Forse un giorno cambieremo gli organi malati come si fa con i pezzi logori d'una macchina di Enzo Biagi

Forse un giorno cambieremo gli organi malati come si fa con i pezzi logori d'una macchina L'AMERICA PROGRAMMA L'UOMO DEL DUEMILA Forse un giorno cambieremo gli organi malati come si fa con i pezzi logori d'una macchina Già oggi esistono gambe e braccia artificiali, valvole cardiache di plastica, arterie di nailon; occhi elettronici, capaci di rendere la vista ai ciechi, sono allo studio - Impossibile, almeno per ora, sostituire fegato, polmoni, cuore - La grande difficoltà è costituita dalla «incompatibilità biologica»: i tessuti del nostro corpo non ne ammettono, al loro fianco, un altro che abbia diversa origine - In corso esperimenti che presentano suggestive possibilità (Dal nostro inviato speciale) Bethesdn, agosto. C'è un sogno antico come l'uomo: poter sostituire i tessuti malati con altri sani, avere, per gli organi che non funzionano, il pezzo di ricambio. La speranza non è irrealizzabile, ma resta sempre da abbattere un complicato ostacolo: l'organismo rifiuta gli elementi estranei. 1 globuli bianchi, che difendono il corpo dagli attacchi dei microbi infetti, o dall'invasione delle sostanze dannose, non distinguono tra avversari ed alleati, e uccidono anche gli innesti. Il loro senso esasperato del dovere li spinge a proteg¬ gerci in ogni caso, ma non sempre gli interventi dei leucociti sono opportuni e benefici. Le tecniche chirurgiche, invece, offrono già concrete possibilità. Bishop e Davis, in New horizons In medecine, raccontano alcune storie prodigiose, che testimoniano il grande progresso. Quella del vecchio cameriere, ad esempio, che non riusciva più. a leggere il giornale, perché era afflitto dalla cateratta. Lo portano all'ospedale di Manhattan, il dottore gli punta una sonda contro l'occhio, e in due secondi la sottile membrana è congelata ed asportata, e i mmmHnmmmmiimimimmmiimimiimi raggi luminosi raggiungono ancora la retina. O quella dell'impiegato delle cssicurazioni, che aveva già passato i settanta ed era stato colpito dal morbo dt Parkinson: i movimenti erano diventati rigidi, un tremore continuo lo scuoteva. Entra in una sala operatoria del « San Barnaba >, la clinica sul fiume Harlem, delicatamente i medici introducono nel suo cervello uno specillo grosso come uno spaghetto, e con la guida di raggi X raggiungono la posizione esatta, pompano azoto liquido, e, mediante il raffreddamento a 58 gradi sotto zero, una sezione di tessuto cerebrale è colpita e distrutta. SI arresta il tremito, la rigidità delle articolazioni migliora, dopo una settimana il malato può riprendere il lavoro. Si pensa che il freddo possa offrire altri vantaggi, e sostituire in molti casi il bisturi: la asportazione delle tonsille senza dolore e senza versamenti di sangue', l'eliminazione di tessuti colpiti dal cancro. Ma meritano di essere considerate anche certe forme di € restauro », o di ricostruzione, che hanno quasi dell'incredibile: negli Stati Uniti si parla di una dozzina di braccia o di moni, che erano state mozzate completamente da incidenti, e che furono risuturate; e a Boston raccontano l'avventura a lieto fine di quel signore che aveva perduto una gamba in uno scontro automobilistico Trenta dottori, tra cui sette chirurghi, si raccolgono al tavolo operatorio e tentano di risolvere quella situazione disperata: inchiodano le ossa dell'arto amputato al moncone, collegano di nuovo arterie e vene,, e dopo sei ore il flusso del sangue ritorna normale. Ma anche nel campo dei trapianti veri e propri si sono affacciate nuove ed entusiasmanti prospettive. Ventimila individui vanno in giro per il mondo con una valvola mitralica fatta di metallo o di plastica, e il loro cuore batte regolarmente. La cornea si sostituisce con facilità, e dal 19SS, a mille persone è stato cambiato un rene: purtroppo la sopravvivenza non supera l'anno; nel solo <Brigham Hospital* di Boston, che ha effettuato il maggior numero di questi tentativi, si registrano 719 casi, con una buona percentuale di esiti relativamente positivi. In animali da laboratorio sono stati trapiantati persino i polmoni ed il fegato, che è un perfetto e, per molti aspetti, misterioso laboratorio, che compie più di cinquemila operazioni; mentre, mi ha detto il dottor John Overman, che a Bethesda dirige un programma di ricerche su questo appassionante settore della medici, na, al quale collabora anche uno studioso italiano, 12 dottor Ruggero Ceppellini, dell'Università di Torino, « penso non ci sia nulla da fare per il cervello, perché non è un organo fine a se stesso, ma è collegato direttamente con la spina dorsale e il sistema nervoso ». E' sorta una speciale industria che produce parti artificiali: gambe, mani, cuori di plastica e di