Appaltatori e speculatori sotto accusa ad Agrigento di Fausto De Luca

Appaltatori e speculatori sotto accusa ad Agrigento Cominciata l'IxicJhlessta ordinata dal BjKìx&ìssém»o Appaltatori e speculatori sotto accusa ad Agrigento La gigantesca frana ed il problema di circa ottomila persone senza casa fanno sorgere nuove iniziative per dare alla città un ritmo di vita più moderno e più severo - Crisi in Consiglio comunale: i democristiani di sinistra si sono dimessi da assessori ■ Come cadde nel nulla il rapporto del vice prefetto che denunciava le gravi irregolarità edilizie (Dal nostro inviato speciale) Agrigento, 29 luglio. Si comincia a pensare al destino di Agrigento. La frana che ha fatto abbandonare un sesto dell'abitato e che ha creato circa ottomila senzatetto ha anche avuto l'effetto di strappare la città alla sua inerzia di centro depresso. Si tratta forse di un risveglio momentaneo, sollecitato dalla gravità della sciagura, dalla consapevolezza degli errori passati, dalla pressione del governo e dell'opinione pubblica nazionale. Si ha comunque l'impressione che si voglia fare, cercando strade nuove e diverse (riunioni al Comune per i problemi economici d'emergenza, interventi per incanalare le fogne verso sbocchi meno prossimi alla città, ricerca degli alloggi sfitti per poterli requisire). Sono anche arrivati i tecnici (geologi, ingegneri, urbanisti) nominati dal Ministro dei Lavori Pubblici, Mancini. In una prima riunione al Genio Civile hanno avviato lo studio della frana, per individuarne le cause e i modi di contenerla in futuro. Hanno cominciato a discutere le linee dello sviluppo urbano della città. Circa la frana c'è un notevole pessimismo: essa quasi certamente avrà qualche sviluppo con le piogge. Un intervento sulla struttura geologica della città richiede tempo e consiste essenzialmente nell'attuazione di un buon sistema di drenaggio delle acque piovane, oltre che nel risanamento della rete idrica e delle fogne. Per lo sviluppo della città, è opinione generale che esso debba avvenire verso il mare, salvaguardando la Valle dei Templi che è la principale risorsa turistica di Agrigento (un. miliardo di entrate all'armò), e con edifici di altezza media, dai tre ai cinque piani, per evitare gravi sollecitazioni sul sottosuolo. Si profila un vasto programma di lavoro: portare a termine finalmente il piano regolatore, redigere un nuovo regolamento edilizio che non consenta tutte le possibili scappatoie come quello oggi in vigore, uscire dalla superficialità che ha fatto prevedere, ancora a fine giugno, uno sviluppo edilizio proprio in una delle zone che sono state investite dalla frana. Non è una impresa facile. Lo ha dimostrato il nessun risultato dell'inchiesta fatta svolgere nel 1963 dalla Amministrazione regionale su quello che è stato chiamato «il sacco di Agrigento». Nel 1964 la relazione dell'inchiesta fu pubblicata integralmente dai giornali siciliani, fu discussa all'Assemblea regionale a Palermo, ma non se ne trasse alcuna conclusione. Adesso è stata rilanciata come atto d'accusa alla classe dirigente di Agrigento e alla sua rete di copertura nel capoluogo regionale. Ma c'è anche da rilevare che neppure gli organi di controllo amministrativo si mossero e la magistratura non ritenne di intervenire. Pure, gli estremi di reato erano chiaramente rilevabili. Ne abbia mo la riprova in una co raggiosa sentenza del Pre tore di Agrigento, Umberto Feliciangeli, il quale, condannando nel 1963 il costruttore Carmelo Fiore, dichiarava: «In Agrigento, come in molte altre città d'Italia, una schiera di appaltatori e speculatori ha portato a termine ormai una criminosa opera di rovina della città, con l'esecuzio ne di costruzioni abusive e compiacentemente autorizzate. In Agrigento, poi, il fatto ha assunto aspetti veramente eccezionali, poiché ogni persona, ricca o povera, si