La Croazia, «prospero Nord» jugoslavo preme per le riforme più coraggiose di Giovanni Giovannini

La Croazia, «prospero Nord» jugoslavo preme per le riforme più coraggiose Zagabria guarda a Belgrado conte i milanesi a Roma La Croazia, «prospero Nord» jugoslavo preme per le riforme più coraggiose Insieme con la Slovenia, è la regione più moderna ed aperta verso l'Occidente - In nessun'altra Repubblica federata la caduta di Rankovic è stata accolta con maggior soddisfazione ■ La sua economia, largamente industrializzata, non tollera il pesante dirigismo statale; la vivacità della vita politica ed intellettuale lotta contro i controlli di polizia e l'onnipotenza del partito - I miglioramenti ottenuti sinora non bastano; senza rifiutare il sistema, l'«élite» croata chiede piena libertà di critica e larga autonomia - E' un esperimento da seguire con interesse (Dal nostro inviato speciale) Zagabria, luglio. A Belgrado, c'è consenso unanime per l'estromissione di Rankovic e dei < dogmatici » dalla scena politica del paese; a Zagabria, c'è Qualcosa di più. Nel parlare col giornalista straniero, gli esponenti di qualsiasi settore sembrano preoccupati soprattutto di non tradire troppo la loro profonda, incondizionata soddisfazione, di non cantare apertamente vittoria in maniera che potrebbe suonare offensiva per gli sconfitti della burocrazia, del partito, di altre regioni. Ma la realtà è che nessuna delle altre cinque repubbliche (tranne la Slovenia) ha dato come la Croazia un contributo così decisivo all'affermarsi della nuova linea « liberalizzatrice » del regime. Accanto allo sloveno Kardelj, curando meno la speculazione ideologica e più l'attività pratica, il più autorevole leader croato Vladimir Bakarlc si è instancabilmente, coraggiosamente battuto al vertice federale contro ogni forma di eccessivo dirigismo, di intromissioni del partito e, peggio, della polizia nella vita quotidiana del paese. A Zagabria, il suo braccio destro, il segretario politico Mika Tripalo (uno dei sei che hanno condotto l'inchiesta contro Rankovic, un quarantenne destinato a fare strada) ha tenuto il partito compatto su questa linea mentre un gruppo di economisti dell'Università, capeggiato dal prof. Savka Dapcevic, ha dato il massimo n n a n i a a i e o a i l ». è g. apporto alla nuova teoria jugoslava di una pluralità di aziende autogestite ma operanti in regime di sempre più libero mercato, di « un capitalismo — come qualcuno l'ha definito — senza capitalisti». . / rnotiui storici, geografici, umani, economici della posizione croata in seno alla Federazione socialista del popoli jugoslavi sono evidenti. Antico centro di traffici,"questa, repubblica è con la Slovenia la più aperta verso l'Europa. Occidentale. La sua popolazione è di quattro milioni e mezzo di abitanti — un po' meno di un quarto di quella totale del paese — ma all'estero (in maggioranza negli Stati Uniti) vive un altro milione di croati: indipendentemente dalle opinioni politiche degli uni e degli altri, questo legame attraverso la frontiera non può non farsi sentire. Lo sviluppo Industriale rapidissimo di Zagabria compensa ampiamente la povertà delle sue zone centrali e della stessa Dalmazia. L'eccessiva media nazionale del 1)5% di addetti all'agricoltura scende in Croazia a circa il SO % e tende a diminuire ulteriormente di anno in anno. Il reddito individuale è superato solo da quello sloveno. Retribuzioni e consumi, anche se sempre nettamente inferiori a quelli italiani, sono superiori di almeno un venti-trenta per cento a quelli che abbiamo segnalato da Belgrado: appaiono doppi o tripli nei confronti della Macedonia o del Kossovo. L'espansione di Zagabria, che con quasi novecentomila abitanti incalza da uicino Belgrado, conosce un ritmo analogo a quello di molti centri occidentali. . Attorno all'incantévole città vecchia dai palazzotti barocchi ed a quella borghese di anteguerra, dilagano ora moderni edifici e fabbriche del nuovo agglomerato urbano al di là della Sava. A differenza di Belgrado, che si estende allo stesso modo al di là del Danubio, <qul — mi fa notare un cortese accompagnatore — lo sviluppo non è basato sulla costruzione di edifici per burocrati; qui si produce effettivamente; qui è un po' Milano in confronto a Roma ». Anche Zagabria, che ne è stata la culla, soffre per i contraccolpi della « riforma economica »: vedo qualche cantiere deserto, qualche gru ferma, qualche casa che attende di essere finita. « Sono i postumi di un'operazione chirurgica dolorosa ma senza la quale saremmo mor- \ ti — mi dicono. — Dovevamo deciderci a frenare gli investimenti improduttivi ,a frenare i consumi eccessivi, ad aumentare la produttività: non si poteva continuare per motivi politici a costruire