Il presidente della Sardegna parla della tragica ondata di banditismo di Giuseppe Fiori

Il presidente della Sardegna parla della tragica ondata di banditismo Un problema che assume proporzioni allarmanti Il presidente della Sardegna parla della tragica ondata di banditismo La nuova società industriale — dice il dott. Dettori — suscita aspirazioni che un'agricoltura arretrata di secoli non può soddisfare ■ Il duro conflitto di queste due forme di economia provoca l'esplosione di criminalità ■ Un tempo i banditi si accontentavano del furto di bestiame, adesso preferiscono i sequestri di persona, le rapine perché rendono di più - I rimedi? Innanzitutto accelerare lo sviluppo dell'isola, poi creare efficaci misure di repressione, infine dislocare meglio le forze dell'ordine (Dal nostro corrispondente) Cagliari, 26 agosto. Giovedì venturo, prima ancora che il Consigliò dei ministri esamini il disegno di legge con le nuove misure straordinarie per la repressione del banditismo, il ministro dell'Interno, Taviani, arriverà in Sardegna. Lo riceveranno all'aeroporto di Alghero, fra le altre autorità di polizia, l'ispettore generale Di Stefano e il generale Arista, inviati giorni fa nell'isola per la riorganizzazione del dispositivo di sicurezza. Quindi il ministro avrà, sempre ad Alghero, un approfondito scambio di idee con il presidente della giunta regionale sarda, dottor Paolo Dettori. Già in altre occasioni (l'ultima il 10 agosto) il ministro dell'Interno e il presidente della Regione sarda avevano discusso insieme il problema del banditismo. Lo schema di legge che sarà proposto dal governo all'approvazione delle Camere nasce anche, alme- no in parte, dalle sollecitazioni e dai suggerimenti dell'Amministrazione regionale. E' convinzione del presidente Dettori che la lotta al banditismo, esploso questa estate in forme nuove rispetto al banditismo tradizionale, esiga, se vuole essere veramente efficace, una legislazione rinnovata e più moderna. Ora il presidente della Regione sarda ha acconsentito a chiarire per i lettori de «La Stampa» 11 suo punto di vista. Paolo Dettori non ha ancora 40 anni. E' un professore di lettere,, impegnatosi fin dal tempo degli studi universitari nell'attività politica- Già assessore all'istruzione e al lavoro e poi all'agricoltura, conosce dunque a fondo tre elementi di base della realtà sarda di oggi: lo stato di arretratezza culturale di una parte della società isolana, il dramma dell'emigrazione e i pesanti squilibri interni di quella che continua ad essere l'attività prevalente dei sardi, la zootecnia. Intanto — osserva Dettori — i gravi episodi briganteschi di questa estate forniscono un primo motivo di riflessione. I più allarmanti non sono avvenuti nei centri tradizionali del banditismo. Ecco, a maggio, il rapimento dell'ing. Francesco Palazzini a Olbia, città tra le più tranquille dell'isola. E c'è un'ondata di estorsioni non sempre denunciate, nell'Ozierese. Poi cade ucciso un possidente a Nughedu San Nicolò. Ed alle porte di Sassari è vittima di una imboscata il giovane agricoltore Gianuario Mangatia. Cioè i banditi agiscono al di fuori delle aree solite, spingendosi nel Sassarese, dove mai si erano conosciuti episodi di banditismo. Oppure si spingono verso l'Oristanese, in provincia di Cagliari: Ne sono tragica testimonianza i quattro pastori uccisi nel giro di un paio di settimane alle pendici del monte Grighina, e l'ultimo efferato delitto a Santulussurgiu. Quale è il senso di questa espansione del banditismo, o meglio di questa nuova infestazione di luoghi una volta immuni, mentre in corrispondenza il fenomeno criminale decresce nei centri che in passato conobbero drammatici bagni di sangue, come Orgosolo, Mamoiada, Sedilo? H presidente Dettori non ha dubbi. « La realtà sarda ■ dice — non è un tutto uno organico e livellato. Alcune zone del Sassarese e del Cagliaritano si sono data un'agricoltura progredita, vi nascono industrie, qualcosa di nuovo avviene. Nelle zone