ritiene autorizzata a costruire il suo palazzo o la sua catapecchia senza dieu na autorizzazione,- e tutti, ricchi o poveri, agiscono so stanzialmente con la stessa sfrontatezza e con la stessa insofferenza per qualsiasi tipo di disciplina. Non vi è dubbio che di ciò è responsabile anche l'Amministrazione comunale, per il disservizio e la partigianeria nel rilascio delle licenze, per l'incapacità di far rispettare la legge, specie a cittadini più audaci e piùanziani ». Gli anni 1963-'64 sembra rono preludere ad una svol trcrmdmnnmtt(PdldpdlVpsvmrdPgttlpèCncgcrsdldtpirnimtciemi4lpm ta. Preoccupata del dilagare degli scandali, la democrazia cristiana decise un rinnovamento di uomini e di metodi. Si fecero le elezioni del 1964 con lo slogan : « Uomini nuovi per una politica nuova ». La corrente fanfaniana facente capo alla famiglia La Loggia cedette terreno a favore dei dorotei guidati dall'on. Giglia (sottosegretario ai Lavori Pubblici). Ma anche dal sindaco Ginex, nuovo eletto, le speranze furono presto deluse. E' vero, non sono più avvenuti casi clamorosi di trasformismo come quello del costruttore Alfonso Vaiana, democristiano, che poi diventa milazziano, passa al movimento sociale, viene eletto consigliere comunale missino e « recuperato » dalla de con l'offerta dell'Assessorato ai Lavori Pubblici (e uno dei suoi grattacieli è stato inghiottito dalla frana, in via Dante). Ma la speculazione edilizia è continuata come prima. Adesso l'amministrazione è praticamente in crisi. Il Consiglio comunale non viene riunito perché la Giunta cadrebbe. La de ha la maggioranza assoluta, con 22 consiglieri su 40, ma 7 (morotei e sinistra sindacalista) sono in aperta rivolta. Due di loro si sono dimessi dalle cariche di assessore e le dimissioni sono state accettate dal voto dei 7 ribelli più quello delle opposizioni, in contrasto con la maggioranza di dorotei e fanfaniani. Senza equivoci anche i motivi delle dimissioni: mancanza del piano regolatore, nessun freno alla speculazione edilizia, nessuna indicazione sullo sviluppo economico della città (a maggio, prima della frana, i disoccupati erano 7718 su 47 mila abitanti).-.. Allo sviluppo economico ha dedicato i suoi sforzi l'Amministrazione provinciale (dove c'è il centrosinistra). Una commissione dello Studio torinese presieduto dagli economisti Francesco Forte e Siro Lombardini ha preparato un piano di sviluppo decennale che prevede una spesa di 874 miliardi per raddoppiare o triplicare il reddito medio individuale (oggi 214 mila lire annue). La somma sembra astronomica, ma se si tiene conto che il costo di insediamento al Nord di un emigrato siciliano è di 4 milioni, il piano risulta ragionevole, poiché calcola un investimento prò capite di due milioni di lire nel decennio. In dettaglio, il piano prevede 83 miliardi per scuole, ospedali, impianti idrici civili, fognature, illuminazione; 65 miliardi per strade, porti e aeroporto; 296 miliardi per l'edilizia residenziale ; 284 miliardi per investimenti produttivi, di cui 74 per l'agricoltura (quasi tutti per l'irri gazione), 189 per l'industria, 13 per il turismo e la pesca. La frana ha aggravato ancora i problemi di Agrigento, ma forse ha messo in moto il meccanismo che salverà la città. E' difficils far previsioni, perché molto dipende dalla classe dirigente locale, che finora ha fatto completo fallimento. Vi sono gruppi aperti al rin¬ novamento, ma devono lottare contro i forti interessi conservatori che detengono tutte le leve del potere palese ed occulto. La frana ha dato solo uno scossone a questo incontrastato predominio. Ma probabilmente ne verrà un secondo alle elezioni provinciali di novembre e a quelle regionali della prossima primavera. Fausto De Luca

Persone citate: Alfonso Vaiana, Carmelo Fiore, Francesco Forte, Giglia, Ginex, Mancini, Siro Lombardini, Umberto Feliciangeli