Altri venti intossicati ad Oppido Mamertina dove l'antiparassitario uccise gli otto bimbi di Igor Man

Altri venti intossicati ad Oppido Mamertina dove l'antiparassitario uccise gli otto bimbi II paese dell'Aspromonte è ancora preda della paura Altri venti intossicati ad Oppido Mamertina dove l'antiparassitario uccise gli otto bimbi Salili a 46 i ricoverati - Due donne (che avevano mangiato pomodori non lavati) sono gravi - La situazione sanitaria è difficile: l'ospedale del piccolo centro calabrese ha soltanto trenta posti-letto e tre medici - La gente è spaventata: rifiuta di bere l'acqua; sostiene che, notti fa, una polvere nera « è scesa dal cielo » per avvelenare gli abitanti - Due inchieste sono in corso: una dei medici; l'altra dell'autorità giudiziaria; i ris risultati saranno noli entro cinquanta giorni ODal nostro inviato speciale) «eggio Calabria, 17 agosto. Non riescono più a piangere; la paura ha asciugato le lacrime: paura, sul volto delle suore dell'ospedale, della guardia comunale, dei genitori rimasti senza figli, dei figli privati dei genitori. Soltanto questo si legge sui visi della gente di Oppido Mamertina: una grande, terribile paura. Era uno dei tanti paesi remoti dell'Aspromonte, questo, un paese forse più povero e sporco degli altri, dove i bambini dormono spesso abbracciati con le bestie, dove non vi sono che poche strade bitumate e le case si affacciano su vicoli gonfi di polvere. Per secoli a Oppido Mamertina hanno vissuto condendo il pane con l'orgoglio, assurdi e patetici come certi nobili decaduti, fieri fino all'arroganza; questa è sempre stata gente coraggiosa ma ora tutti hanno paura. « Abbiamo paura del male oscuro — dicono, — le cose che non si conoscono sono più forti del più forte degli uomini ». Spiegano : « Tutto è cominciato la notte del H quando dal cielo è ' piovuta la polvere nera. Credevamo si trattasse di cenere portata dal vento, poi ci siamo accorti che non era cenere. La cenere non ammazza i cristiani. Il male oscuro è stato! ». Non serve ripetere quello che ormai sembra accertato e cioè che l'intossicazione va attribuita « ad ingestione di ortaggi, pomodori, cetrioli, peperoni, contaminati con esteri fosforici ». Anche coloro che mostrano di crederci t'accorgi poi che lo fanno per cortesia "verso il forestiero; persino negli occhi dei medici ci è parso di cogliere il dub bio. « Forse è la fine del mondo, questo male oscuro », dicono le donne, « troppi peccati abbiamo commesso e ora li scontiamo ». Attraverso gli altoparlanti montati su un'auto, il sindaco ammonisce ormai da due giorni la popolazione a non mangiare ortaggi, a seguire scrupolosamente le norme dell'igiene. « E se non mangiamo pomodori, che mangiamo? », ha detto il marito di una donna — Maria Giuseppa Russo — ricoverata stamane con gli stessi sintomi di avvelenamento che hanno ucciso a Ferragosto otto bimbi e la sessantottenne Concetta Musicò, per aver mangiato alcuni pomodori schiacciati su una fetta di pane. Oggi altre cinque persone sono state ricoverate in ospedale; quindici lo erano state già durante la notte. Gli intossicati, ora, sono in tutto quarantasei; l'ospedale ha soltanto trenta postiletto e tre medici, compreso il direttore. Due sono i casi gravi: Maria Rosa Muttari, Maria Giuseppa Russo, 62 anni la prima, 42 la seconda: entrambe hanno mangiato pomodori contaminati da un anticrittogamico. Li hanno mangiati malgrado gli avvertimenti ricevuti, non soltanto perché non avessero altro con cui nutrirsi ma soprattutto perché non credono — è chiaro — all'avvelenamento da antiparassitari. La morte viene col «male oscuro» sicché non c'è