Politica e vita sentimentale in documenti «a cuore aperto»

Politica e vita sentimentale in documenti «a cuore aperto» Politica e vita sentimentale in documenti «a cuore aperto» Il congresso di Parigi Il re sollecita Cavour ad ottenere da Napoleone III compensi per l'intervento in Crimea. Il re al presidente del Consiglio Cavour (25 marzo 1856) Caro Cavour - La ringrazio della sua lettera e di Quella che mandò dopo a Rattazzi, a Pipa etc. che lessi. Mi pare che come diceva saggiamente in un tempo il Fischietto eamus ad magnam meretricem. Ma non perdiamo coraggio Quando la pace sarà segnata, non muova e secchi l'Imperatore fin che basti. Dia i principati all'Austria ed anche al Diavolo se li vuole, ma ci faccia dare quel che voglio. Senza di ciò diventerò molto cattivo e farò subito qualche orribile riscossa. Subito che vedrà qualche buona disposizione mi scriva. Intanto sia buono con Nini, non li faccia nessun dispiacere ed aggiusti il suo padre in qualche maniera. A rivederla. Mi voglia bene come io ne voglio a lei. Il suo affezionatissimo, Vittorio Emanuele (Archivio Reale - autografo) La «bela Rosin» Per la prima volta e forse l'unica volta, 11 re fa la storia del suo lungo legame con Rosa Vercellana, poi contessa di Mirafiorl e, dal 1869, sua moglie morganatica. Il Re alla principessa Clotilde (28 marzo 1864): Cara Kekina - Mi faccio un gran coraggio e mi metto a scriverti. Avrai trovato che ho aspettato molto, ma o. dirti lo verità, fui spaventato dalla prima parte della tua lettera in cui tu dai una fa mosa perrucca al tuo misero papalino. Nella seconda parte poi tu mi dici di non gennar mi con la Kekina e che essa mi vuole bene; ciò mi dà co raggio ed io mi metto all'opra fidandomi sulla tua bontà ed è conoscendola che io ti feci parlare di ciò.... Non ho amato in questo mondo che la tua santissima madre e poi questa, a cui un terribile destino ed un grande amore da ambo le parti mi unì, cercai, cercammo da principio tutti e due Varie volte di separarci, ma circostanze strane ci riunivano sempre malgrado noi. Conobbi questa donna a lì, anni. Essa aocompaffnava il suo padre cavaliere e capitano nelle guardie del corpo di mio Padre a Racconigi e dappertutto ove mio Padre andava il padre suo veniva perché mio Padre lo amava specialmente per il suo gran coraggio e spesso parlava con lui. Così la vedevo sempre. Essa mi amò moltissimo ed io riconobbi in essa, ancora assai giovane, gran bellezza e gran qualità di mente e di cuore, rara in una ragazza cosi giovane. Ecco come cominciò la cosa... Prima del 'S9 il Papa mi scrisse varie lettere in cui m'invitava a sposarla. Io le feci varie risposte finché Lui perché il fatto si potesse compiere mi tolse tutte le censure onde potessi ricevere i Ss. Sacramenti eseguirsi (sic) quando il modo di fare di un birbante che si diceva mio amico e che se ne pentì poi bene, sventò la cosa con gente di partiti a me ostili ed in quel momento difficile fu politica sospendere. Venne la guerra immediatamente'ed io fui di nuovo alla fine di essa preso dalle censure del S. Padre. Ora, cara Kekina, ecco in quale stato mi trovo. Le censure se io /acessi domanda al Papa, esso me le toglie sicu ro; sono pronto a sposaWa, ma non posso farlo che ben segretamente perché qui passo per averla già sposata da lungo tempo.... Ora bisogna ancora che io ti dica una cosa che ti parrà strana, ma pure à cosi: la Rosa spinta da un sentimento di alta delicatezza, mai mi parlò di matrimonio, temendo di far cosa contraria all'onor suo spingendomi a ciò e tutte le volte che io ce ne parlai, mi disse temere di fa re dispiacere ai miei figli e preferire la morte a quello che si potesse dire un giorno che essa fu quella che mi spinse a un passo falso. Ma essa non sa che tutti lo credono fatto e che tutti conoscono il suo carattere. Questo fatto stesso così di verso dal pensiero di altre donne mi spinse ancora qui a far quella promessa che co me uomo onorato e soldato mi lega fino alla morte. Riguardo ai figli, non pen serai saranno educati a ca sa mia, dal capellano della Venarìa e da un capucino. La figlia d grande più della contessa Viilamarina, può maritarsi quando piacesse, il figlio è così ardito, fatto ancora un corso, onderà all'Accade¬ mia per la carriera delle armi. Ho sofferto