Le due anime del clero spagnolo di Giovanni Giovannini

Le due anime del clero spagnolo UN PAESE ALLA RICERCA DEL BENESSERE Le due anime del clero spagnolo La Chiesa, sia come guida spirituale sia come gerarchia, mantiene una parte insostituibile nella vita politica • Ma da qualche tempo si è aperta una frattura sempre più. pronunciata: da una parte i religiosi «giovani», progressisti (come i baschi) che si trovano a diretto contatto con la popolazione, ne conoscono aspirazioni e desideri, sono favorevoli ad una pluralità di partiti e ad una dinamica vita sindacale - Dall'altra i prelati di maggior prestigio, legati alle passate tradizioni, fermi in un mondo che si trasforma con rapidità paurosa • Il «motu proprio» di Paolo VI, che invita i vescovi e parroci di oltre 75 anni a rinunciare ai loro incarichi, ha avuto l'effetto di un colpo di fulmine - Molti presuli accetteranno, altri cercheranno di rinviare la scadenza - Certo è, soltanto, che la Chiesa non si identifica a nessun regime (Dal nostro inviato speciale) Madrid, agosto. Dichiarano formalmente i comunisti: « La Chiesa non si identifica più col regirne ». Gli ultimi difensori del Movimento approvano e rincarano polemicamente la dose: « I comunisti spagnoli si dividono in tre gruppi, chinos, prochirios y capuchinos, cinesi, procinesi e cappuccini ». E con i seguaci di San Francesco, i governativi intendono naturalmente accomunare nell'accusa di sovversivismo gli appartenenti a tutti gli altri ordini, dai gesuiti delle « avanguardie operale » e della denunciata Voz del Trabajo ai benedettini dell'abbazia di Montserrat e della sequestrata Serra d'Or, e con essi, in genere, i preti giovani d'età o di idee. Da sinistra e da destra, si concorda dunque in un giudizio che trova del resto conferma nelle cronache quotidiane. Ai preti baschi, arroccati da sempre in posizioni di netta ostilità, si sono aggiunti i catalani che in maggio a Barcellona hanno affrontato in corteo gli assalti, gli insulti, le bastonate della polizia, per protestare contro i maltrattamenti inflitti agli universitari in agitazione (e contro la nomina di un nuovo arcivescovo di un'altra provincia designato a reggere in futuro questa diocesi dalle costanti aspirazioni autonomistiche). E già un mese prima, i cappuccini si erano opposti per una settimana all'irruzione della polizia nel loro convento catalano dt Sarria dove era in corso un convegno di studenti. Il conflitto è particolarmente aspro ed aperto nel Paesi Baschi ed In Catalogna dove agli altri motivi d'i contrasto si aggiunge quello regionalistico, ma investe ormai ogni altra parte di Spagna. Preti e religiosi « giovani » sono dovunque si levi l'Invocazione ad un più rapido processo di liberalizzazione, nelle università, nelle campagne, nelle fabbriche. Ispirata da loro, l'Azione Cattolica in tutti i suoi sottogruppi è diventata la maggior forza (inevitabilmente politlea) che oggi prema per la trasformazione del sistema attuale, per l'avvento e la preparazione di un nuovo ordine. Il grosso del clero è ormai su queste posizioni. Ed intende distinguersi anche nell'aspetto esteriore come dimostra un episodio di queste settimane, frivolo solo in apparenza: concessa dall'alto l'autorizzazione a vestire il moderno clergyman, migliaia di preti attendono impazienti dai sarti subissati dal lavoro la consegna di giacche e pantaloni. La sottana è ripudiata, si avvia fuori dai luoghi sacri alla scomparsa come in nessun altro paese cattolico: ma non in tutta la Spagna. Il clergyman rimarrà ad esemplo proibito ad Avila per ordine di quello stesso vescovato che fino a ieri si era opposto anche alla costruzione di « luoghi moralmente poco raccomandabili» come le pubbliche piscine. Basta forse anche un caso modesto come questo a far riflettere sulla piena validità di un giudizio, anche se condiviso dall'estrema destra e sinistra, di una Chiesa ormai staccata o addirittura in rivolta contro il regime. Ai rappresentanti dell'Azione Cattolica, per passare a fatti più gravi, che riuniti il mese scorso all'Escoriai si pronunciavano per un nuovo impegno politico più consono allo spirito conciliare, l'Episcopato replicava con l'interdizione a tenere il congresso nazionale, con un duro richiamo alla obbedienza. Mai con tanta drammatica evidenza come negli ultimi mesi è affiorato il travaglio della Chiesa spagnola, si è rivelata la rottura interna tra i vecchi esponenti ed i giovani membri del clero con l quali risultano schierati i laici più attivi. L'intimo, splendido numero della rivista cattolica Aun, è un solo disperato e rispettoso appello agli oblspos, ai vescovi di Spagna, affinché nello spirito conciliare tra la gerarchia ed l fedeli si ristabilisca un dialogo che oggi si è ridotto