La rivincita del grano di Giuseppe Medici

La rivincita del grano Sembra finita Vepoon dei "surplus,, agricoli La rivincita del grano Per molti anni le disponibilità mondiali sono state superiori alle richieste - Ora la situazione s'è capovolta; Asia, Africa, Europa Orientale acquistano grandi quantità di cereali e in molti Paesi s'incoraggia l'estensione deile semine - L'Italia può approfittare di questo nuovo rilancio dell'agricoltura Poche settimane or sono il Presidente Johnson annunciava che sarebbe stato incoraggiato un incremento del 15% della superficie coltivata a grano, e recentemente l'Amministrazione americana confermava le linee di una polìtica intesa ad incrementare il reddito degli agricoltori, ed a fornire una crescente quantità di derrate alimentari per soddisfare la richiesta del mercato internazionale. Ci troviamo di fronte al rovesciamento di posizioni, per lungo tempo mantenute non solo in America, dirette a contenere l'aumento dei surplus agricoli, che pesavano gravemente sul bilancio delle singole nazioni. Ciò avvenne persino in Italia, paese tradizionalmente tributario all'estero per l'acquisto di cereali, nel lungo periodo in cui la gestione del grano invenduto portò, in difesa del magro reddito degli agricoltori e dei contadini, a sostenere spese ingenti, sia per la conservazione degli stocks nei magazzini di ammasso, sia per gli interessi passivi che tale operazione inevitabilmente comporta. Non deve essere dunque cagione di meraviglia che il governo americano, per tutelare i prezzi dei prodotti é il reddito degli agricoltori, avesse dato vita ad una potente organizzazione il cui costo si misurava a miliardi di dollari all'anno e la cui atti vita consisteva nell'ammini' strare le quantità invendute, gradualmente collocate in diverse parti del mondo, soprattutto come aiuti ai paesi dell'Asia e dell'Afri ca, spesso in condizioni di indigenza. Ora è avvenuto qualcosa che ha' prof ondamenté cambiato la situazione alimentare del mondo e del mercato internazionale dei prodotti agricoli. H continuo e forte incremento della popolazione ha reso ancora più difficili le condizioni di approwigio namento di paesi come l'Egitto, la Cina e l'India, i quali, se tradizionalmente erano ai limiti dell'inedia, in tempi recentissimi han no compreso che non po tranno avere un reale e du revole sviluppo economico se prima non riusciranno a liberarsi dalla schiavitù del la fame. Perciò, pur non essendosi ancor verificato un progresso sufficiente nelle condizioni oggettive della loro economia, queste popò lazioni hanno puntato sul miglioramento della loro ali' mentazione, sia pure escitisivamente con l'aumento delle razioni di cereali. Si aggiunga che le nazio ni dell'Europa Orientale, sia del bacino danubiano sia della grande pianura sarmatica sino agli Urali, pur disponendo delle terre granarie più fertili del mondo, si sono trovate nella necessità di acquistare imponenti quantità di cereali sul mercato mondiale. Il conseguente rapido esaurimento dei swrplus e delle scorte, e soprattutto i recenti con tratti stipulati dall'Unione Sovietica e dalla Cina, che prevedono cospicui acquisti di grano per alcuni anni, confermano le previsioni sulla carenza di cereali nel prossimo avvenire. Queste ragioni spiegano il completo rovesciamento della politica agraria di alcune democrazie occidentali, che, talvolta, come è av venuto in America, per contenere i surplus, dovevano dare un premio perché si limitasse la superficie col tivata a cereali, cotone, tabacco e persino a semi oleosi. Un nuovo periodo, quin di, si apre per una vigoro sa ripresa della produzione agricola, senza timore per la caduta del prezzo dei ce reali e delle carni, che rap presentano, con le sostanze grasse, i pilastri dell'agri coltura mondiale. E ciò spie ga perché dall'Argentina al l'Australia, dal Canada agi Stati Uniti, le iniziative agricole siano entrate in un periodo di grande fervore favorite dall'esistenza di at trezzature e di impianti sino a ieri parzialmente oziosi e dal cordiale incoraggiamen to dei governi, che vedono inmlamoluvpurtdpmlapssrvrnltQ(svrIstvslmcddidmttlvg in esse anche un mezzo per migliorare le condizioni della loro bilancia dei pagamenti. * * E' stato autorevolmente osservato che dopo un così lungo periodo di surplus ci vorrà molto tempo per compiere gli adattamenti ad una « permanente èra di carenze di prodotti agricoli » ; tanto più che i Ministeri dell'Agricoltura dei diversi paesi resisteranno accanitamente all'azione di smantellamento delle organizzazioni per il controllo e l'ammasso dei prodotti; e che gli stessi agricoltori saranno riluttanti a fare nuovi investimenti in opere fondiarie, in macchinari e persino nell'acquisto dei fertilizzanti richiesti dal progettato aumento di produzione. Questi timori ci sembrano, però, esagerati. Già con gli attuali impianti ed attrezzature, i paesi esportatori, dal Canada agli Stati Uniti, dall'Australia all'Argentina, sono in condizioni di aumentare in maniera considerevole la produzione di cereali e poi anche quella zootecnica. In vista di questa crescente domanda di generi alimentari, mi sembra ci si awii rapidamente — ed in parte inconsapevolmente — verso una nuova fase dell'agricoltura mondiale, dalla quale il nostro paese non deve mantenersi estraneo. Il fortunoso periodo delle riforme agrarie nate dal conflitto sociale fra pochi proprietari terrieri, spesso assenti dal processo produttivo, e moltitudini di miseri contadini senza terra, sta per concludersi. La grande « questione agraria » che ha dominato fino a pochi anni or sono la politica europea ed asiatica, si può dire sostanzialmente risolta. Il la tifondo non solo è ormai scomparso dall'Europa ma anche in gran parte dell'Asia. Resta l'America Latina, con la sua agricoltura dalle illimitate risorse natu rali, a ricordarci quanto sia lungo e difficile il cammino della riforma fondiaria. Ecco perché la rivoluzione agraria che sta cominciando non sarà fatta dai contadini senza terra, ma dagli imprenditori e dai tecnici, sicuri che il loro ge neroso sforzo condurrà ad una crescente produzione che non solo troverà un consumatore, ma anche un mercato. Giuseppe Medici

Persone citate: Johnson