La Cassazione spiega perchè confermò 25 anni a Mastrella
La Cassazione spiega perchè confermò 25 anni a Mastrella La Cassazione spiega perchè confermò 25 anni a Mastrella osroservzoprRoma, 4 agosto, (g. g.) «La condanna a 25 anni di reclusione inflitta a Cesare Mastrella potrebbe sembrare nel suo insieme dura e rigorosa; ma se vengono considerati i numerosi e gravissimi fatti delittuosi commessi dall'imputato, allora la pena appare equa e misurata». E' questa, sul caso dell'«ispettore-miliardo, l'opinione dei giudici della Corte di Cassazione che il 22 aprile scorso, respingendo il ricorso dell'imputato, resero definitiva la sua condanna ad un quarto di secolo inflittagli per peculato e falso ideologico. Nella motivazione della sentenza, depositata nella cancelleria della terza sezione penale del tribunale, si riassumono brevemente i fatti e quindi si spiegano le ragioni per cui la decisione pronunciata dalla Corte d'assise deve considerarsi ineccepibile, nonostante le varie censure dei difensori dell'ispettore della dogana di Terni, che nel giro di qualche anno si appropriò di un miliardo di lire. Gli avvocati della difesa ave¬ vano sostenuto che nei fatti attribuiti a Mastrella non doveva configurarsi il reato di peculato, ma quello di truffa. Di fronte a questa eccezione, i giudici della Cassazione ribadiscono la sussistenza, del peculato osservando: <E' fuor di dubbio che i certificati doganali costituiscono titoli di credito rappresentativi di denaro e, avendone la stessa funzione, rappresentano oggetto del delitto di peculato per l'appropriazione che ne faccia il pubblico ufficiale, indipendentemente dall'effettivo cambio di denaro contante». In altre parole, secondo i magistrati della Suprema Corte, per Incorrere nel peculato è sufficiente che il pubblico dipendente si appropri dei certificati doganali, anche se non li tramuta in denaro. A maggior ra gione, Mastrella doveva essere condannato per tale delitto, avendo realizzato con i certi Acati contraffatti circa un mi Hard" di lire ai danni della pubblica amministrazione. Parlando del dolo, la Corte di Cassazione ricorda che con la sua « condotta subdola, l'infedele e intraprendente funzionario aveva creato una situazione ingannevole ». Nella motivazione si aggiunge: € Mastrella chiedeva telefonicamente l'invio di certificati doganali non dovuti per alcune merci, determinandone poi dolosamente la consegna da parte dei procuratori doganali della " Terni ", i Quali, nonostante la loro competenza in materia, aderivano incondizionatamente alla richiesta del funzionario per Quel rapporto di estrema fiducia che lo stesso aveva instaurato e di cui aveva saputo copiosamente approfittare ». Durante la discussione in Cassazione, i difensori di Mastrella sostennero che i giudici della Corte d'appello avevano violato la legge rifiutandosi di concedere la rinnovazione del dibattimento. In proposito, la sentenza della Suprema Corte osserva che la rinnovazione costituisce soltanto un elemento discrezionale che 'a legge attribuisce al giudice. Con la sentenza, la Cassazione confermò anche la condanna a due anni e nove mesi inflitta a ciascuna delle due donne di Mastrella — la moglie Aletta Artìoli e l'amante Anna Maria Tomaselli — imputate di ricettazione. La Tomaselli viene definita dai supremi giudici « donna astuta, che aveva ben compreso la provenienza del danaro e, pur sapendo la verità e l'origine delittuosa di esso, socchiudeva subdolamente gli occhi».
Persone citate: Anna Maria Tomaselli, Cesare Mastrella, Hard, Mastrella, Tomaselli
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