Il figlio di una donna condannata per un delitto rivela dopo 7 anni: «Conosco il vero assassino»

Il figlio di una donna condannata per un delitto rivela dopo 7 anni: «Conosco il vero assassino» Drammatica lettera di un giovane emigrante di Sanremo Il figlio di una donna condannata per un delitto rivela dopo 7 anni: «Conosco il vero assassino» Lavora a Rheydt in Germania e ha 27 anni - Afferma che la madre gli disse il nome dell'uccisore imponendogli di stare zitto per timore di rappresaglie sui figli - La donna fu accusata di avere ucciso, nell'aprile del '59, la padrona di casa - Nel processo di primo grado a Imperia fu condannata a 23 anni; in Appello la pena fu ridotta a 19 (Dal nostro corrispondente) Sanremo, 14 settembre. Il figlio di una donna condannata a 19 anni di carcere per omicidio preterintenzionale e furto si è fatto vivo, a sette anni dal tragico fatto di sangue, per dichiarare che sua madre è Innocente e di conoscere il vero nome dell'assassino, che gli sarebbe stato confidato dalla donna prima di entrare in carcere. L'esplosiva rivelazione e contenuta in una lettera giunta ad un giornale sanremese, Z'« Eco della Riviera ». Il giovane Angelo Pesce, ora emigrato In Germania, a Rheydt, dove ha trovato lavoro e si è fatto una famiglia, dice fra l'altro: « Mia madre allora mi confidò 11 nome dell'assassino però mi disse di stare zitto perché altrimenti ci avrebbe fatto a tutti del male >. /( .giovane spiega poi i morivi del suo lungo silenzio: *Io sono in Germania dal 1960 e mi sono trasferito qui perché quasi tutti sapendo il fatto di mia madre non mi davano lavoro. Ho aspettato tanto tempo perché all'età di 20 anni si è ancora bambini ed ora che siamo tutti aposatl non temiamo più niente », /I fatto per cui venne condannata la madre del giovane risale al 23 aprile 1959. Quel giorno la stessa donna. Maria Salvi vedova Pesce, di 1,8 anni, ferma un carabiniere che passava per la strada richiedendo il suo intervento. Al secondo piano della villetta in cui abitava, in corso degli Inglesi 55, dietro al Casinò, la luce era rimasta accesa in spiegabilmente quindici giorni. Sfondata la porta con l'ausilio dei vigili del fuoco, gli inquirenti trovarono la proprietaria della casa, Gemma Gaido, di 6G anni, a terra in una pozza di sangue. Il medico legale fece risalire la morte del la poveretta — il cui corpo si trovava già in avanzato sta to di decomposizione — al 8 aprile. Il corpo della donna era proprio davanti all'ingresso, con II capo appoggiato ad un angolo del corridoio e la nuca squarciata da una vasta ferita che con ogni probabl lità era stata prodotta dallo schienale di una sedia del sa lotto, trovata imbrattata di sangue. Dall'appartamento erano scomparsi oggetti d'oro d#l valore di poche migliala di lire. I sospetti si appuntarono sull'inquilino della Galdo, Maria Salvi, quando i carabinieri fro varono una ricevuta d'affitto intestata appunto alla Salvi la cui data era stata vlslbllmen te corretta dal 6 aprile al G marzo. Gli inquirenti riten nero che tale contraffazione fosse un ingenuo tentativo da parte della donna, che avevo cosi voluto evitare che si potesse provare la sua presema nell'appartamento della Gaido proprio il giorno del delitto. E la Salvi venne così rinviata a giudizio sotto la pesante aocusa di omicidio a scopo di rapina. In carcere, la donna cercò di salvarsi accusando più persone fra cui una cugina della vittima. Ermanna Fumagalli, una signora pensionata delle Poste che viveva abitualmen te a Monza. Secondo l'imputata, la Fumagalli si sarebbe recata la sera del 6 nella casa della Gaido. Quando uscì e si accorse che la Salvi l'aveva notata, la donna l'avrebbe affrontata facendole giurare, pena io morte di lei e dei suoi figli, di non rivelare a nessuno quel particolare Mentre era in attesa del processo, l'imputata dovette affrontare un altro procedimento per un fatto accaduto un anno prima. Nell'agosto del 1958, infatti, la più giovane delle sue figlie (ne aveva otto), Anna, di H anni, si recò da un droghiere per acquistare dello euoohero. Poco dopo la giovane fece ritorno a aasa piangente e raccontando di essere stata portata dall'uomo nella retrobottega, dove sarebbe stata fatto oggetto di atti contro la morale. Venuto a sapere il fatto, la donna si presentò dal droghiere ottenendo infine un assegno di mezzo milione di lire in cambio del suo silenzio. Pochi giorni dopo, però, la Salvi ritornò ahiedendo altri soldi. Il droghiere rifiutò e la Salvi mise in atto la sua minaocia recandosi dai carabinieri. Sennonché, nel corso delle indagini venne alla luce anche il tentativo di estorsione messo in atto dalla donna, per cui venne rinviata a giudicio as- sterne all'uomo. Entrambi ven nero condannati ad un anno ciascuno di carcere. Nel maggio del 1960 si svol se ad Imperia il processo di primo grado per l'uccisione della Gaido. Maria Salvi si difese cercando ancora di attaccare la Fumagalli. I giudi ci, comunque, non le credettero condannandola a 25 anni di carcere. Nel processo di Appello la Salvi venne invece riconosciuta colpevole di omicidio preterintenzionale e fur- to, reati che le costarono rispettivamente 16 e S anni di carcere. .4 distanza di sette anni il figlio di Maria Salvi si è ora rifatto vivo con una lettera al giornale sanremese. La sua speranza è quella di poter ottenere la liberazione della madre, che egli assicura essere completamente innocente. e. b. Maria Salvi ved. Pesce in Assise all'epoca del processo

Persone citate: Eco, Ermanna Fumagalli, Fumagalli, Gaido, Galdo, Maria Salvi

Luoghi citati: Germania, Imperia, Monza, Sanremo