Sabin racconta come scoprì l'antipolio e lo esperimentò sulle sue bambine

Sabin racconta come scoprì l'antipolio e lo esperimentò sulle sue bambine Im'AMERICA PROGRAMMA Im'VOMLO EEX. 13VEM1I.A Sabin racconta come scoprì l'antipolio e lo esperimentò sulle sue bambine Il vaccino «vivo e attenuato», poche gocce su una zolletta di zucchero, liberò l'umanità dal tremendo incubo della paralisi infantile - Ora sessantenne, il dott. Sabin è nato in Polonia da famiglia israelitica ed emigrò giovanissimo negli Stati Uniti - Qualche anno fa, tornato in visita al paese natale, non vi trovò nessuno : tutti erano stati uccisi dai tedeschi - La sua vita è trascorsa in silenzio, nel chiuso dei laboratori, fra ricerche e speranze, delusioni e incertezze - Infine la vittoria, e il riconoscimento di tutto il mondo - Non ha voluto brevettare la sua scoperta e vive (800 mila lire al mese) del suo stipendio di professore universitario (Dal nostro inviato speciale) Cincinnati, agosto. Questo è Cincinnati, la seconda città dell'Ohio. Ha più di mezzo milione di abitanti, molte fabbriche di whisky e molte acciaierie, una università, una sala da concerti, e un personaggio impor¬ tante: Albert Bruco Sabin. Il dottor Sabin, il professor Sabin, ha compiuto da poco sessanta anni. Ha trascorso l'infanzia in Polonia ma, dice, « sono americano, proprio come se fossi nato qui ». Ha rivisto, qualche tempo fa, ma senza emozioni, Bya- listok; della gente di allora, degli ebrei, è rimasto soltanto il custode del cimitero; tutti gli altri furono uccisi dai tedeschi. Sulla tempia, Sabin porta ancora il segno di una sassata, tiratagli da un ragazzo « solo perché », spiega con un malinconico sorriso, « ero israelita ». E' un signore riservato, lo si vede in giro molto di rado. Ogni mattina esce di casa (abita in una villetta, alla periferia, tra i boschi, e poco lontano si distendono i grandi prati), sale in macchina, e' si dirige al laboratorio, un silenzioso reparto, al quinto piano dell'ospedale dei bambini. Vi rimane fino a sera: a mezzogiorno fa colazione con gli altri medici e gli infermieri nel piccolo ristorante. Passa la giornata al microscopio, nelle stanze delle cavie, in biblioteca. « Lo studio », dice, « è la mia ricreazione, il mio passatempo ». Non gli piace il lavoro di squadra, preferisce procedere da solo. Ha pochi assistenti, e qualcuno arriva anche dall'estero. Due volte la settimana fa lezione alla facoltà di medicina: è pediatra e virologo. Su di lui c'è una scarsa aneddotica: dicono le note dei biografi che è alto 1,77, capelli bianchi, occhi castani, che è energico, ma di manière dolci, tranquillo e modesto, e il musicista che predilige è Rossini. Durante la guerra è stato ufficiale sul fronte del Pacifico, in Africa, ed è sbarcato a Palermo. Ma le armi non appartengono ai suoi sentimenti, alle sue idee. « L'uomo più potente », dice, « è quello che riesce a trasformare il nemico in un fratello ». Guadagna poco più di ottocentomila lire al mese. Ha ricevuto molti riconoscimenti scientifici e' solo un premio in. denaro: il -Feltrinelli: «Grazie », disse, « questi ■denari mi servono proprio per alcune faccende familiari. Mi sono sposato tardi, e bisogna fare qualche economia per i figli*. E' padre di due ragazzine, Amy e Deborah. Fu su di loro che provò la prima volta il siero antipolio. « Nel 1957 erano ancora piccole », racconta, « così nella mia casa furono fatti I primi esperimenti ». Albert Bruce Sabin è diventato medico nel 1931, e ha cominciato subito gli studi sulla poliomielite, uno dei grandi mali che colpivano i bambini, forse il più terribile. Egli sapeva che i virus dell'infezione erano presenti lungo il cammino del genere umano, ma diventarono preoccupanti solo nel ventesimo secolo, dilagarono prima in Europa, poi si estesero ovunque: due terzi delle vittime non auevano ancora compiuto i sei anni. Bisognava trovare un vaccino che fosse efficace ed innocuo, che desse cioè le massime garanzie di immunizzazione senza far correre al fanciullo alcun rischio. Sabin scoprì che è nell'apparato digerente il terreno nel quale si sviluppa il male, ed era lì che bisognava colpirlo. Quando ebbe raggiunto la valida prova dell'esattezza delle sue osservazioni, quando, usando per le colture reni di scimmia, riuscì a produrre il suo vaccino, che aveva tutte le qualità richieste per affrontare la dura battaglia, scoppiò una forte polemica che divise in due il mondo della scienza Un altro ricercatore americano. Jonas Salk, aveva trovato un rimedio per combattere i poliovirus. Si trattava di tre iniezioni, e il dottor Salk usava per In sua terapia bacilli morti, mentre Albert Sabin metteva nel suo sciroppo virus vivi o attenuati. Salk non proteggeva contro la poliomielite, ma contro le manifestazioni paralizzanti del morbo; Sabin eliminava totalmente il pericolo, e difendeva non solo l'individuo vaccinato ma anche quanti gli stavano attorno. Adesso, ogni anno, a milioni di giovani sotto i vent'anni, viene somministrata la zolletta di zucchero con le due gocce del preparato, ma chi furono i primi uomini che affrontarono il rischio, che ingurgitarono la soluzione che alimentava i microbi, attivi ed efficienti? « Ho cominciato a prenderlo io — risponde Sabin — " alcuni dei miei aiutanti. Il dottor Ramos