Come si devono studiare le «strutture» sociali di Remo Cantoni

Come si devono studiare le «strutture» sociali USI ED ABUSI D'UN TERMINE DIFFICILE Come si devono studiare le «strutture» sociali Il nostro tempo subisce l'incanto delle parole difficili e nuove. Quelle facili e antiche si logorano presto e sembrano banali. Pochi concetti, ad esempio, godono oggi l'universale fortuna di cui è circondato l'autorevole e dotto concetto di struttura. Glottologi e filosofi del linguaggio, antropologi e sociologi, critici letterari e studiosi di estetica, psicologi e biologi, logici ed economisti, giuristi e demografi, geografi e storici fanno largo e legittimo uso di quel concetto nelle loro discipline e nei loro linguaggi scientifici. Essi giustificano il loro « strutturalismo » e sono ben consapevoli della genesi e della funzione che il complesso termine struttura ha nelle loro opere. Ma nella scia prestigiosa dell'impiego scientifico di tale concetto,' tutt'altro che privo di ambiguità e contraddizioni, si sono però imprudentemente gettati gli intellettuali up to date, sempre cupidi di cose nuove e sempre preoccupati che l'onda impetuosa della storia non li respinga ai margini delle correnti di avanguardia o di moda. Parlano con fervore compiaciuto di « strutture s> e « strutturalismo » sedotti dall'aura di modernità e dall'ordinato esprit de geometrie che tali termini sembrano magicamente evocare. Strutture e sovrastrutture, di marxiana memoria, riforme di struttura, struttura del potere, delle classi e dei gruppi, fenomeni di strutturazione, ristrutturazione o destrutturazione, sono formule che si ripetono con infelice frequenza in molti discorsi politici. I discorsi ampollosi dei letterati più inconcludenti sono costellati di termini come « strutture formali e stilistiche », « strutture sintattiche e semantiche ». E la presunta analisi strutturale, in ogni settore di incompetenza, ci parla con sussiego di strutture elastiche e rigide, globali e parziali. Nelle moderne scienze sociali, alle quali intendo per ora limitare le mie considerazioni, il concetto di struttura è un concetto operativo per potere studiare la compagine interna di Una società o di un gruppo, le sue istituzioni e organizzazioni, evitando quei giudizi di valore che compromettono l'obiettività e la neutralità della ricerca. Sociologi importanti come Emile Durkheim, Talcott Parsons, Robert K.. Merton e lo stesso Max Weber, hanno compiuto studi approfonditi delle strutture sociali e culturali, hanno cioè stabilito nessi e relazioni tra il comportamento degli uomini e determinate tipologie o morfologie sociali. Quest'ultime costituiscono i quadri reali o ipotetici di riferimento delle azioni sociali o, con altro linguaggio, gli orientamenti, le norme, i modelli ai quali gli uomini per solito si conformano per integrarsi nella società e socializzare la propria condotta. La preoccupazione costante dello scienziato sociale è quella weberiana di evitare i pericolosi giudizi di valore per poter descrivere scientificamente i fenomeni sociali nella loro normalità. « Se infatti noi riusciamo » afferma Durkheim, uno dei padri dello strutturalismo, « a trovare un criterio obiettivo che inerisca ai fatti stessi e con l'aiuto del quale possiamo distìnguere, nelle diverse dimensioni dei fenomeni sociali, ciò che è sano da ciò che è malato, la scienza potrà restar fedele al suo metodo e chiarire contemporaneamente t problemi della prassi ». Le strutture sono dunque quadri relativamente stabili e continui in cui si verificano detcrminati sviluppi. L'esigenza di descrivere tali quadri con la maggiore obiettività possibile si può rintracciare nel lodevole scrupolo di sottoporre i propri sentimenti a una disciplina razionale, nel proposito di controllare, con una metodologia rigorosa, la propria insorgente emotività, nel programma di restare immuni da quelle valutazioni ideologiche troppo appassionate e parziali che pretendono di riformare o trasformare le istituzioni