L'antica commedia picaresca trionfa con «Pedro de Urdemalas»

L'antica commedia picaresca trionfa con «Pedro de Urdemalas» Aperta la stagione classica a il9 Olimpica di Vicenza L'antica commedia picaresca trionfa con «Pedro de Urdemalas» La vicenda del simpatico furfante è stata narrata dal Cervantes con un vivace gusto dell'umorismo ed una indiscutibile efficacia spettacolare - Il regista, Attilio Colonnello, ha inserito nel lavoro danze e canti ottenendo una festosa accoglienza di pubblico (Dal nostro inviato speciale) [trVlcen/.a, 9 settembre. | g(a. hi.) Mai come in questi Iagiorni, Vicenza è piena di I danimazione e affollata di visitatori. Nel susseguirsi delle mostre, delle fiere, dei congressi, delle manifestazioni di ogni genere, le rappresentazioni classiche del Teatro Olimpico offrono un rifugio tranquillo a chi voglia sottrarsi, appunto, per qualche ora, al tumulto cittadino. E poiché di solito si danno antichi autori, il contrasto con la modernità, che preme ai cancelli dell'Olimpico, è ancora più curioso e saporito. Le rappresentazioni del celebre teatro del Palladio, inaugurato nel 1585 con l'Edipo re sofocleo, hanno una tradizione plurisecolare. In questo dopoguerra sono ormai diciotto anni che puntualmente si ripetono con un cartellone che quasi sempre comprende opere raramente eseguite. Pedro de Urdemalas del Cervantes, che stasera ha inaugurato il ciclo, non era mai stato rappresentato in Italia prima d'ora; / persiani, che andranno in scena il 17 settembre sotto la guida del regista greco Rondiris, è una delle tragedie di Eschilo meno frequenti sui nostri palcoscenici; il Ruy Blas di Victor Hugo, infine, in programma per la sera del 23 settembre, costituisce una ghiotta primizia di uno spettacolo che Arnoldo Foà intende poi portare in tutta la penisola. Si è cominciato con il Cervantes. Fra le numerose commedie che l'autore del Don Chisciotte scrisse, Pedro de Urdemalas è forse la migliore, certo la più interessante delle poche che ci sono rima ste. Essa potrebbe rivaleggiare con il flore della produzione teatrale cervantesca, che sono gli «Intermezzi». Pubblicata nel 1615, un anno prima che lo scrittore morisse, con una prefazione in cui il Cervantes tidpnfatalahtogtecoluvafidsenzicdchndipsu«edapdlitangduugdptepcolae trqptrmc [traccia la storia del teatro spa| gnolo e, con rammarico misto Iatl orgogli", accenna al suo I declino come autore dramma- Hzdfìtico, la commedia è composta ! tdi scene di vita e di gusto picareschi che trovano unità nella figura del protagonista. Pedro è un simpatico furfante, come se ne incontrano tanti nella letteratura spagnola. Cresciuto come trovatello, ha fatto ogni mestiere. E' stato marinaio, mendicante, tagliaborse, venditore ambulante. Ha ' servito gentiluomini, commercianti, biscazzieri. E' lui stesso a raccontare la sua vita turbinosa quando sembra aver trovato da sistemarsi definitivamente come factotum di uno sciocco alcalde di paese, per conto del quale amministra estrosamente la giustizia e alle figlie del quale procura il marito che esse desiderano. Ma Pedro — e qui ha qualche tratto donchisciottesco — non si appaga delie sue condizioni. Una chiromante gli ha predetto che nel corso della sua esistenza diventerà anche «re, frate, papa, saltimbanco», ed eccolo, nella speranza di affrettare il compimento della profezia, unirsi ad una tribù di gitani e innamorarsi di Belica, una zingarella che fantastica anch'essa su un avvenire regale. L'amore non toglie tuttavia a Pedro il gusto dell'intrigo e della beffa. Con un saio da pellegrino, induce una ricca vedova a consegnargli il gruzzolo per riscattare dal Purgatorio le anime dei parenti di quella. Con un mantello da studente, e allegre panzane, riesce a derubare un contadino di due grasse pollastre. Siamo ormai nel terzo atto e le avventure di Pedro potrebbero continuare chissà quanto se la commedia non prendesse una svolta con l'en trata in scena di una corte immaginaria. Un re si , incapriccia di Belica, una regina ne è gelosa. A torto, poiché si sco pre che la zingara è la sua nipote. Le fantasie di Belica diventano una realtà, ma anche quelle di Pedro che, nel mestiere dell'attore, trova quel lo che più s'addice alla sua proteiforme natura: «Diven terò patriarca, pontefice e im peratore — esclama gioiosa mente, poiché chi è attore può essere tutto ». E con l'arrivo del capocomico, la vicenda si conclude in un « teatro nel teatro » che, anche senza i precorrimenti pirandelliani, che si potrebbero ravvisarvi, è un espediente garbato, ma non nuovo neppure ai tempi del Cervantes, per togliere la commedia dalle secche della convenzione su cui stava per arenarsi. Come si vede, non scarseggiano in Pedro de Urdemalas le tentazioni e le occasioni di fare spettacolo. Il regista, Attilio Colonnello, che ha anche tradotto e liberamente adattato il testo, non le ha evitate. rmacseptsilcslegtqgcl'zrsLsLvMddriadnttIcsfsCasdEimiMtntasdnlsdcIIddf Ha inserito nella rappresentazione danze e canti (musiche di Roberto Hazon e coreografìa di Giuliana Barabaschi), ha tratto profitto dai costumi di Maria Letizia Amadei, ha portato sulla scena asini e pennuti, ha ampliata e trasformata la parte del capocomico fino ad adombrare in essa lo stesso Cervantes. La mancanza, davvero stravagante e inopinata, di una prova generale e l'ora tarda in cui è finito Io spettacolo, che sarà replicato domani e dopodomani, non consentono onestamente dì di¬ re se i risultati hanno corrisposto alle intenzioni. Ma è doveroso registrare le festose accoglienze del pubblico e ricordare i nomi dei principali interpreti, alcuni dei quali di indubitato valore: Alberto Bonuccì, nella parte del protagonista, Ernesto Calindri, in lineila dell'autore, Paola Borboni (la vedova), Gino Cavalieri (l'alcalde), Franco Graziosi e Marisa Solinas (gli zingari), Edda Valente e Checco Rissone (la regina e il re), con molti altri, hanno contribuito al lieto esito della serata.

Luoghi citati: Belica, Italia, Vicenza