interne, invece, sopravvivono sistemi di produzione, e quindi concezioni di vita, arcaici. Prendiamo la Barbagia. In generale si può dire che le sue strutture economiche sono mudate di poco da secoli fa. Vi prevale la pastorizia nomade, che è povera e basta appena per un regime di sussistenza. Il banditismo classico era strettamente legato al furto di bestiame, perché allora la società pastorale aveva aspirazioni circoscritte ed i proventi dell'abigeato erano sufficienti a soddisfarle. Oggi di nuovo c'è questo: che si continua a vivere nei modi e con risorse povere della so¬ cietà contadina, la quale ha però adesso davanti a sé come modello cui confrontarsi e ispirarsi la società industriale, molto più evoluta e ricca. Cioè la società industriale suscita aspirazioni nuove, che una economia agricola arretrata non può soddisfare; dalla innaturale coesistenza di queste due economie, una arcaica e l'altra moderna, nasce una condizione di conflitto, il cui sbocco estremo è il banditismo ». « / banditi di oggi — prosegue Dettori — possono ancora dedicarsi all'abigeato come quelli di una volta, ma soprattutto vanno a caccia di molti denari; e naturalmente i denari li cercano dove ci sono, nell'Ozierese o nel Campidano, e non certo in Barbagia. Di qui le forme nuove della criminalità: meno furti di bestiame e più estorsioni, più assalti stradali, più sequestri a fine di lucro. Si registra una flessione del banditismo nei centri tradizionali, e in coincidenza la criminalità esplode in zone di agricoltura progredita, o dove, come a Olbia, è in fase di avvio il processo di industrializzazione ». Questa è la diagnosi: quali i rimedi? Dettori ha già visto il disegno di legge che l'on. Taviani porterà al Con¬ siglio dei ministri, ma ragioni evidenti lo inducono a non pronunciarsi ora sulle misure progettate. E' comunque esplicito nel sostenere l'esigenza, ripetiamo le sue parole, di « una legislazione rinnovata e più moderna ». « Sarebbero anche da rivedere — afferma — t criteri di impiego delle forze dell'ordine. Carabinieri e polizia erano concentrati a presidio deUe strade del Nuorese, e uno squadrone di carabinieri a cavallo sta ancora in permanenza nella zona Sedilo-Ghilarza-Abbasanta, per il pronto impiego. Le forme nuove del banditismo, uscito dall'area tradizionale, impongono invece la diffusione del dispositivo di sicurezza: un maggior numero di uomini in tutte le caserme dell'isola, e più uomini mandati a perlustrare le campagne di tutta l'isola». Al presidente della Regione preme tuttavia la considerazione del problema nella sua globalità. « Potremmo correre il rischio — dice — di fermarci al momento repressivo, che naturalmente giudico essenziale, senza anche badare al momento della prevenzione, indispensabile anch'essa ». E qui il discorso torna alle strutture, che vanno radicalmente modificate: finché permarranno le cause, ogni tentativo di soluzione del problema con i soli strumenti della repressione è destinato a produrre frutti effimeri. « Si è anche scritto in questi giorni — dice — che lo Stato è tenuto a garantire in Sardegna l'ordine pubblico, e ha l'obbligo di approntare i mezzi occorrenti, mentre spetta alla Regione bonificare il terreno di coltura del banditismo. Ebbene, deve essere chiaro che la Regione ha, sì, un potere di incidenza nella realtà sociale deU'isola, e da ciò le derivano precise responsabilità, ma non tutto può essere risolto con i soli suoi mezzi, che sono limitati. Il nostro continuo richiamo all'adempimento da parte dello Stato dei suoi obblighi deriva proprio dalla constatazione della nostra impotenza, con i mezzi a disposizione, a fare tutto ». « Fino a quando gli squilibri non saranno eliminati — ha concluso il presidente Dettori —, fino a quando permettere che a faccia a faccia stiano la casa ricca e la spelonca, sarà difficile la vita nella casa ricca per le irruzioni predatorie di chi non si adatta più a vivere nella spelonca». Giuseppe Fiori Paólo Dettoti, presidente della Giunta sarda (Tel.)