metallo, arterie di nailon, si progettano addirittura degli occhi elettronici, o delle minuscole telecamere, capaci di rendere la vista ai ciechi. Anche la chimica offre mezzi sempre più potenti. Con una materia fino ad ora utilizzata dalle signore per scopi estetici, come spray per i capelli, il polivinil pirrolidone, si pensa di sostituire addirittura il plasma sanguigno; la « General Electric » ha studiato una gomma al silicone che, ììi futuro, potrà forse servire per fabbricare polmoni. E cospicuo è anche l'ausilio della sempre più perfetta tecnologia. Si sa che migliaia di pazienti mantengono vive le funzioni cardiache con piccole batterie collocate nello stomaco, e si può capire l'ossessione, la paura che sempre li angoscia: < Se l'apparecchio si ferma, se l'energia manca, che accadrà di me? ». Alla « Western Reserve University » di Cleveland sta?ino sperimentando, sui cani, una macchinetta, un < generatore biologico », che si carica da solo mediante le pulsazioni dell'aorta; la, « Lockheed*, che costruisce aeroplani, ha inventato un dispositivo che capta, come fanno i pipistrelli, le onde sonore riflesse dagli oggetti, e che dovrebbe indicare ai ciechi l pericoli costituiti dagli ostacoli. Ma il miracolo, come mi ha spiegato il dott. Overman, non dobbiamo aspettarcelo soltanto dai laboratori, dagli ingegneri o dai chirurghi: è l'immunologo che deve assicurare il successo degli innesti. E' una scienza abbastanza recente, che sta compiendo i primi passi. Soltanto nel 195!/ si è scoperto che, nei gemelli, c'è una reazione positiva: l'organismo ricevente sembra riconoscere ed accettare il pezzo trapiantato. Soltanto quattro anni fa, i medici sono riusciti a mantenere in vita, per lunghi periodi, anche innesti tra persone estranee. Recentemente i chirurghi di Harvard hanno tentato di far marciare, in una donna ormai condannata, un fegato di maiale, ma senza fortuna. La strada da percorrere è difficile. Cento gruppi di ricerca, sparsi ovunque, tentano di creare < una batteria di tessuti campione per stabilire in partenza il grado di reazione immunitaria di determinati trapianti e, in secondo luogo, per ab¬ battere la barriera che ancora ostacola l'accettazione dell'innesto da parte del ricevente ». Per questo si sono spesi, fino ad oggi, cinque miliardi di lire. Si tratta di stabilire una classifica, come quella che è stata fatta per i gruppi sanguigni, di identificare gli antigeni che rendono impossibili o precari i trapianti, e di trovare un siero che invece li favorisca, in maniera che, in un avvenire non lontano, questi interventi diventino un fatto ordinario ■ come le trasfusioni. Gli studi del dott. Peter B. Meda-mar, premio Nobel, hanno dimostrato che il rischio può essere ridotto al minimo inoculando nell'organismo infermo sostanze antigeniche. Spiega il dottor Overman: « Se si ha un individuo che ha l'antigene LA-I e si trova un possibile donatore che ha nei suoi leucociti l'antigene Bufo, si può dire in partenza che questi due individui appartengono a tipi cosi diversi, che le probabilità di un trapianto positivo tra loro sono molto ridotte. Naturalmente, non si può neppure sostenere, con assoluta certezza, che se fossero entrambi LA-1, il risultato sarebbe matematicamente sicuro, ma sul piano statistico si può avere una certa sicurezza di successo ». Il maggior problema, attualmente, è dunque, come si dice nel linguaggio specifico, « pareggiare il donante con il ricevente », fare in modo cioè, che se un ustionato riceve un brano di pelle appartenente a un volontario, non lo rigetti. SI mettono intanto a punto gli esperimenti per facilitare gli esami, e creare Una specie di casellario ■ di individui disponibili per questa operazione. «Noi — dice Overman — non siamo ancora in condizione di immaganizzare tessuti per un lungo periodo di tempo, e di usarli poi con piena soddisfazione nei trapianti. Infatti, al momento, ventiquattro ore sono un limite. Le ossa non costituiscono una eccezione: sono soltanto un sostegno, attorno al quale un nuovo osso cresce, e 11 pezzo Introdotto sparisce ». E' questo il secondo interrogativo a cui si deve rispondere. Passeranno alcuni anni, poi l'uomo entrerà in officina per le più urgenti riparazioni: sono pronti i meccanici, e ci sono già i ricambi; deve imparare ad abituarsi a respirare col silicone, a camminare, sul silistic, mentre la plastica già lo aiuta a vedere. Forse un vitello, un malaletto, sbrigheranno per lui le funzioni epatiche. Dovrà però sempre pensare con la propria testa. Nessuno potrà imprestargli un cervello. Enzo Biagi Il dott. John Overman, dell'ospedale di Bethesda (Tel.)

Persone citate: Bishop, Brigham Hospital, Bufo, John Overman, Parkinson, Peter B. Meda-mar, Ruggero Ceppellini

Luoghi citati: America, Boston, Cleveland, Stati Uniti