alternativa: fuggire sulla montagna (e molti lo hanno fatto) come ai tempi in cui arrivava la peste, o rimanere rassegnandosi al destino. Soltanto l'acqua non bevono, quella no, benché una sollecita analisi ne abbia scartato l'inquinamento. A mezzodì a Oppido Mamertina non c'erano più bottiglie d'acqua minerale: hanno dovuto farle arrivare dai paesi vicini. I poveri del rione « Tuba » che, a sentir loro, se non mangiano pomodori o cetrioli digiunano, gente che l'acqua minerale non l'aveva mai assaggiata, ora non bevono che quella. Non è facile farsi intendere dai contadini di qui, né intenderli: parlano un dialetto ermetico, hanno paura. Il « male oscuro » ha colpito la prima volta in via Rocco di Berbi, al n. 44, uccidendo Antonino Verducci, di 6 anni. Via Rocco di Ber¬ bi è un cunicolo fra bianche case calcinate dal sole, i passi si smorzano nella polvere, nell'aria fermenta un atroce odor di polli e buoi, dietro le porte chiuse si muovono gli animali che qui stanno al pianterreno, i cristiani abitano al secondo piano, cioè: un soppalco di legno sulla stalla che fa da ingresso. La madre di Antonino Verducci è vestita di nero, i lunghi capelli scarmigliati incorniciano un volto magro e pallido. Sbarrandoci gli occhi addosso, risponde al saluto di chi ci accompagna con un gemito lungo. Il gemito scuote dal torpore un uomo accosciato su una sedia, nell'angolo più buio della casa. Ha la barba lunga, il volto color della malaria. Apre le braccia come se lo mettessero in croce: « Antonino — dice — a ottobre doveva andare a scuola. Disse a sua madre che per prima cosa avrebbe imparato a scrivere il suo nome. "A Natale, poi, verrò a casa col tema con gli auguri ", diceva, " voi intanto compratemi il quaderno e conservatelo nell'armadio ". Voleva anche un pallone per giocarci coi suoi fratelli, ma il pallone non glie l'ho comperato. Il quaderno sì. Quello l'ho comperato, ma mio figlio è morto ». Ora interviene la moglie nel discorso. Parla piano, staccando bene le frasi, con voce assente, gli occhi asciutti che fissano un punto sul muro oltre le nostre teste : « Misi Antonino alle dieci a letto, quando disse: "Mamma, mi sento male, aiutami ". Io chiamo mio marito, lui lo prende in braccio e corre all'ospedale. Tre ore dopo mio figlio è morto e io non so ancora chi l'ha ammazzato. I suoi fratelli sono all'ospedale ma loro sono statipiù fortunati, dicono che guariranno. Anche noi siamo stati risparmiati, ma fino a quando? ». Proseguono le inchieste, una sanitaria, l'altra giudi¬ ziaria. Il prof. D'Aquino, aiuto all'istituto di anatomia e istologia patologica di Messina, ha prelevato dei reperti dai corpi dei bambini Pasquale, Salvatore e Anna Maria Impelliccieri, Antonino Zappia e Giuseppe Carmelo Russo. I reperti saranno studiati all'Istituto di anatomia e istologia patologica dell'Università di Messina. Resti del cibo ingerito dalle persone decedute (ortaggi, ecc.) sono stati prelevati dai funzionari del ministèro della Sanità e da incaricati delFUftìcio igiene e profilassi della provincia di Reggio Calabria. In mattinata il Procuratore della Repubblica di Palmi, dott. Giuseppe Missineo, ha controllato all'ospedale le cartelle dei ricoverati, interrogando e medici e parenti delle vittime. I risultati dell'inchiesta tossicologica non si avranno prima di quaranta, cinquanta giorni. Igor Man Una corsia dell'ospedale di Oppido Mamertina, dove sono state ricoverate le vittime dell'intossicazione di Ferragosto. Le madri non abbandonano neppure per un attimo i loro figli, degenti nei lettini (Tel. Ansa)

Luoghi citati: Calabria, Messina, Oppido Mamertina, Palmi, Reggio Calabria