L'inquietante storia di tre ragazze rapite di Nicola Adelfi

L'inquietante storia di tre ragazze rapite L'inquietante storia di tre ragazze rapite Sono tre storie parallele, ma con conclusioni diverse, e riguardano tre ragazze di Palermo: storie amare e che avviliscono quanti tra gli italiani sono ansiosi di un generale rinnovamento civile. Tuttavia, in almeno una di quelle storie, c'è un lume di speranza. Le tre ragazze hanno sedici anni e si chiamano Rosaria, Maria, Franca. Rosaria era fidanzata con un giovane dabbene, e possiamo immaginare quali sogni, quali turbamenti e sorrisi riempissero i suoi giorni in attesa del prossimo matrimonio; pensate, ha appena sedici anni. Un giorno venne agguantata e portata in un nascondiglio, lì violentata o «svergognata» come dicono in Sicilia, infine riconsegnata ai suoi. Come vuole l'uso, il rapitore si offrì di « riparare» sposando Rosaria. Tuttavia la ragazza non ne voleva sapere, il suo cuore riboccava di repulsione anche fisica per l'uomo che l'aveva fatta sua nei modi più brutali; e viceversa, ora più che mai, sentiva di amare il giovane gentile al quale si era promessa. Intervennero i genitori, altri parenti, il vicinato: le dissero perentoriamente che non c'era niente da fare, che doveva sposare per forza chi l'aveva « svergognata ». Solo così sarebbe tornata una ragazza onorata. Rosaria continuò a dire di no, con disperazione; rivivendo una per una le angustie e le sevizie con cui il rapitore l'aveva annientata c presa nei giorni di prigionia. Infine si fece avanti il giovane da lei amato: tutta quella vicenda lo aveva ridotto uno straccio di uomo, lui voleva sempre bene a Rosaria e forse mai più avrebbe potuto amare un'altra ragazza, eppure anche lui disse che, no, non c'era niente da fare: come giovane d'onore, lui non poteva prendersi per moglie una che era stata « consumata ». Sono notizie che attingo da una rivista che si pubblica a Palermo, « Sicilia domani », ed è tra le sue pagine che apprendo la storia di un'altra sedicenne, Maria. Anche lei fidanzata, anche lei in attesa delle nozze. Una sera stava per l'appunto conversando in casa col fidanzato quando irruppero cinque uomini bendati e armati di pistola: volevano la ragazza. Con uno scatto improvviso il fidanzato riuscì ad agguantare uno dei malviventi e a farsene scudo contro le pistole degli altri: ci fu una lotta violenta, le donne gridavano, finalmente i pistoleri scapparono via. Poco dopo la polizia riuscì a scoprire chi era stato il mandante della spedizione. Si apprese così che esiste una « anonima ratti »: ossia un'associazione che dietro un compenso di circa duecentomila lire si assume l'incarico di rapire una ragazza e di recapitarla all'indirizzo della persona che fa la commissione. Quanto estesa e intensa sia l'attività di questa associazione, non sappiamo; né ci è dato sa pere se nel territorio di Palermo esistono altre associazioni concorrenti. Vien fatto di pensare subito a don Rodrigo, ai suoi bravi e alla povera Lucia Mondella I fatti narrati dal Manzoni ebbero inizio « la sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628 », come ci informa quello scrittore con precisione notarile. Dunque, da allora, dal tentato ratto di Lucia da parte di un gruppo di mercenari, sono passati trecentotrentotto anni. Tra l'altro ci sono stati di mezzo avvenimenti come la Rivoluzione francese e la scissione del l'atomo. Però, a giudicare dai casi attuali delle due sedicenni di Palermo, non si direbbe proprio che certi usi barbari, una certa mentalità accecata da: pregiudizi, siano stati spazzati via come lordume da ogni angolo d'Italia. E questa è la storia della terza ragazza, Franca. Anche lei ha conosciuto l'affronto del ra pimento, anche lei dove soggiacere per giorni a tormenti che sarebbe più esatto chiamare crudeltà efferate. Io ho qui davanti una