Miti e ideologie della società di ieri

Miti e ideologie della società di ieri «Fede e storia» di Reinhotd Niebuhr Miti e ideologie della società di ieri La concezione che si de finisce « moderna » della storia, se vuole davvero essere moderna, non può re stare bloccata nelle posizio ni euforiche é ingenue che caratterizzarono le ideolo gie del mondo di ieri. Spe ranze ottimistiche di una redenzione totale dell'uomo lungo le strade dell'evoluzione naturale e storica, patetica fede nel progresso immancabile della condizione umana, attesa entusiastica dell'avvento trionfale di una società razionaie e perfetta, garantita dalle grandi potenze mon dane e liberatrici della scienza e della tecnica, della politica e dell'economia, sembrano oggi ideologie avvolte da un logoro velo di retorica. Il contrasto tra le troppo fiduciose sperare ze di un passato relativamente recente e le troppo amare esperienze dell'uomo contemporaneo risulta stridente e crudo nella sua evi denza. H confronto tra illusioni ideologiche e disincanti della realtà effettiva si risolve in una amara e perentoria lezione delle cose e dei fatti. Avvertiamo tutti che qualcosa ormai suona falso ed enfatico nelle filosofie della storia più diffuse nel mondo di ieri, Il dramma che ha scosso gli uomini fin dal 1914 non sembra destinato a placarsi. La conquista della natu ra, le vittorie nello spazio e nel tempo, non si identificano — è una verità ri saputa — con l'acquisto di una nuova saggezza. Le tecniche raffinate che hanno consentito all'uomo di controllare e dominare larga parte di un ambiente naturale in espansione, non riescono altrettanto efficaci nel controllare e dominare un ambiente sociale sempre più chiuso. Pregiudizi, ido latrie, fanatismi, rancori, egoismi, paure nevrotiche hanno radici tenaci nell'anima antiquata dell'uomo, I paesaggi dell'inconscio, ove crescono i contorti spettrali alberi dell'angoscia, dell'aggressività, della volontà di potenza e di an nientamento, ci si svelano solo oggi nella loro desolazione. Una metamorfosi radicale sta avvenendo simultanea nel pensiero laico e in quello religioso. Amore e speranza, libertà e ragione sembrano vacillare di fronte allo strapotere dell'odio e della disperazione Quando il vangelo squallido della violenza e dell'angoscia viene respinto da una volon tà lucida e ferma, che ancora sopravvive, per fortuna, negli uomini migliori, questa resistenza intellettuale e morale deve adoperare oggi, per non soccombere, nuove strategie più scaltrite e attestarsi su po sizioni meno ingenue e più aderenti allo spirito dei tempi. * * Nel vivo di questi problemi ci porta il libro Fede e .starla di Reinhold Niebuhr, apparso ora in traduzione italiana {Il Mulino, 1966). II Niebuhr è probabilmente la figura di maggiore spicco nell'odierna teologia riformata degli Stati Uniti. Nato nel 1892 a Wright City nel Missouri, dove il padre era emigrato dalla Germania nel 1876, diviene nel 1915 pastore della Chiesa evangelica riformata. L'esperienza pastorale, svolta con fervore a Detroit, dura tredici anni e gli vale, come insegnamento umano, più di qualsiasi libro. Nel 1928 è nominato professore di filosofia della religione nello Union Theological Seminary di New YOrk. Dal 1930 è professore di Applied Christianity e si dedica soprattutto a indagare i concreti rapporti della fede cristiana con il mondo attuale. Molto attivo anche politicamente, critica a fondo le categorie mentali che sorreggono il credo ottimistico di un'America liberistica e utilitaria in prodigioso sviluppo nei primi decenni del secolo. I facili miti del successo, del progresso irreversibile, della rispettabilità fondata sulla ricchezza e sullo status sociale, trovano nel pessimismo luterano e kierkegaardiano di Niebuhr un intransigente censore. « Di qui » come osserva Sergio Cotta nella sua Introduzione « il suo accostarsi con simpatia al movimento operaio e il suo considerare con comprensione il marxismo per la sua funzione di " antidoto alle ipocrisie " borghesi e per il suo impegno a favore dei deboli, senza per questo rinunciare a criticarne con fermezza l'escatologismo ottimistico, l'assolutizzazione mitica della classe operaia, la prevalenza accordata alla morale di gruppo, il fanatismo intollerante, il determinismo materialistico ed economico ». Militante nel Partito Socialista Americano, lo abbandona nel 1940 perché non ne condivide l'atteggiamento isolazionista e pacifista, mentre già incombe la guerra nazista. Rimproverato dai teologi di non essere un vero teologo, risponde rincarando l'accusa che gli vien mossa : « Non sono mai stato molto competente nei sottili problemi della teologia pura » dichiara. « Spesso sono stato cimentato dai teologi europei in senso stretto a dimostrare che i miei interessi fossero teologici piuttosto che pratici o apologetici, ma ho sempre rifiutato di difendermi su questo punto. In parte perché ritengo centrato il bersaglio, in parte perché la distinzione non mi interessa ». * * Niebuhr combatte e sconfessa la tendenza di ogni collettività umana, sia essa una tribù, una nazione o un impero, a porre se stessa come centro della storia universale. Per l'antropologia cristiana, che considera l'uomo libero ma limitato e imperfetto, incapace di eliminare definitivamente il male, le sempre rinnovate pretese delle nazioni, delle culture, delle classi, dei gruppi di erigersi in rap presentanti protervi di una verità assoluta, in portatori altezzosi di un significato conclusivo della storia non sono che tentazioni idolatriche. L'auto-adorazione, individuale o collettiva, la sicurezza orgogliosa che ignora la fallibilità e misconosce il relativismo, l'ambiguità, la parzialità di ogni inizia tiva umana, sono forme di fanatismo, in qualsiasi epo ca si producano, presso qualsiasi popolo. Le religioni imperiali delle antiche civiltà d'Egitto, Babilonia, Persia o le moderne idolatrie secolarizzate di potenti nazioni, siano esse Germania, Russia, America o quale si voglia altra nazione, coltivano ideologie ingannevoli quando si illudono di essere centri privilegiati della storia. Neppure il Cristianesimo è esente dallo stesso peccato. « Se da una parte necessario confutare il tentativo della cultura moderna di fare della storia un falso Cristo » osserva Niebuhr « dall'altra è necessario che la fede cristiana permetta alla cultura moderna di confutare a sua volta il Cristianesimo ogni volta che la vita o il pensiero cristiano vogliono fare un falso Cristo del potere politico ». Ogni pretesa insomma di realizzare il regno di Dio nella storia, ogni perfezionismo laico o religioso, è, al fondo, fanatismo e intolleranza. Strutture e istituzioni sociali, chiunque le promuova e le attui, sono sempre imperfette e mortali. * * Il discorso che Niebuhr svolge Jn chiave religiosa, con motivi che gli provengono dal protestantesimo di Kierkegaard, ha una analogia curiosa con il discorso che svolge la stessa filosofia laica nelle sue espressioni più aperte e più svincolate da vecchi pregiudizi. Anche l'antropologia laica contemporanea sottolinea i limiti e la fallibilità della libertà e della ragione umana e critica duramente ogni forma di moderna idolatria o di moderno fanatismo. Al vecchio mito della verità assoluta essa sostituisce la più moderna versione di una verità relativa, sempre rivedibile. L'ambiguità e la problematicità dell'uomo sono temi oggi comuni al pensiero religioso e a quello laico. L'uomo non è più per nessuno che pensi modernamente un Dio in graduale sviluppo. Remo Cantoni REINHOLD NIEBUHR: Fede e storia - Ed. 11 Mulino, 1966.

Persone citate: Kierkegaard, Mulino, Reinhold Niebuhr, Remo Cantoni Reinhold, Sergio Cotta, Wright City