L'enigma della Cina di Alberto Ronchey

L'enigma della Cina Pecsftitto sfiderà, l'America ttel Vietnam? L'enigma della Cina all contatto con la Luna progredisce a velocità impressionante. A che punto siamo con In Cina? ». A questa domanda, posta già dalYEconomist, l'America sembra rispondere studiando la Cina come la Luna. Satelliti artificiali e ricognitori « U 2 » controllano strade, ferrovie, depositi di petroli, altiforni, movimenti di truppe, centrali atomiche. E così l'America ha preannunciato le tre esplosioni nucleari cinesi ; così ha scoperto il reattore a plutonio di Paotow, il poligono atomico di Lop Nor nel deserto di Taklaman (Sinkiang) e persino i nuovi impianti metaniferi di Lanchow. E' una impresa spaziale? L'America quantifica il problema cinese in dati. Ma bastano simili notizie a sapere che cosa farà la Cina? Finora l'escalation nel Vietnam non ha avuto risposta da parte cinese. Non crederà il Pentagono che ogni rischio sia misurabile e controllabile? Molte voci, non ultima quella di Thant, si sono levate nelle ultime settimane per avvertire che una guerra cino-americana può scoppiare nel momento più inatteso. L'ipotesi che l'Asia divenga presto un grande Vietnam, in preda a una «guerra senza frontiere», è stata motivata da esperti come Edgar Snow e Robert Guillain. Edgar Snow, amico di Mao Tse dai tempi della lunga marcia, sostiene che la guerra cino-americana è già quasi in atto, poiché la Cina non può consentire che gli Stati Uniti prevalgano nel Vietnam. Robert Guillain aggiunge che la Cina avrebbe scelto di « accettare la guerra» nel momento in cui è stata decisa a JPechi-: no l'epurazione dei modera.ti. Costoro (Peng Chen, Lo Jui-ching, Lu Ting-yi) avrebbero detto : « Fermatevi in tempo, pensate anzitutto al piano economico, salvate le industrie ». Ma avrebbero perso dinanzi a Mao Tse, Lin Piao, Teng Hsiao-ping e all'ira estremista. A sostegno di tale persuasione vengono citati molti documenti. Ma davvero la epurazione dei « revisionisti interni » è avvenuta così? E davvero gli americani si sbagliano quando contano sul non - intervento cinese finché le frontiere della Ci na non siano minacciate? Vi è stato anche un artico 10 del Jen-Minh Jih-Pao, che ha esortato il Nordvietnam a continuare la lotta senza soccorsi esterni. E inoltre 11 presupposto di questa guerra cino-americana sarebbe un evento, che in realtà non è prossimo: la sopraffazione di Hanoi e del Vietcong. Gli analisti americani sembrano persuasi che altre siano le prospettive. Anzitut to, Hanoi e Pechino devono aver constatato da tempo che affrontare la tecnologia militare moderna (« cavai leria aerea », porti prefabbricati, portaerei) non è come combattere Chang Kaiscek o i francesi. Dunque il parziale insuccesso della guerriglia non può essere oggi una sorpresa, capace di spingere la Cina all'estre mo. Già da tempo la strate già rivoluzionaria avrebbe ripiegato, secondo Washing' ton, su una guerriglia « pròlungata », supponendo che l'America non resisterà mol ti anni nel Vietnam. L'A merica appare una società opulenta carica di bisogni, mutevole, esposta a innumerevoli crisi interne 0 esterne (inflazione, ghetti negri tensioni emotive, elezioni, pressioni pacifiste europee, e cosi avanti). Dunque prima o poi l'America può essere battuta politicamente, se non militarmente: questa è il genere di sfida che Washington avverte. Perché dunque la Cina avrebbe già scelto la guerra diretta? Altra questione è se Hanoi e Pechino sottovalutino o no il « fondo duro > dell'Ame rica, la sua decisione a di mostrare quanto elevato sia il « costo della guerriglia » come mezzo di espansione comunista. La Cina suscita allarme in tutta l'area del Pacifico, se non in Europa. « / go¬ vvrdomlantapttipefilgppmctttssap vernanti d'Australia e Nuova Zelanda, della Corea meridionale, delle Filippine e del Giappone — come ha osservato Raymon Aron — manifestano una certa solidarietà con la politica americana. Anche i governanti dell'India, in privato, temono il ritiro delle truppe americane non meno che il prolungamento del conflitto. Nell'Indonesia, l'esercito ha preso il potere dopo il fallito colpo di Stato imputato al partito comunista e i generali hanno posto fine al confronto con la Malesia ». Joseph Alsop aggiunge che oggi persino il premier socialista di Singapore, Lee Kuan Yew, già molto critico verso l'America, è schierato per il « contenimento » della Cina. In tale contesto, quali prospettive possono favorire il passaggio della Cina dalla sfida indiretta alla guerra aperta? La Cina ha grandi città, pochi nuclei industriali, po¬ che strade, 236 mila veicoli a motore contro 5 milioni e 782 mila del Giappone. Il suo prodotto nazionale lordo è stimato in 70 miliardi di dollari, contro 71 miliardi del Giappone, 86 della Gran Bretagna, 724 degli Stati Uniti. E' popolata da un « oceano umano », ma la stessa epurazione dei moderati ha dimostrato per la prima volta ora che esiste nel Paese una diffusa contestazione dell'estremismo. E perché l'epurazione dei «revisionisti» dovrebbe coincidere addirittura con la scelta della guerra? Può essere vero il contrario: che l'assenza dell'unanimità spontanea fra i dirigenti escluda la guerra, che le energie dell'apparato siano rivolte almeno per qualche tempo a mettere ordine all'interno. Mao Tze-tung ha nuotato nello Yangtze per dimostrare d'essere un despota in buona salute, contro le apparenze d'una lotta di successione. Ora, il governo della Cina sarà poco prevedibile, perché <r in preda ad uno stato d'animo difficile, quasi isterico », e perché conosce « davvero poco dell'Occidente ». Le valutazioni pragmatiche sulla Cina saranno lacunose per molti aspetti. Ma lacune certo non minori compaiono nelle tesi più catastrofiche. Finora il maoismo ha perseguito nel Vietnam un programma massimo: il ripiegamento dell'America, per stanchezza, al cospetto degli asiatici (ossia la fine dell'influenza americana sulle coste continentali). La Cina ha scartato i vantaggi minori d'un negoziato. E' verosimile che il governo di Pechino si veda costretto a passare direttamente dal programma massimo, di chi vuole tutto, alla guerra? La miccia è ancora lunga, o davvero è consumata già quasi fino all'esplosivo? Alberto Ronchey