. E' parsa una congiura, e ha fatto scandalo. L'organo settimanale della gerarchia ecclesiastica spagnoli. Ecclesia, ha fulminato una condanna contro attesti giovani preti che col pretesto di de¬ nunciare, «una presunta lentezza, » nell'applicazione dei decreti conciliari, sarebbero arrivati ad infrangere le basi di quella « comunione fiduciosa e obbediente» che deve sussistere fra preti e vescovi. Come si dice sempre in occasioni di questo genere, il dovere dei giovani sarebbe stato piuttosto di avviare un dialogo fecondo con i loro superiori, quale è previsto, ammesso, anzi raccomandato anche dal Codice, di diritto canonico. Anche in Italia il clero si starebbe difatti comportando in maniera che il Papa disapprova. Parlando ai settecento parroci partecipanti ad un corso di aggiornamento pastorale, il 9 settembre scorso, Paolo VI ha esortato ciascun sacerdote, con una durezza che forse pochi gli conoscevano, a ritrovare « la sua lucidità e il suo equilibrio », oggi smarriti a causa delle novità problematiche introdotte dal Concilio. E' stato uno del moniti pia aspri mai pronunciati da un Pontefice nel rivolgersi al clero: < E' necessario avere idee chiare e sicure. Non si può procedere alla buona, ciascuno per proprio conto, rifacendosi alle abitudini del passato come se fossero intangibili tradizioni ». Questo gabellare le abitudini per tradizioni è tipico del nostro costume religioso che è pigro, e si risente come tale anche nei modi in cui si orienta il cattolicesimo italiano dopo il Concilio. Se di adeguamento si pub parlare, in Italia esso è infatti di genere passivo, riflesso di una crisi religiosa persistente nel paese, che il Vaticano II non è bastato a risanare. Vittorio Gorresio

Persone citate: Castiglia, Concilio, Domenico Pichon, Ecclesia, Paolo Vi