Fanfani a Varsavia di Alberto Ronchey

Fanfani a Varsavia 11 gracile filo dei sondaggi di pace Fanfani a Varsavia Due settimane fa il rappresentante degli Stati Uniti all'Onu, Arthur Goldberg, si consultò a lungo con i governanti italiani sugli eventi del Vietnam. In seguito il ministro Fanfani riferì alla commissione Esteri della Camera che il governo si sentiva incoraggiato a « persistere in un'attività discreta ma tenace », della quale era già stato fatto cenno in Parlamento, per sostenere le sollecitazioni d'una nuova conferenza sul Vietnam o di « qualsiasi tipo di negoziato appropriato ». Alcuni deputati avrebbero voluto saperne di più, ma Fanfani osservò che « non sempre le iniziative più clamorose e pubbliche sono le più efficaci ». Adesso il ministro Fanfani si accinge ad una visita in Polonia, che s'annuncia degna di attenzione. La Polonia è uno dei tre paesi che formano la commissione di controllo sul Vietnam, istituita dalla Conferenza di Ginevra del 1954. Varsavia è la sede d'ogni attività diplomatica della Cina comunista in Europa: è là che si svolge il « doppio monologo » avviato da anni fra cinesi e americani. Inoltre il ministro degli Esteri polacco, Rapacki, è reduce dalla conferenza di Bucarest, nella quale i governi comunisti europei hanno compiuto un' analisi collettiva della guerra vietnamita e delle sue prospettive. Non c'è un'agenda prestabilita per i colloqui fra Rapacki e Fanfani, ossia non c'è limite, anche se è difficile immaginare che in circostanze come quelle attuali il ministro Fanfani possa ottenere molto più che eie menti di giudizio forse scon tati, mantenendo aperto pe rò un « canale d'informazio ni » e sperando nella sua utilità futura. Fra l'altro oggi la controversia sui piloti americani prigionieri ad Hanoi minaccia di provocare nuovi sviluppi dell'escaìation. « La guerra — come scrive Lippmann — supererà il punto di non ritorno se i prigionieri saranno uccisi e le città nordvietnamite verranno distrutte per rappresaglia ». In questo clima sono già cadute nel vuoto le pubbli che iniziative di Wilson e Indirà Gandhi. Il maresciallo Tito viene accusato dal giornale nord-vietnaml ta Nhan Dati d'essere un « traditore » e un « compii ce degli Stati Uniti ». Gli egiziani hanno visto respin gere dall'ambasciatore nord vietnamita al Cairo un loro memorandum. Lo stesso De Gaulle — sebbene invita to ad Hanoi — ottiene fi nora da Ho Ci-minh ri sposte prive di contenuto, che apprezzano non già suoi tentativi di sondaggio, ma la sua dissociazione da Washington. L'interesse maggiore dei colloqui di Varsavia, a questo punto, potrà risiedere non tanto nella ricerca di chiarimenti immediati sulla politica prevalente ad Hanoi e a Pechino, quanto nella opportunità di stabili re che cosa davvero pensi no i governi dell'Europa orientale su tale politica a più lungo termine. La diplomazia sovietica,, che è la più esposta alla polemica dell'estremismo cinese, tace per necessità, e il Patto di Varsavia non Loteva che votare una dichiarazione di principio, come ha fatto. Ma i singoli governi dell'Est europeo, lontani dall'estremismo asiatico e legati a ben altri problemi (la conferenza per la sicurezza continentale, la questione tedesca, il disarmo, la disputa religiosa in Polonia e lo sviluppo economico dovunque), giudicano davvero che gli Stati Uniti possano essere sconfitti nel Vietnam e che ogni aspetto della coesistenza debba essere sacrificato ad una simile pretesa? E quali realistici suggerimenti di nuovi sondag¬ ggfrtsamcdlvctmm gi possono fornire questi governi ? Se anche le conversazioni fra Rapacki e Fanfani verranno dedicate solo in parte a tali questioni, c'è da sperare che possa nascerne almeno qualche nuovo elemento di giudizio. Se la crisi vietnamita sarà condotta, prima o poi al tavolo del negoziato, questo avverrà in seguito a un'indicazione tempestiva, raccolta in un determinato momento, quasi uguale a numerose altre, ma decisiva. Alberto Ronchey