Alvàrez del Messico, che lavorava allora con me, poi un tecnico negro, Hugh Haydy. Quando diventò evidente che bisognava fare prove più impegnative, più larghe, che non si potevano usare ancora scimpanzè, ci mettemmo a cercare delle persone, che dovevano vivere isolate, e offrirsi Sbontanearriefite. Non sapevamo di preciso quali effetti Ù siero avrebbe provocato. Le abbiamo trovate in un penitenziario, avevano tra i ventuno e i venticinque anni, centinaia di carcerati, e sono stati magnifici, e io ho un senso di gratitudine e di affetto per quei ragazzi, per quello che hanno fatto ». Il dottor Albert Bruce Babin non ha brevettato la sua scoperta, ha rinunciato ad ogni guadagno, l'ha regalata ai bambini del mondo, e continua a vivere del modesto stipendio di professore universitario. «Non volevo, — dice, — che il mio contributo al benessere dell'umanità fosse pagato con della moneta». Il dottor Sabin ha bisogno di poco: il suo laboratorio, la casa, i libri, i dischi, il giardino: «Per me, — dice, — I fiori hanno qualcosa di magico, come la vita ». E' la seconda volta che converso con Sabin, ed è con lui che voglio concludere questo mio viaggio tra i prodigi della medicina americana, perché se desidero IIIUMIIIIIIIIMIIIIIIII Illllllllllllllllll i immaginare una figura di scienziato ideale, il genio deve essere anche umano, deve essere capace, come diceva Wilde. di vivere con semplicità e di pensare con grandezza, allora io ritorno a lui, al piccolo ebreo polacco che in America, leggendo l'affascinante libro di Paul De Kruif, Cacciatori di microbi, scopre la sua vocazione. Gli ho chiesto quali debbono essere le qualità di un ricercatore: « Una enorma curiosità, la tenacia, il persistere, nonostante le amarezze e le delusioni che sono molte, perché per ogni vittoria ci aspettano cento e cento fallimenti, e le scoperte sono il risultato dell'incontro di un uomo non comune con una occasione propizia. Occorre poi una grande onestà: bisogna avere un costante sospetto di se stessi. C'è un motto che mi ripeto spesso: " Ogni volta che scopri qualcosa, e questa scoperta ti sembra troppo bella per essere vera, fermati, e pensa che ci sono altrettante possibilità che vera non lo sia affatto"». D - quattro anni i pensieri, le domande, la curiosità del dottor Sabin hanno un nuovo, inquietante tema: il cancro. «Ho creduto sia utile, prima che io diventi vecchio, — spiega, — cominciare a studiare qualche altra malattia, e dato che uno dei più complessi problemi della indagine medica è riuscire a scoprire se i tumori del corpo umano sono causati da virus, ho pensato che, un virologo quale io sono, che ha avuto una grande esperienza in questo campo, doveva forse dedicarsi a questo soggetto». Il dottor Sabin è un ottimista, ma non crede sarà imminente il giorno in cui ,il cancro verrà debellato. Dei ■microbi che insidiano la nostra vita sappiamo tanto poco, sappiamo poco di questi virus che provocano la malattia e che si comportano in modo del tutto diverso, e si riproducono in maniere sempre differenti, se ne sono classificati forse alcune centinaia e cento sono sol¬ tanto, ad esempio, quelli che provocano il raffreddore, ma nessuno sa quanti ne esistano; se non si riuscirà a stabilire i meccanismi coi quali questi insidiosi organismi attaccano la cellula, non sapremo mai come affrontare i guai che provocano. Adesso siamo in condizione di prevenire gli effetti del morbillo, che non sono per niente da sottovalutare, siamo bene avviati a produrrò un vaccino contro la rosolia, contro la tracheite, la laringite e la bronchite dei ragazzi, e forse anche contro l'epatite virale, ma la storia dei tumori sarà presumibilmente ancora lunga e crudele. «Neppure sappiamo — dice Sabin. — perché alcune cellule si comportano come fuorilegge, non rispettano più le regole, a si espandono irregolarmente dove non dovrebbero. La cause, più o meno remote, sono ancora nascoste nel buio, e nessuno Immagina quando ci saranno rivelate, passeranno forse anni, forse decenni, forse secoli. Ma bisogna lottare, perché fin che c'è qualcosa da fare, si deve resistere, e camminare. Certo noi sappiamo che prima o poi, tutti quanti dobbiamo morire, e c'è chi sostiene che non fa differenza se uno se ne va per un carcinoma ai polmoni, o per la paralisi cardiaca. No, io non sono d'accordo. Non dobbiamo morire in maniera troppo miserabile. Anche per questo, vale la pena di battersi ». ~ - Albert Sabin si china sul microscopio, e ogni tanto solleva gli occhi stanchi per guardare la campagna, le mandrie, dei cavalli che pascolano oltre il fiume, tra l'erba azzurra del Kentucky. E ogni tanto ricorda una frase che il maestro lesse in un libro russo, tanti anni fa, nella piccola scuola di Byalistok. Diceva: «Non cercare un premio, perché tu hai una grande ricompensa su questa terra: la gioia spirituale che. solo il giusto possiede ». Enzo Biagi Albert Bruce Sabin, scopritore del vaccino contro la poliomielite, nel suo studio all'Università di Cincinnati. Il suo « hobby » è la musica e predilige Rossini llllllllllllllllllll MiiiiiniiiiMiiiMiMiiiininniiMiMiiiniiMiFiiiiiiMiiinMiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiipiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiìiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiH