Il «cloramfenicolo», un farmaco capace di salvare molte vite

Il «cloramfenicolo», un farmaco capace di salvare molte vite Dopo il recenta congresso di IiOMitlra Il «cloramfenicolo», un farmaco capace di salvare molte vite E' un antibiotico scopèrto nel 1947 - In pochi giorni stronca la febbre tifoide ed è utile contro parecchie infezioni da stafilococco - Non documentata, almeno in Europa, un'azione tossica del « cloramf enicolo » sul midollo osseo In un recentissimo Congresso italo-britannico, tenutosi a Londra ed al quale ho avuto l'onore di essere invitato a partecipare attivamente, un posto di primo piano è stato tenuto dal cloramfenicolo, antibiotico che ha ormai quasi vent'anni di vita (essendo stato scoperto nel 1947) e che da quindici anni è largamente usato in varie malattie infettive e rappresenta un'arma insostituibile nella cura della febbre tifoide. Quali sono stati i motivi per riportare alla. ribalta questo farmaco già così universalmente noto e già quasi « antico » nel continuo rinnovarsi della antibioticoterapia? Il motivo fondamentale è stato certamente quello di un lento, ma sicuro ricredersi dei medici anglosassoni sui presunti pericoli che la somministrazione di questo antibiotico presenterebbe e che ne hanno per tanti anni limitato di molto l'uso, sia in Nord America sia in Gran Bretagna: di modo che l'incontro con i colleghi italiani, che mai hanno voluto sopravvalutare questi pericoli e che del farmaco hanno fatto largo ed incondizionato uso, deve essere indubbiamente servito a cancellare vieppiù i timori, convincendo che i vantaggi del farmaco stesso superano di gran lunga i minimi rischi, i quali sono inferiori a quelli di tantissimi altri medicamenti di largo impiego, quali ad esempio i sulfamidici o la penicillina. Enumeriamo infatti i pregi ed i pericoli del cloramfenicolo e vedremo facilmente da quale parte penda la bilancia. Il cloramfenicolo è insostituibile, abbian detto, nella cura della febbre tifoide: il tifoso, che eravamo abituati a seguire impotenti per 3-4 settimane di febbre e di stato stuporoso, con i pericoli incombenti della perforazione intestinale o delle emorragie infrenabili, guarisce in pochi giorni di trattamento cloramfenicolico ben condotto, si sveglia rapidamente dal suo torpore e ritorna normale in tutte le sue funzioni. Altre malattie, quali la temibile rickettsiosi, trasmesse da pidocchi, zecche ecc. (tifo esantematico, febbre bottonosa ecc.) trovano nel cloramfenicolo una potentissima arma terapeutica, capace di guarire forme che un tempo erano spesso destinate all'esito letale. Molte meningiti — e non solo la forma epidemica da meningococco, curabile anche con i sulfamidici o la penicillina, ma anche le forme da pneumococco o dal cosiddetto emonio influenzale — guariscono con il trattamento cloramfenicolico. E così la pertosse, di cui mi sono già occupato in queste colonne, si avvantaggia notevolmente dal suo impiego; e se ne avvantaggiano molte infezioni polmonari e pleuriche, e molte infezioni dell'orecchio medio dovute a quel germe così mutevole nella sua resistenza ai medicamenti che è lo stafilococco, il quale appare ancora sensibile, almeno nell'80 % dei casi, al cloramfenicolo; e così se ne avvantaggiano molte enteriti e appendiciti e peritoniti. Al Congresso di Londra noi abbiamo potuto portare una casistica pediatrica di oltre 2500 casi trattati negli ultimi 15 anni con successo con il cloramfenicolo nei reparti clinici ed ospedalieri dell'Istituto Giannina Gaslini di Genova; ed il prof. Staudacher di Milano ne ha portata una di 12 mila casi chirurgici altrettanto favorevoli; mentre una casistica selezionata di ascessi polmonari curati con instillazione diretta del farmaco per via endotracheale è stata portata dal prof. Stefanini di Roma. Di fronte a questi successi, quali sono i pericoli? Una « reazione tossica » al farmaco, oggi evitabile, è quella che si osservava agli inizi della terapia della febbre tifoide, quando, nell'intento di determinare una «sterilizzazione» la più rapida possibile dai bacilli del tifo, si usavano dosi enormi dell'antibiotico, producendo così in realtà la distruzione immediata di tutti i germi, ma a prezzo della liberazione delle tossine in essi contenute, e con il risultato quindi di intossicazione grave dell'organismo con quadri di collasso anche mortale; le dosi moderate che oggi si usano, ammaestrati da quella triste esperienza, sono invece certamente del tutto innocue. Un secondo pericolo, anch'esso oggi facilmente evitabile, è quello della cosiddetta « sindrome grigia » che si osserva quando si danno delle dosi normali di cloramfenicolo nel neonato dei primi giorni di vita, o nel prematuro : la « immaturità » o per così dire la impreparazione dei meccanismi normali di « neutralizzazione » o di svelenamento ed eliminazione dei farmaci in questa età fa sì che anche dosi normali di certi medicamenti vengano ad essere tossiche, per l'accumulo che di essi avviene nel sangue; è sufficiente peraltro ridurre le normali dosi a metà nel neonato e ad un quarto (o anche meno) nel prematuro per avere ugualmente l'effetto benefico del farmaco senza alcun pericolo di tossicità. Infine il maggiore pericolo, o per meglio dire, quello più paventato dagli autori anglosassoni, e che ha tenuto sinora il cloramfenicolo un po' al bando, è il pericolo di « agranulocitosi » ed « anemie aplastiche», ossia di un arresto nella produzione di globuli bianchi o di tutte le cellule del sangue, ciò che ha valso al farmaco l'accusa di tossicità per il midollo osseo (che delle cellule sanguigne è la fabbrica). Orbene è interessante il ricordare come, mentre in effetti alcuni casi del genere ( in real-1 tà eccezionali per rarità) siano stati osservati in America, a ciò non corrisponda l'equivalente in Europa, dove vengono consumate tonnellate del farmaco; e come ricerche della Scuola ematologica di Pavia (comunicate anche a Londra) dimostrino l'inesistenza pratica di una tale azione tossica sul midollo: appare quindi pensabile che nel determinismo di questi rarissimi casi di aplasia entri in giuoco anche qualche fatto¬ re razziale. D'altra parte nella stessa America esistono documentazioni di una somministrazione di cloramfenicolo protratta per anni (per esempio in quella malattia grave che è la fibrosi cistica del pancreas con bronchiettasie) senza alcun incidente. Dobbiamo quindi conclu¬ dere che il cloramfenicolo è un farmaco prezioso, capace di salvare molte vite, e dai pericoli praticamente inesistenti o perlomeno inferiori a quelli di tanti altri farmaci di larghissimo impiego. prof. Paolo Tolentino Ordinario di Malattie Infettive nell'Università di Genova

Persone citate: Paolo Tolentino, Staudacher, Stefanini