Storia di Montefiorino repubblica partigiana di Arrigo Benedetti

Storia di Montefiorino repubblica partigiana Storia di Montefiorino repubblica partigiana E' difficile dare l'idea delle buone intenzioni d'allora. I reduci dalla Grecia, dalla Jugoslavia, perfino quelli rari scampati alla Russia, anche se durante le sofferenze della ritirata avevano nutrito propositi di vendetta, appena tornati a casa scoprivano d'avere solo un desiderio: vivere in pace. Tutto finito, l'Italia come più non esistesse. Sprofondavano negli affetti familiari, si lasciavano cogliere dall'accidia. In seguito, bastò un incontro con ex prigionieri di guerra angloamericani o russi, la vista d'un manifesto neofascista, e le passioni tornarono a essere vive. Talvolta, uomini indifferenti, che in vita loro erano stati capaci d'eccitarsi solo con gli artifici della propaganda, capirono che la guerra non era finita, e che continuava in un modo diverso. Nell'autunno del 1943, l'ipotesi d'una guerra partigiana sui monti di Modena o di Reggio restava tuttavia assurda. Non siamo croati, ucraini, e neanche greci, si sentiva dire con un'ironia che celava appena il disgusto che ogni italiano, in quei giorni, nonostante la felicità prodotta dall'armistizio, aveva di se. Invece, non soltanto la guerra non era finita ma ne cominciava una nuova. Le passioni cancellarono presto la stanchezza, l'alacrità che ne derivava fece ritrovare il desiderio di vendetta che i combattenti avevano covato durante lo sfasciamento dell'esercito. Si tornava a vagheggiare l'idea dell'Italia, della patria, e non sembrava più ridicolo il sogno d'un paese rinnovato, semplice, onesto, d'una guerra da combattersi senza secondi fini, disinteressatamente. Fino a quale punto i proponimenti dell'autunno 1943 resistettero alla realtà? Non sempre, negli studi sulla Resistenza, si è cercato di rispondere, e o si è data una risposta coraggiosa. Ermanno Gorricri, col suo La repubblica di Montefiorino (« 11 Mulino », Bologna) cerca di darla, sforzandosi d'essere oggettivo, —' afferma — sebbene tentativi come il suo siano causa inevitabile di polemiche, di precisazioni. Una verità storica non sarà mai raggiunta, o ravvicinata, senza contrasti. ^ Montefiorino è una rocca su un colle che può considerarsi propaggine appenninica, tra la valle del Secchia e del Dragone. Nella montagna modenese, fino a vent'anni fa il comune era noto soltanto come tappa obbligatoria delle corriere che risalivano verso l'Abetone o le Ra " :i. Oggi Montefiorino è l'emblema di una guerra partigiana combattuta con durezza e tuttavia con propositi costruttivi. In torno alla Rocca, esteso più del territorio comunale, si co stituì infatti, tra la primavera e l'estate del 1944, un piccolo Stato, simile a quello della Valdossola, senza però avere alle spalle nessun paese neutrale. Intorno alla nuova repubblica, era il fantomatico Stato della repubblica di Salò, con i reparti della Guardia Repubblicana e della X Mas, e, soprattutto, con le divisioni della Wehrmacht e delle SS. E il piccolo Stato, di cui la maggior parte degli italiani non hanno quasi mai sentito parlare, non fu soltanto un rifugio per i perseguitati politici; anzi, ebbe una notevole importanza militare, come prova del resto la durezza della reazione tedesca verso la fine di luglio. E' un insieme di casi poco noti, sebbene ricchi di motivi, romanzeschi. Al centro della grande sollevazione emiliana, durata più di diciannove mesi, stanno / i sette fratelli Cervi, fucilati subito dopo il Natale del '43, ma non vanno dimenticati i campioni della montagna: Norma, Barbolini, Emilio, Davide, Armando, un operaio che, nella guerra di montagna, rivelò qualità strategiche riconosciute dagli stessi alleati. Mario Ricci, « Armando », comandante l'armata appenni nica di Montefiorino, appartiene a una specie di rivoluzionari che non esiste più. Elementi marxisti furono certo importanti e decisivi nella sua formazione, nella quale prevale tuttavia l'idea eccitante della rivolta degli uomini contro i potenti. Fuoruscito in Fran eia, volontario nelle brigate in tcrnazionali spagnole, dopo l'armistizio torna a Pavullo nel Frignano, dov'era nato, e non s'abbandona all'.accidia. I fini che i fondatori della repubblica di Montefiorino si proponevano erano tanti. Piaceva ripulire la montagna e consolidarne la libertà, in una zona libera in cui affluissero dalla pianura emiliana, coloro che tentassero di sottrarsi ai rastrellamenti; si vagheggiava di prendere i tedeschi alle spalle quando cominciasse la grande ritirata, e in tale senso si domandava agli alleati di paracadutare non solo armi ma anche reparti; e, soprattutto, s'intendeva mettere ordine. La guerra partigiana è una guerra civile, e nelle guerre civili si trovano a combattere dalla stessa parte gente d'origine diversa. C'è sempre qualcuno che ha l'aria di voler profittare dell'occasione. Armando se ne rendeva conto; Davide (l'avvocato Osvaldo Poppi) condivideva questo ideale d'ordine: di qui la loro severità, nei confronti degli stessi partigiani. Corrieri, sindacalista catto"ico, deputato democristiano nella terza legislatura, ex ufficiale degli Alpini, accettava certo questi ideali. Allora le differenze politiche contavano meno, anche se ogni partito mirava, fin da quei tempi, alla propria egemonia; perciò la collaborazione diventava, se non facile, possibile. I cattolici combattevano coraggiosamente come gli altri, anche se meno numerosi; avevano quasi gli stessi ideali sociali, per cui non può certo affermarsi che Armando abbia visto malvolentieri la formazione delle Brigate Italia. 11 punto delicato, dopo vent'anni, non si riferisce alle relazioni politiche, ma si concentra nella domanda che Gorrieri sembra porsi con decisione: E' arrivato il momento di dire tutta la verità? La guerra partigiana fu dura; i propositi delle prime set timane, quando i reduci'e giovani mai stati alle armi di cevano di volere iniziare una guerra durante la quale non sarebbero state commesse in giustizie, venivano per forza di cose messi da parte. Resta vano un ideale sottinteso; però intorno bruciavano i villaggi, visione che eccitava uomini nei quali, fin dal disastro greco, dalla ritirata dalla Jugoslavia e dall'Urss, covava una buona dose d'odio. In questo senso, Gorricri dà un contributo alla verità, sebbene non si debbano mai dimenticare le sue origini ideologiche. La sua documentazione è opportuna. Perché negare che abbiamo vissuto una tragedia? imiilllliillllllillllinilllllMillilimillllllllllllMl Ci si domanda, infine, che sarebbe il Placido Don se Scioocov, che pure scriveva nella Russia staliniana, dov'era ammessa solo l'agiografia, avesse tentato di raddolcire le tinte. Sì, non dobbiamo negarlo: nel punto più ameno dell'Appennino, tra il Cimonc c il Cusna, tra popolazioni miti, la guerra civile si sviluppò con la sua coerenza aspra. Assunse, cioè, caratteri che possono addolorare chi li ricorda, che vanno discussi, a patto di non dimenticare mai che in un'Italia così frequentemente disposta alla commedia, lassù, ai tempi della repubblica di Montefiorino, si ebbe un momento d'indubbia serietà. Arrigo Benedetti

Persone citate: Barbolini, Cervi, Corrieri, Ermanno Gorricri, Gorrieri, Mario Ricci, Osvaldo Poppi, Rocca