«Sia Claire che Bebawi possono aver ucciso ma non vi sono prove sicure per condannarli»

«Sia Claire che Bebawi possono aver ucciso ma non vi sono prove sicure per condannarli» Depositata ieri la sentenza sul delitto di via Veneto «Sia Claire che Bebawi possono aver ucciso ma non vi sono prove sicure per condannarli» I coniugi egiziani, nel maggio scorso, furono assolti dall'accusa di omicidio - Secondo l'imputazione essi avrebbero assassinato a rivoltellate e sfregiato col vetriolo l'industriale ventinovenne Farouk Chourbagi, amante della donna - I giudici di Roma, nel verdetto, dicono: «Nessuna cosa è certa e provata, mancano indizi fondati anche se, a parere della Corte, entrambi gli imputati si trovavano nelle condizioni psicologiche per commettere il crimine» - Forse in inverno il processo di appello (Nostro servizio particolare) Roma, 30 luglio. Non si saprà, mai chi dei coniugi Claire e Youssef Bebawi uccise e vetrioleggiò l'industriale egiziano Farouk Mohamed Chourbagi, di £9 anni. Due interminabili processi, celebrati col rito sommario, non sono riusciti a trasformare in prove gli indizi incombenti in egual misura sulla donna e su suo marito. E' meglio che un omicida sia in libertà piuttosto che un innocente patisca ingiustamente il carcere. A queste conclusioni è arrivata la sentenza di 661, pagine depositata oggi alle 11,, vigilia delle ferie, nella Cancelleria della seconda sezione della Corte d'Assise di Roma, che il 22 maggio scorso, dopo ventinove ore di camera di consiglio, assolse per insufficienza di prove Claire Ghobrial di 37 anni, e Youssef Bebawi, quarantenne, dall'accusa di concorso in omicidio premeditato doppiamente aggravato nella persona di Farouk Chourbagi, figlio dell'ex ministro del Tesoro dell'ultimo sovrano d'Egitto. Il giovar.e, che aveva avuto una lunga amicizia amorosa con la bella Claire, fu soppresso a colpi di pistola e sfregiato con acido solforico alle 18,30 del 18 gennaio 1961, nel suo studio commerciale di via Lazio 9, vicino a via Veneto. I Bebawi, arrestati ad Atene, si difesero accusandosi reciprocamente del delitto. « Sono innocente — disse Youssef — non avevo ragioni per assassinare Farouk, dato che avevo ripudiato mia moglie, dopo essermi fatto musulmano. Non misi mai piede nel suo studio. Fu Claire a confessarmi di avere sparato ». La donna proclamò: «Fu mio marito a sparare per gelosia; mi amava ancora, nonostante tutto. Udii le detonazioni mentre uscivo dal bagno dell'ufficio di Chourbagi, dove impaurita m'ero rifugiata ». Sulla battaglia giudiziaria, che dovette essere ricominciata da capo nella istruttoria dibattimentale perché tre giudici popolari risultarono ad un certo momento privi delle qualità indispensabili alla funzione, la sentenza ha oggi posto il suggello con queste parole: «Due versioni entrambe probabili, nessuna certa e provata. Due indiziati, entrambi possibili assassini, nessuno raggiunto da convincenti e definitive prove. L'indagine, purtroppo, non ha approdi di verità e di certezze processuali. E vietando di poter rendere giustizia alla spenta giovinezza di Farouk, la giustizia stessa impone, pur nell'amara consapevolezza che un colpe vole resterà impunito, l'asso luzione di Bebawi e di Ghobrial da entrambe le imputa zioni loro ascritte per insuf Scienza di prove ». Per arrivare a queste constatazioni il consigliere Benia mino Fagnani, estensore della sentenza, ha messo a fuoco le due storie parallele di Beba wi e di sua moglie, entrambi possibili assassini, ma protetti dalle nebbie del dubbio. Fa guani fu il « giudice a latere » nella Corte, presieduta dal magistrato Nicolò La Bua, che per due volte scavò nella scabrosa materia del giudizio. Si racconta che un avvocato greco, convocato dai coniugi nel carcere di Atene subito dopo il loro arresto, consigliò alla coppia: « Se volete tirarvi fuo- ri dai guai, quando sarete processati in Italia accusatevi a vicenda, senza vacillare né contraddirvi. Non riusciranno a stabilire chi dei due fu a sparare. Vi assolveranno per insufficienza di prove ». Claire, dopo aver riabbracciato a