e le organizzazioni prima ancora di averle accuratamente accertate e comprese. Il sociologo che descrive, ad esempio, la struttura della burocrazia o del potere, della famiglia o del partito politico, di una istituzione giuridica o di una organizzazione economica, si limita a compiere opera di scienza, a ricostruire, spiegare e comprendere, riservando ad altri, ai moralisti o ai politici ad esempio, il compito pratico di invocare o mettere in atto critiche e riforme. Questa « neutralità » ideologica dello scienziato sociale, ammesso che possa davvero esistere, non è pacifica; incontra, anzi, numerose riserve. Gli avversari dello strutturalismo nelle scienze sociali accusano gli strutturalisti di con-j venirsi spesso, con scarsa consapevolezza, in fautori e complici di una società conservatrice, in tenaci cani da guardia delle strutture statiche della società. Poiché non è possibile scindere scientificamente il concetto di struttura da quello complementare di funzione, illustrare e spiegare la funzionalità delle strutture equivale, è stato detto, a giustificarle e perpetuarle, a propugnare, come avvocati difensori dell'ordine costituito, la razionalità della loro genesi e della loro persistenza. Tutti coloro che hanno compiuto analisi di tipo strutturale-funzionale, da Malinowski a Radei iffe-Brovvn, da Durkheim a Parsons, per citare solo alcuni nomi tra i più illustri, sono stati messi dai loro avversari nel girone infernale dei conservatori. Le cose non sono in realtà così semplici. Struttura e funzione sono concetti gemelli, perché non si può mai conoscere la struttura di un fenomeno se non si compie insieme l'analisi della sua funzione. Ogni fenomeno, sia esso addirittura un crimine, un « comportamento deviarne » come la prostituzione, l'alcoolismo, il gangsterismo, ha pur sempre una sua struttura e una sua funzione. La funzione, certo, da sola non basta a spiegare, né a giustificare un fenomeno sociale qualsiasi; ma comprendere la funzione serve sempre, in qualche misura, a comprendere perché un fenomeno non si dissolve e persiste anzi nel tempo. La prostituzione, in molte società, esiste e sopravvive agli sforzi compiuti per eliminarla o contenerla. Il sociologo analizza questa istituzione piuttosto deplorevole spiegando come e perché un certo numero di donne continui a dedicarsi a questo lucrativo mestiere. Il sociologo preferisce questo tipo di spiegazione scientifica e documentata empiricamente a una crociata ideologica e piena di furóri moralistici, ma vuota di documentazione ben controllata. * * I rappresentanti dell'analisi strutturate-funzionale hanno sovente ecceduto nel loro zelo descrittivo e giustificativo. La manìa di rintracciare sempre la struttura formale latente, che soggiace ai fenomeni di superficie come una impalcatura recondita, li ha spesso trasformati — è il caso dell'antropo-l ■iiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiHitiiiiiiiiiiiMHiii logo strutturale Lévi-Strauss — in contemplatori piuttosto sofisticati di complicate geometrie occulte. Lo scrupolo scientifico di scoprire ovunque la tipologia, la morfologia, la funzionalità positiva dei fenomeni sociali indagati li ha fatti scivolare — è il caso di Malinowski, di Durkheim, di Parsons — in posizioni conservatrici. Si spiegano così le violente tirate di un Wright Mills contro Parsons, le critiche piuttosto polemiche di un Georges Gurvitch contro coloro che abusano dei concetti di struttura e di istituzione idealizzandoli nella loro forma cristallizzata o « cadaverica ». Ciò che non si spiega, invece, è la facilità e la superficialità nell'uso e nell'abuso di questi concetti difficili da parte di intellettuali improvvisati che li manovrano in modi goffi e arbitrari. Sta avvenendo, per il,concetto di struttura, quello che già è avvenuto, sciaguratamente, per il concetto non meno difficile di « alienazione ». Sta diventando cioè un luogo d'incontro, un vero luogo comune, per la confusione babelica delle lingue. Remo Cantoni