a niente e senza il quale fosco si annuncia il domani. I vescovi sapranno ascoltaret Le speranze del molti articolisti di Aun sembrano velate dal dubbio: è forse tra gli oblspos dt Spagna che più ci si è mostrati sordi alla voce del Concilio. Il vecchissimo cardinal primate Pia y Daniel, che In altri tempi aveva saputo battersi coraggiosamente per gli interessi della Chiesa, è chiuso sempre più lontanoydal mondo nel suo palazzo di Toledo; alla presidenza della conferenza episcopale, si attendeva II cardinale Bueno Monreal che dal suo arcivescovato di Siviglia aveva spesso tuonato contro le arcaiche strutture sociali della campagna andalusa, ed è stato invece eletto il cardinale Qulroga, arcivescovo di Santiago, notoriamente tra i più legati al presente o al passato. Se ne sono visti subito gli effetti nei confronti, ad esempio, dell'Azione Cattolica. Non è questione di qualche nome soltanto. Su settantacinque vescovi, solo quattordici sono stati eletti dopo il 1960 (a voler prendere questo anno come l'inizio di una molto relativa « liberalizzazione »), e quattordici — non necessariamente, ma probabilmente gli stessi — formano, secondo Aun, la minoranza progressiva. Tra gli altri, trentuno hanno ricevuto mitria e pastorale negli anni atroci e lontani della guerra. E tutti, in ultima analisi, sono stati nominati da Franco. Secondo l'anacronistiao accordo del 'Ifl ratificato dal concordato del '53, dovendosi procedere alla nomina di un vescovo, il governo spagnolo, sentito confidenzialmente il Nunzio apostolico a Madrid, invia alla Santa Sede un elenco con almeno set nomi di candidati a lui graditi tra i quali il Papa ne sceglie tre lasciando al capo dello Stato la designazione finale del preferito. Tralascio le norme per risolvere casi di contrasto in quanto non sembra che finora nella pratica siano mai affiorati. Come già Giovanni XXIII, anche Pàolo VI si è dichiarato ripetutamente contrario all'intromissione dei governi nella nomina dei vescovi e durante e dopo il Concilio ha espresso il desiderio che siano le stesse autorità politiche degli Stati interessati a rinunciare volontariamente ai loro privilegi in materia. E' probabile che questa preghiera sia attualmente ripetuta a Madrid dalla diplomazia vaticana; è certo che il « Caudillo per grazia di Dio », secondo la dicitura delle monete, non è affatto incline ad esaudirla, sia per morivi di prestigio, sia per le conseguenze concrete di ordine politico che risultano chiare da quanto finora si è detto. Per modificare le norme concordatarie sulla scelta dei futuri vescovi, occorrerà pazienza e tempo ma, nell'attesa, è l'Intera gerarchia episcopale dt oggi ad essere chiamata a rinnovarsi. Nessuno del più vecchi presuli spagnoli — nemmeno i due quasi centenari — aveva minimamente pensato che si riferisse anche a lui il decreto del Vaticano II nel quale <i vescovi sono vivamente pregati di dare le loro dimissioni se a causa, della loro età avanzata o per qualsiasi altro motivo grave siano meno in grado di assolvere alla loro missione ». Dal 12 di questo agosto 1966, ogni possibilità di equivoco è scomparsa: neli'Ecclesiae Sanctae, Paolo VI ha invitato vescovi e parroci a rinunciare ai loro incarichi non oltre il settantacinquesimo anno. In un paese come la Spagna, dove le ripercussioni del! provvedimento non possono non essere anche politiche, il « motu proprio » papaZe ha destato un'emozione inimmaginabile in Italia o altrove. Da due settimane, nelle sacrestie come nelle fabbriche o nel caffè, c'è gente che fa tabelle, calcoli, pronostici: su settantacinque vescovi, ventuno o ventidue hanno superato il limite del settantacinque anni (e dodici quello degli ottanta); quasi un terzo delle diocesi dovrebbe cambiare titolare; malgrado il concordato, i « progressisti » sarebbero destinati a passare in maggioranza nella conferenza episcopale. Tra le chiacchiere da caffè ed i fatti concreti, il passo pub essere ancora lungo: dei vescovi toccati dall'JScclesiae Sanctae, qualcuno ascolterà subito la voce di Roma ma altri sicuramente temporeggeranno e non mancherà forse chi opporrà aperta resistenza; non mancano precedenti di orgogliosa caparbietà nella storia del clero di Spagna. La responsabilità dei renitenti sarebbe ovviamente enorme per l'approfondimento del distacco tra i pastori ed il gregge in un momento in cui cominciano a decidersi le sorti future del paese. Nessuno chiede al vescovi di trasformarsi in agitatori politici, si pretende anzi che non lo siano, che meditino — ricorda la rivista Aun — sul dettato della costituzione conciliare Gaudium et Spes: <La Chiesa non si identifica con nessun regime». Giovanni Giovannini

Persone citate: Avila, Bueno Monreal, Giovanni Xxiii, Montserrat, Paolo Vi