Losanna i figli ed essere stata malata a lungo di■iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii tonsillite, ha fatto ritorno Roma. Abita in via Cimane 100, ospite dell'Istituto biblico evangelico. E' sciupata. Non frequenta i locali mondani né via Veneto, come un tempo. Esce di rado. Telefona quasi ogni giorno allo studio dei di fensori, avvocati Giuseppe Sotgiu e Marcello Petrelli, di¬ ce di essere oppressa, accusa malesseri, ha i complessi della bella donna sospinta precocemente verso il viale del tramonto. Domani Youssef, che dopo l'assoluzione non ha più rivisto la moglie, arriverà a Roma dalla Grecia insieme ai tre figli. Ha passato con loro un mese di villeggiatura, proprio come nel 196),. Adesso è il turno della madre. Bebawi, prima di tornare ai suoi affari di Losanna dove commercia in cotoni, farà consegnare a Claire i figli. Dovranno trascorrere un mese con la madre; ma questa non ha ancora preso alcuna decisione sul luogo di soggiorno. Proprio al momento del loro arrivo in Italia i giornali, dopo tanto tempo, riparleranno del delitto di via Lazio e si riproporranno l'interrogativo: «Chi è l'assassino? »; per Mourad di 18 aitili, Nevine di H e Sherif di 11 non è un'estate allegra. Ognuno, guardando il padre o la madre, si chiederà: « Chi fu a sparare? ». Gli indizi raccolti sui due imputati sono stati vagliati rigorosamente nella sentenza per articolare un ragionamento che porta ad un vicolo cieco e mortifica la fatica cui fu sottoposta l'Assise per in', udienze complessive: 51 in quello non valido, 60 nel secondo, £3 nella battaglia degli avvocati. «La posizione dei coniugi — si legge nella sentenza — al tempo del delitto non è fa cilmente puntualizzabile. La donna era pressata dai richiami dell'amante, dal desiderio di stabilirsi a Roma, dall'as siilo di costringere il marito a tener fede agli impegni economici assunti al momento del divorzio. Il marito, accor dando a parole la libertà alla moglie, faceva il possibile per trattenerla presso di sé a Losanna, nonostante il ripudio, e per contrastare la relazione di Claire con Farouk di cui era geloso. Nello stesso tempo lei orgogliosa, tutta presa dalla propria bellezza, convinta di poter esercitare un incondizionato dominio ' sugli uomini, non sopportava che Farouk mostrasse segni di stanchezza frequentasse donne giovani attraenti come la signora Patrizia De Blanc. Entrambi gli Imputati, insomma, il 18 gennaio 1964 si trovarono nella condizione psicologicamente adeguata al compimento di un delitto ». Questo procedimento penale, giunto oggi al traguardo dopo tanto faticoso cammino, viene definito nella sentenza «un giudizio avaro di prove». Quando si giunge alla confluenza degli indizi, si trova che i moventi dell'omicidio sono in conflitto fra loro ed è impossibile arrivare alla verità. La sentenza sottolinea che il pubblico ministero Giorgio Ciampani, dopo aver compiuto l'istruttoria sommaria, rinviò i Bebawi a giudizio per concorso in omicidio premeditato doppiamente aggravalo. Non è possìbile accettare questa tesi: «Non premeditazione — si legge nella sentenza — si trattò di un delitto improvviso e imprevedibile, nel quale non si rese necessario alcun accordo preventivo fra i coniugi. Il concorso non ci fu». La sentènza impegna 1,73 pagine di fatto, 16 per occuparsi delle eccezioni sollevate dai difensori, 175 di diritto. Non potrà essere notificata alle parti prima del 1° ottobre, termine del periodo feriale per gli affari giudiziari. Soltanto da quel momento comincerà il lavoro per il giudizio di secondo grado. Il Pubblico Ministero comincerà a elaborare i «motivi» per sollecitare dalla Corte d'Assise d'Appello l'an. nullamento della sentenza e la condanna a ventiquattro anni per la donna, a ventidue per l'egiziano, secondo le istanze formulate al termine della requisitoria. I difensori torneranno a battersi per ottenere l'assoluzione con formula piena di uno degli imputati. Ma quale t Arnaldo Geraldini Claire Bebawi, protagonista con il marito Youssef di una lunga e drammatica vicenda giudiziaria (Telef.) Farouk Chourbagi