La Russia e il Vietnam di Alberto Ronchey

La Russia e il Vietnam La Russia e il Vietnam (Malgrado le intemperanze verbali, Mosca non vuole che il conflitto nel Sud-Est asiatico si estenda) Che succede nell'Urss? Milioni di sovietici sono in Crimea o sul Baltico. L'asta annuale delle pellicce, a luglio in Leningrado, è andata bene. Un'estate normale. Eppure in Occidente l'ultima sessione del Soviet Supremo è stata seguita con qualche ansia. Dalla caduta di Kruscev in poi, nonostante la crisi asiatica, il governo di Mosca s'è rivolto 1 ai problemi interni e non s'impegna molto di là dalle frontiere; ma in Occidente non ci s'è ancora abituati al fatto nuovo. Dunque, prima di ogni riunione del Soviet o del Comitato centrale, vi è chi prevede una svolta a favore delle tendenze « dure », identificate a torto o a ragione in Scelepin e Suslov, contro la moderazione della troika Breznev-KossighinPodgorny. E' prevalsa la linea prudente, malgrado le aspre proteste rivolte all'America per i nuovi bombardamenti di Haiphong. L'Urss, nel passato, s'era sovraesposta, aveva assunto nel mondo impegni eccessivi. Basta ricordare l'episodio dei missili cubani, o le vicende del Congo, o la vana offensiva di Kruscev all'Onu. Oggi Mosca cura i propri interessi vitali. Quali? Anzitutto la stabilità dell'Europa Orientale fino all'Elba. Berlino, per i russi, conta assai più che Hanoi. E' vitale per l'Urss che il conflitto del Vietnam resti una « guerra locale » e che altre crisi non sopraggiungano a scuotere l'assetto dell'Asia : di qui la mediazione già svolta a Ta skent fra indiani e pakistani. E' vitale per l'Urss che lo status quo non sia turbato per ora nel Medio Oriente: di qui gl'inviti allo Scià dell'Iran, al premier dell'Irak e a quello della Si ria. Non sarà una politica rivoluzionaria, l'Urss non sarà più « il cavaliere socialista nell'armatura lueen te ». Ma è ciò di cui hanno bisogno i sovietici. « Stalin e Kruscev scrive ora Jeune Afrìque, un giornale di prestigio nel Terzo mondo — erano riu sciti a far credere che l'Urss fosse potente come gli Stati Uniti. Ma la potenza militare e industriale sovietica non arriva alla metà di quel la degli Stati Uniti ». Un diplomatico russo avrebbe confidato ai redattori di questo giornale africano : « L'Urss non interverrà nel Vietnam, né da vicino né da lontano. Perché? Affronterebbe un rischio dì guerra con gli Stati Uniti, e sappiamo che non saremmo noi a vincere. Chi sarebbe allora? Gli Stati Uniti? Gli Stati Uniti o la Cina ». Il discorso di Kossighin al Soviet Supremo non smentisce questa linea post-krusceviani « mettono avanti gli interessi sovietici», come osserva il New York Times. La loro vera prova è sui problemi inter ni. Qualsiasi cosa possa volere il governo cinese, che fra l'epurazione degli oppo sitori moderati e gli esercì zi di Mao sul fiume Yangtze sarebbe quasi già in guerra, secondo osservatori come Edgar Snow e Robert Guillain, il clima sovietico è tutt'altro. L'Urss è divenuta la seconda potenza del mondo grazie a decenni di priva zioni, ad una massiccia concentrazione di capitali e talenti nell'industria di base, all'alto costo sostenuto nei settori prioritari della ricer ca tecnico - scientifica. Ma oggi non può andare più ol tre senza correggere gli squilibri della società e del l'economia. E questo è già un compito immane, capace di assorbire le energie d'una generazione. L'Urss ha un'agricoltura che occupa quasi metà del la popolazione: 108 milioni di sovietici su 232 vivono ancora in campagna. Da un terzo a metà delle fattorie collettive sono senza elettri cita. Anche in termini di po tenza, se l'economia sovie tica produce molto acciaio, è debole in ogni ramo del l'industria nuova, dall'elettronica alla petrolchimica. E il nuovo piano quinquen naie deve ridurre tutti gli obbiettivi già fissati per il 1970 4* Krusoev: fino a ta¬ gnpnOcccecp gli del 68 per cento, come nel settore delle materie plastiche. L'accumulazione staliniana èra drastica e semplice. Oggi il problema dell'effìcienza e dei costi, che vincola lo sviluppo dell'Urss come potenza e come civiltà economica, è immensamente complesso e impone di riformare la pianificazione. « Dove manca il mercato — come avvertiva già il professor von Mises nel 1920 — non c'è meccanismo dei prezzi; senza meccanismo dei prezzi non c'è razionalità economica». Prima o poi il sistema sovietico doveva giungere alla revisione; vi è giunto ora, e questo è il momento più delicato della sua storia. Finché la pianificazione autoritaria fissava i prezzi, i salari e gl'investimenti era facile, per esempio, controllare i sindacati. Ma che accadrà quando i managers potranno decidere per vie autonome e non avranno più lo scudo del piano verso le pressioni sindacali? La Jugoslavia ha conosciuto una inflazione a valanga e una crisi politica in seguito ai contraccolpi di tali esperienze. La Cecoslovacchia segue la Jugoslavia a piccoli passi. Nell'Urss s'approssima l'ora delle decisio¬ ni. Conservare intatto il sistema è impossibile, innovare è rischioso. Non può stupire che i leaders dell'Urss siano tutti raccolti intorno alla loro « macchina in riparazione », e sia passato il tempo degli impegni in ogni continente. I bisogni popolari non sono più contenuti con la legge marziale, le masse non sono più analfabete; ma il salario mensile minimo raggiungerà solo nel '70 i 60 rubli (41.400 lire) e anche dopo questo piano quinquennale la superficie media delle abitazioni urbane resterà inferiore ai nove metri quadrati a persona. I cronisti stranieri in Russia scrivono che i sovietici, oggi come oggi, « tendono a preoccuparsi più del problema d'un salario migliore e d'un alloggio più grande che della disputa con la Cina o della guerra in Vietnam ». La Russia tende a divenire « grassa e borghese »? E' vero piuttosto che il popolo sovietico aspetta da cinquantanni, aspira alle cose tangibili, non sopporta più il divario fra i grandi disegni ideologici e la cronaca quotidiana! ' II vero fatto nuovo dell'ultimo congresso comunista sovietico è stato che ogni oratore, puntualmente, l'uno dopo l'altro, ha sfiorato appena i tradizionali preamboli ideologici per andare dritto alle questioni pratiche. E' lo stesso partito di Lenin e Stalin? E' lo stesso. Ma la gente cambia. Alberto Ronchey