Amori e odî immaginari in un ardito gioco di fantasia
Amori e odî immaginari in un ardito gioco di fantasia «ili serpente» di Luigi Malerba Amori e odî immaginari in un ardito gioco di fantasia Le opere di fantasia pura sono sempre state rare nella narrativa italiana; da vent'anni in qua, poi, sono quasi scomparse del tutto. Forse per questo ha suscitato tanto interesse l'uscita de «:ll serpente» di Luigi Malerba: uno scrittore che, alla sua prima prova con il romanzo, è entrato nelle « rese » dei maggiori premi letterari dell'anno (Strega, Viareggio, Campiello). Il protagonista è un uomo che, dopo una infanzia disagiata in una città di provincia (Parma, la stessa dell'autore), è venuto ad arricchirsi a Roma, con il commercio del francobolli; almeno, secondo quanto egli ci dice. Il personaggio è assai preciso nell'esporre le sue vicende: ma presto ci coglie il sospetto che queste vicende siano il frutto di una sua continua invenzione. Essere asociale, egli immagina una società di suo comodo, per poter giustificare di fronte a se stesso i sentimenti di amore e soprat¬ tutto di odio verso 1 suol simili, di cui bì compiace. Ci parla a lungo di una moglie, che solo più tardi scopriremo inesistente; prima, il personaggio sente 11 bisogno di dichiararci tutta la sua antipatia e il rancore verso questo essere fittizio, che lo obbligherebbe a stabilire un rapporto quotidiano, e necessario, col mondo esterno. Lo stesso vale per gli altri personaggi creati dalla sua immaginazione; 1 clienti del negozio, l'unico amico che egli crede di avere, un certo Baldasseroni, al quale attribuisce tutti i peggiori sentimenti nei suoi riguardi, e da cui si ritiene continuamente tradito. Più complessa la relazione con una ragazza, Miriam, da lui conosciuta in una scuola di canto corale, l'unico ambiente dove egli ritiene di potersi trovare In mezzo ai suoi simili, perché non c'è bisogno della parola. I confini fra l'esistenza reale e immaginaria, in questo caso, diventano ancora più labili, si fondono continuamente. Il commerciante di francobolli parla di lunghi in¬ contri con la ragazza, dice di esserne diventato l'amante. In realtà non sa nulla di lei: indirizzo, famiglia, professione; non conosce neppure il suo nome vero. Un giorno, dopo un lungo periodo di intervallo nella serie degli appuntamenti, di cui il protagonista ha approfittato per nutrire In sé un sentimento di furiosa gelosia, egli dice di avere ritrovato Miriam, di averla invitata nel suo negozio, di averla uccisa con 11 veleno, e di averla a poco a poco divorata. La fantasia del mitomane prosegue, con il tentativo di provocare una inchiesta giudiziaria, fallito, e con immagini di lunghe corei nel cimiteri: ma è la parte più debole dell'opera, non aggiunge più nulla all'invenzione del racconto. Una vicenda cosi irreale riesce a mantenere un suo continuo interesse per la originalità della scrittura: plana, quasi elementare, che ottiene gli effetti più sorprendenti per il contrasto fra l'enormità del fatto e la tranquillità del modo con cui viene esposto. g. c.
Persone citate: Luigi Malerba
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