Lo slogan al Salone di Torino più produzione e minor fatica di Giuseppe Medici

Lo slogan al Salone di Torino più produzione e minor fatica Inaugurata la sedicesima mostra della tecnica Lo slogan al Salone di Torino più produzione e minor fatica La scienza produce macchine sempre più perfette al servizio dell'industria e dell'agricoltura - I nuovi automatismi sono più delicati e precisi dell'uomo ed ora stanno acquistando anche la memoria e la capacità di decidere - Un solo operaio guida, senza rischio, l'intero ciclo di fabbricazione di una parte della Fiat 124 - Un piccolo cervello elettronico da due milioni risolve i più difficili problemi di matematica La meccanizzazione salverà l'agricoltura Il mondo agricolo europeo è dominato dalla tradizione. Nel corso dei secoli si sono tramandati usi, costumi e soprattutto tecniche primordiali, ricavate dall'osservazione elementare dei fenomeni naturali, inquadrate in un sistema di vita che soltanto in tempi recenti ha assunto i caratteri dell'economia di mercato. Non vi è quindi motivo di stupirsi quando, approfondendo lo studio della vita rurale, si scopre che in essa il nucleo delle vecchie tecniche conserva un peso determinante, ragione della sostanziale differenza che ancor oggi permane tra l'industria e l'agricoltura. La rivoluzione tecnologica finora ha potuto incidere in maniera modesta sull'agricoltura europea e, in particolare, sull'agricoltura italiana, che, costruita nel corso dei secoli, fu dominata dalla proprietà rustica; la quale per il suo originario carattere e per gli ordinamenti assunti, ha decisa mente contribuito a segregare l'agricoltura dal più ampio moto della storia. Invero, la proprietà rustica non è mai stata soltanto un fatto economico. Essa ha costituito la spina dorsale dell'economia delle famiglie che sono state alla base dello Stato moderno, e le cui grandi benemerenze non ci debbono far dimenticare che i proprietari hanno gravato con il peso di un'autorità millenaria su ogni iniziativa innovatrice. Si può dire che per millenni l'agricoltura sia stata dominata dalla rendita fondiaria, e che soltanto dopo la seconda guerra mondiale, con la rivoluzione industriale — del resto limitata ad alcuni paesi d'Europa e d'America — la figura del proprietario terriero reddituario sia stata respinta ai margini del potere economico. Di conseguenza troppo tardi l'agricoltura ha potuto liberarsi da una visione del mondo che le impediva di spiccare il volo verso gli ordinamenti suggeriti dalle scoperte della scienza e dai progressi della tecnica. Nei paesi di antica agricoltura, come sono quelli europei e asiatici, le forme di utilizzazione del suolo sono state concepite prima e man tenute poi con lo scopo di rendere massimo il reddito proveniente dalla terra pri mitiva o dalla sua successi va trasformazione in capita le fondiario; onde ogni altro reddito, compreso quello dei lavoratori, conservò nel tem po una posizione subalterna. Tanto che anche i più illuminati agricoltori del nostro paese, dal conte di Cavour a Bettino Ricasoli, dal Guicciardini a Luigi Einaudi, diedero un peso determinante al reddito fondiario. In tal modo l'aumento della produzione, che costituisce uno dei fini principali di una società moderna, veniva perseguito soltanto là dove coincideva con l'aumento del reddito fondiario. In questo senso sono giuste alcune tesi sostenute nel secolo scorso dalle correnti critiche dell'ordinamento capitalistico, le quali, se non sempre avevano dimostratoavevano però intuito che il grande ostacolo al progresso economico derivava da alcune forme di distribuzione della proprietà terriera* * Nonostante i grandi progressi compiuti, la struttura dell'azienda agraria italiana è ancor oggi dominata dal modo di essere della proprietà, che ostacola in maniera grave il raggiungimento di un fine generale del mondo contemporaneo e cioè un'agricoltura in condizioni di produrre il cibo aminor costo. Se pensiamo che gli Stati Uniti d'America hanno, a un dipresso, lo stesso numero di aziende agrarie censite nel nostro paese, pur coprendo una superficie di terreno 27 voltepiti grande, si comprendonoi limiti posti alla tecnicadalla realtà agricola italia- na. Mentre nel campo industriale la fabbrica è costruita in funzione delle macchine, il contrario avviene nell'azienda agraria, specie in quella europea, dove le macchine devono essere adattate all'azienda; e non sempre si riesce e quando si riesce spesso il costo supera l'utile. Perciò l'agricoltura resiste tenacemente all'urto tecnologico, presentandosi, anche dopo la rivoluzione industriale — come avviene persino in Germania e in Francia — con tanti brandelli di terra, di piccole dimensioni, dispersi nel contado e tenuti insieme soltanto dal vincolo giuridico rappresentato dal diritto di proprietà. Vi può essere situazione più paradossale e antistorica? Tanto più che non vi è contrasto fra la azienda agraria chiesta dalla tecnica moderna e quella adeguata alle esigenze di una famiglia contadina. C'è avvenire per l'agricoltura che abbiamo conosciuto in Europa e che continuiamo a praticare? In una parola: può l'agricoltura di tipo tradizionale rispondere ai grandi interrogativi della storia, e in particolare: può la coltivazione dei campi, rispettosa di tutto ciò che abbiamo ereditato e persino del diritto ereditario in forza del quale le già insufficienti proprietà rurali continuano ad essere accanitamente divise fra eredi, che spesso non sono più agricoltori, rispondere alla odierna concezione del bene comune, che già supera i confini dei singoli paesi e s'identifica con la libertà dalla fame per tutti i popoli? Si pone, quindi, con chia¬ rezza e, forse, con urgenza, il seguente problema: i progressi della tecnica possono ancora essere assorbiti dalla vecchia azienda agraria oppure, premendo le mura di una casa ormai troppo stretta, sono già alla vigilia di farla esplodere? La risposta, superata la « vecchia » riforma agraria del 1950, dominata dalla distribuzione della proprietà terriera, ci pone di fronte alla nuova riforma agraria, la quale, per sviluppare l'azienda familiare, deve darle una struttura capace di utilizzare la produttività insita nella tecnica, e soprattutto nella meccanizzazione delle tre fondamentali operazioni agricole: la lavorazione del terreno, la lotta contro i parassiti delle pian te coltivate, la raccolta dei prodotti. Giuseppe Medici

Persone citate: Bettino Ricasoli, Cavour, Guicciardini, Luigi Einaudi

Luoghi citati: America, Europa, Francia, Germania, Stati Uniti D'america, Torino