tanto in vita mia, ho avuto tante disgrazie in famiglia, passato anni ed anni nelle rivoluzioni, perdei il padre in esigilo, mi rovinai il cervello in gravi studi di mente, la-questione di Roma mi tormenta; fui abbandonato dalle mie care figlie, i miei figli non sono più miei, sono della nazione e non li vedo quasi più, abbandonato da tutti su questa terra. Cara Clotilde, ho bisogno, ho diritto ad avere un poco di pace, desidero di potere morire tranquillo. Ho bisogno perciò di essere riunito a quella persona che da 17 anni fu compagna indivisa delle mie pene e dei miei lavori per la patria e compagna nel mio lungo soffrire. Scusami se ti ho seccata, cara mia figlia, scrivimi qualche cosa di buono, che mi faccia bene, ne ho bisogno, ciao, mille baci. I sun pi nen genname. Lunedì 28 marzo 186!,. Il tuo misero padre Vittorio detto il disgrassià (Archivio Napoleone, autografo) Stato e Chiesa Il sovrano spiega alla figlia il conflitto del regno di Sardegna, e poi del regno d'Italia, con la Santa Sede: conflitto « politico », dice, e non « religioso ». II re alla principessa Ciò tilde (11 marzo 1866): Cara Clotilde - Tu sai che io ti amo immensamente, dunque sono certo che non prenderai di mala parte ciò che io ti vado dire riguardo a ciò che tu mi dici nella tua lettera sopra le questioni re ligiose di questo paese di cui hai l'aria di spaventarti. Prima di tutto ti dirò che la donna sia regina sia contadina non ebbe da Dio su questa terra che un uguale mandato, quello di amare chi deve amare, educare bene i suoi figli, farne e rendere felice la sua famiglia occupandosi intieramente dell'interno di essa. Quando la donna ha bene adempiuto a questo mandato divino, tranquilla nella sua coscienza, non deve occuparsi d'altro. Le donne che fecero diverso di ciò, che si occupavano di questioni che non devono trattare, che non possono capire, resero infelici le loro famiglie, cagionarono mali immensi ai governi. Spero che non vorrai cri¬ ticare o disapprovare gli atti di questo governo, non potendo tu stessa apprezzare o studiare i motivi del perché si fanno certe cose.... Poi per tua pace ti dirò che quello che è accaduto e che accade nel Ttostro paese, accadde già in molti altri. E' il progresso sociale che lo esigge, è il seguito di quella grave rivoluzione che decise dei destini di nostra patria. Mai il dogma fu attaccato e le questioni che furono dibattute furono sole questioni di amministrazione civile delia Chiesa, cosa fatta dagli uomini . e non da Dio, cosa in cui la Chiesa .non è infallibile, cosa in culla Chiesa deve come gli altri Stati seguire il progresso civile dei tempi e se non lo fa, cade negli stessi guaj che caddero altri Stati come attualmente gli succede. _ Ti ricorderai che già io ti dissi che io mi consideravo come uno strumento della divina Provvidenza, forte della fede inconcussa nei divini voleri, tranquillo della mia coscienza, tutto cimentai e cimentai anche mia cara figlia Ricordati, fatti straordinari succedettero dal '1,8 in qua di cui non ovvi esempio nella storia dei popoli; nessuna forza umana poteva farli riuscire se X>io non lo avesse permesso e voluto. Indegni principi furono scacciati e purtroppo la Chiesa stessa porta la pena ed il castigo di avere dimenticato il suo di vino mandato tutto di carità posposto questo ai detestabili vizi, le ambizioni terrestri e talvolta le più infami turpi tudini. Fra breve credo saremo chiamati a terminare con l'armi la nostra terribile lot ta pel compimento e l'unità di nostra patria. Se Dio vuole proverà la sua volontà ed il nostro bene operare rendendo nostre armi vittoriose, se abbiamo fallito, il primo a soffrire la pena sarò io e prego Dio che mi dia il tempo di chiederle umilmente perdono. Scusami, cara figlia, .se ti ho forse seccato, ma è meglio che tu sappia come io la penso e che tu faccia come 10 ti dissi, perché sono sicuro di non sbagliarla. Ora non sono tranquillo finché tu non mi scrivi qual che cosa per dirmi che. tu vuol bene al tuo padre che ti ama immensamente. Pitti, li 11 marzo 1866. 11 tuo affezionatissimo padre Vittorio Emanuele (ArchivioNapoleone, autografo)

Persone citate: Cavour, Napoleone Iii, Rattazzi, Rosa Vercellana, Rosin

Luoghi citati: Austria, Crimea, Italia, Parigi, Racconigi, Roma, Sardegna