Anche l'impiegata del consolato tedesco rifiuta di rispondere al giudice di Genova

Anche l'impiegata del consolato tedesco rifiuta di rispondere al giudice di Genova Anche l'impiegata del consolato tedesco rifiuta di rispondere al giudice di Genova t'inchiesta sulla vicenda della ragazza di 19 anni, contesa dal padre tedesco e dalla madre italiana - Ambasciate e ministeri interessati al « caso » internazionale - Il viceconsole di Germania è stato incriminato dalla magistratura (Dal nostro corrispondente) Genova, 11 agosto. La vicenda della diciannovenne Maria Luisa Muller, la ragazza di Genova contesa dal padre tedesco e dalla madre italiana, aprirà probabilmente un caso di diritto internazionale. Tre ministeri — Esteri, Interno, Giustizia — e l'ambasciata della Repubblica federale tedesca a Roma sono stati infatti interessati dalla Procura della Repubblica di Genova al procedimento penale aperto a carico del vice console generale tedesco, Gerhard Rissmann, imputato dì avere favorito l'espatrio della ragazza e ciò in violazione dell'articolo 388 del codice penale che punisce coloro i quali eludono « l'esecuzione di un provvedimento civile concernente l'affidamento di minori». Riepiloghiamo i fatti. Maria Luisa nacque (a Genova) il 7 giugno 1947 dal matrimonio civile di Werner Muller, ex sottufficiale della marina tedesca, con Santa Mancuso. Un paio d'anni dopo, non riuscendo a trovare una occupazione, l'uomo tornò in Germania da dove si fece vivo soltanto nel 1955, quando chiese ed ottenne di avere per un mese la figlia. Trascorsi i trenta giorni, però, l'ex sottufficiale rifiutò di separarsi dalla piccola Maria Luisa. Il 2 ottobre 1956 il Muller divorziò dalla moglie e passò a seconde nozze, stabilendosi ad Hannover. Santa Mancuso tentò invano di riavere la figlia: si rivolse persino alla magistratura tedésca, ma non ottenne soddisfazione. Alla donna non rimase che far delibare dalla Corte d'Appello di Genova la sentenza di divorzio, ciò che le consenti di risposarsi. Cosi, per volontà paterna, Maria Luisa cresce in Germania. Compiuti i 17 anni, ella decide di trascorrere un periodo di vacanza con la madre. Appena arriva a Genova dice che non intende più tornare dal padre. Frequenta un corso di stenodattilografia, trova un'occupazione presso l'Università. Santa Mancuso vuole che la legge sancisca la sua potestà sulla figlia e la ottiene con sentenza del Tribunale dei minorenni. Ma col passare del tempo Maria Luisa (che mantiene una fitta corrispondenza col padre) muta di umore, litiga frequente- mente con la madre, dice che 1vuol tornare a vivere in Ger-mania. Questa volta Santa Mancuso punta i piedi e la ragazza, ora diciannovenne, finisce presso il pensionato delle «Madri Pie», in via Galata. La mattina del 10 luglio scorso, Maria Luisa riceve la visita di una impiegata del consolato tedesco, s'intrattiene a lungo con lei; quindi esce dal convitto dicendo alle suore: «Vado al mare ». S'apprenderà poi che ha raggiunto Milano e che ha preso posto su un aereo diretto ad Hannover con un passaporto tedesco consegnatole dal vice console Gerhard Rissmann. E' da questi fatti, narrati in una querela presentata alla magistratura genovese dalla signora Santa Mancuso, che ha preso le mosse l'inchiesta giudiziaria a carico del vice console tedesco a Genova. Il Procuratore capo della Repubblica ha emesso nei confronti di quest'ultimo un ordine di comparizione, ma l'incriminato ha respinto non soltanto l'invito a comparire davanti al magistrato inquirente, ma ha persino rifiutato di conversare al telefono sull'argomento. Il signor Gerhard Rissmann, s'è appreso oggi, ha chiamato in causa la convenzione dì Vienna del 23 aprile 1963 che garantisce agli appartenenti ad una rappresentanza consolare l'immunità territoriale per tutto ciò che riguarda l'esecuzione dei loro atti di ufficio. Stessa sorte ha avuto la citazione notificata all'impiegata del consolato tedesco che la mattina del 10 luglio prelevò Maria Luisa Muller dal pensionato delle «Madri Pie». Anche in questa occasione, il consolato non ha riconosciuto l'autorità del magistrato: l'impiegata — è stato risposto — è munita di tesserino ministeriale rilasciato dal ministero degli Esteri italiano e pertanto non può essere citata a testimoniare su fatti concernenti l'espletamento delle sue funzioni. « Essa — ha precisato un portavoce del consolato — eseguendo gli ordini ricevuti ha semplicemente collaborato al rientro in patria di una cittadina tedesca, rientro desiderato dalla stessa cittadina e da suo padre ». Un caso di diritto internazionale, questo, che dovrà ora essere risolto da tre ministeri. f. d.