fotografia di Franca. Anche dopo quel che le è capitato, i suoi lineamenti ancora di adolescente, i suoi occhi teneri, il suo lungo collo bianco, ogni cosa infine nella sua persona, esprimono purezza. Or bene, anche lei, dopo essere stata <consumata», ven¬ nrsFdNèlgmc ne restituita alla famiglia e il rapitore fece sapere che acconsentiva a « riparare », Tuttavia, Franca ha detto di no. Lo ha detto con risoluta fermezza. Nessun argomento o minaccia è riuscita a smuoverla. A chi le diceva che lei, «una svergognata », non avrebbe trovato mai e poi mai un marito, ha risposto che preferisce restare così piuttosto che unirsi per tutta la vita a un individuo che lei non cesserà mai di detestare. Dunque, qualche cosa comincia a cambiare anche in quelle zone buie e melmose che tuttora permangono nei costumi italiani. Probabilmente la civile fierezza dimostrata dall'onestissima Franca non ha precedenti nelle cronache siciliane. I compilatori di «Sicilia domani » ci informano che il suo atteggiamento « ha sollevato un coro di solidarietà in tutti gli strati della popolazione e in tutti gli ambienti ». Che la reazione popolare sia stata esattamente questa, non abbiamo elementi per confermarlo. Però, chi scrive qui conosce la Sicilia palmo per palmo, vi è vissuto a lungo, e solo si augura che l'ottimismo non faccia velo ai giovani redattori di quella rivista. Per conto nostro, aggiungiamo che anche qui, nel caso di ratti con violenza carnale, e leggi rispecchiano altri tempi, altri costumi; tempi e costumi in cui alla donna, ai suoi sentimenti più intimi e gelosi, alla sua stessa dignità umana veniva data una considerazione meno che mediocre. Abbiamo perciò leggi arcaiche, anacronistiche, e che in parte spiegano come mai possano tuttora avvenire nel nostro paese e con quotidiana frequenza — crimini come quelli che hanno sconvolto la vita delle tre sedicenni di Palermo.. In alcuni paesi, gli Stati Uniti per esempio, c'è la condanna a morte per chi commette il delitto in questione; e ricordiamo che il famoso Chessman fu portato sulla sedia elettrica appunto perché lo accusavano di aver violentato una ragazza. E' una pena certamente eccessiva. Tuttavia, quando si consideri attentamente ogni aspetto di quel delitto, non si può non esigere una severità dura, esemplare. Da ' noi invece chi rapisce una giovinetta, per giorni e giorni la sottopone alle più orrende sevizie per fiaccarne ogni capacità di resistenza e infine ne fa quel che lui vuole; ebbene, quel miserabile, quella specie di belva umana, può essere punito da uno a tre anni di carcere. In teoria, peraltro; male che gli vada, fra amnistie e circostanze attenuanti finisce di solito col cavarsela più he a buon mercato. Come si diceva, sono leggi vecchie, decrepite, e che in parte ci spiegano come mai « l'anonima ratti » resti tuttora un'in¬ dustria fiorente nel Palermitano. Dice infatti l'articolo 544 del codice penale: « Il matrimonio che l'autore contragga con la persona offesa estingue il reato anche riguardo a cooro che sono concorsi nel reato medesimo e se vi è stata condanna ne cessano la esecuzione e gli effetti penali ». Così stanno le cose; e sarebbe davvero istruttivo sapere quante sono le ragazze di sedici anni o anche più giovani, belle e incontaminate, che ogni anno vengono recapitate a furia di botte a uomini vecchi, sciancati, maniaci sessuali. Così vanno le cose in Italia. Una volta un sociologo tra i più perspicaci, Franco Ferrarotti, a conclusione di certi nostri ragionamenti sulle contraddizioni esistenti in Italia, ebbe a dirmi: «La verità, caro Adelfi, è che il nostro è un paese dove la civiltà borbonica e quella elettronica se ne vanno tranquillamente sotto braccio ». Nicola Adelfi

Persone citate: Chessman, Franco Ferrarotti, Lucia Mondella I, Manzoni

Luoghi citati: Italia, Palermo, Sicilia, Stati Uniti