fabbriche nei posti più antieconomici del paese o ad assumere mano d'opera sempre più in eccedenza solo per compiacere capoccioni locali. Anche nelle repubbliche meno sviluppate si è capito ora che con la demagogia si danneggiava il paese, che occorre favorire solo le imprese economicamente sane ». Come al vertice così anche nelle unità produttive la riforma sarebbe stata impossibile senza l'eliminazione dell'influenza del partito sulla gestione dell'azienda. Anche in questo campo, Zagabria ha preceduto i tempi: se a Belgrado i comunisti formano sempre l'assoluta maggioranza dei consigli operai, in Croazia sono in netta minoranza. La capacità tecnica prevale sempre più sulla tessera della lega, è la direzione a dirigere effettivamente, il partito deve limitarsi ad un compito di persuasione ed incitamento delle maestranze sulla « via jugoslava al socialismo». « Volete trasformarci in un'associazione di parroci », dicei-ano fino a ieri gli oppositori oggi ridotti al silenzio o all'autocritica; i tecnocrati alzavano le spalle: <Le leggi della produzione non conoscono la politica ». Ma non si tratta soltanto della azienda; l'elaborazione dei nuovi compiti e funzioni del partito in tutti i settori della vita pubblica è stata spinta a Zagabria oltre i limiti con¬ sentiti anche dal new look governativo. I filosofi di « Praxis » — una rivista che ha un'eco al di là delle frontiere jugoslave — si ripropongono un'* umanizzazione del marxismo », rivendicano apertamente una responsabile ma illimitata libertà di critica in ogni campo. I politici continuano a diffidare dei teorici ed a tenerli sotto controllo ma a loro volta danno prova di una larghezza di idee che sarebbe stata inimmaginabile pochi anni addietro (ed ancor oggi in altri centri). Accettano volentieri la discussione sulla democraticità del loro sistema monopartitico: < Non ne facciamo un dogma — dice Mika Tripalo — ma pensiamo di non avere bisogno di più partiti, riteniamo sufficienti i "gruppi di opinione " che hanno ogni possibilità di esprimersi attraverso la libertà di stampa ». Questa libertà è, nell'ambito del sistema, sempre più notevole: basta sfogliare la raccolta del *Viesnik», l'ottimo quotidiano di Zagabria, per notare articoli polemici e vignette satiriche su problemi, uomini ed istituzioni che una volta erano tabù. Sui partiti, il suo direttore, Bozida Novak, si esprime in maniera analoga a Tripalo ed aggiunge: « Ammetterà che anche in certi paesi occidentali come gli Stati Uniti o la Germania Occidentale non è sempre facile distinguere tra ideologia e pratica dei due maggiori partiti ». Sembra superfluo notare i limiti, dal punto di vista occidentale, dell'evoluzione jugoslava; è anzi opportuno, per evitare equivoci, precisare che anche i più decisi « progressisti » di Zagabria restano orgogliosi sostenitori di quel principio base del loro socialismo che è la gestione delle aziende di qualsiasi tipo da parte delle rispettive maestranze. Ma, autogestite o nazionalizzate o capitalistiche, e sotto qualsiasi cielo, le unità produttive non prosperano se soggette alle pressioni di demagoghi, funzionari di partito o poliziotti: questa, la lezione degli «Itimi eventi in Jugoslavia alla quale Rankovto è stato sordo e ohe Tifo è stato pronto ad apprendere e ad applicare con la consueta decisione ed energia. Può sembrare un paradosso ma avviando il paese alla decentralizzazione e ad un minor dirigismo, ad una sempre più libera iniaiaiitia Csia pure delle imprese e non degli individui) e ad un'economia di mercato, proprio i « progressisti », vincitori in guesti ffiomi attorno al maresciallo, sono coloro che cercano concretamente di salvare e rendere vitale il sistema socialistico jugoslavo. Ma al tempo stesso il riconoscimento della realtà economica li porta ad attenuare il dirigismo burocratico, il potere del partito unico, la presenza della polizia: ad accentuare cioè l'elemento liberistico del loro regime. Difficilmente per la presenza dominatrice di Tito, per il chiaro consenso della maggioranza, per la forza stessa delle cose, i vinti di oggi potranno rialzare la testa domani. Ma la lotta continua: sarà soprattutto dal successo sul piano economico che dipenderà nell'immediato futuro un'ulteriore più o meno netta evoluzione ideologica. In questo loro faticoso travaglio, merita, mi sembra, seguire i nostri vicini orientali con molta amichevole comprensione. Giovanni Giovannini La parete di ghiaccio della Punta Gnifetti lungo la quale sarebbero caduti i due alpinisti morti. La foto è stata scattata a bordo dell'elicottero dal pilota maresciallo Buscaini che ha diretto anche ieri le operazioni di soccorso (f. Moisio)

Persone citate: Buscaini, Dapcevic, Mika Tripalo, Moisio, Novak, Vladimir Bakarlc