Il PM chiede sette anni per il giovane di Ceva che la bella pettinatrice accusa di sfruttamento di Alberto Nicolello

Il PM chiede sette anni per il giovane di Ceva che la bella pettinatrice accusa di sfruttamento Droga e convegni amorosi al processo di Mondovi Il PM chiede sette anni per il giovane di Ceva che la bella pettinatrice accusa di sfruttamento Il Pubblico Ministero propone 4 anni per Ferreri e 3 per Muratore (che devono rispondere dello stesso reato) e 3 anni per il barbiere di Moneterò: nel suo negozio avvennero gli incontri immorali - A tutti gli altri assoluzione con formula dubitativa - Un teste reticente è arrestato in aula - Poi ammette ed è prosciolto: « La ragazza mi confessò d'aver trascorso una notte in una stanza con quattro giovani » • Stasera la sentenza (Dal nostro Inviato speciale) Mondovi, 7 luglio. Oggi al processo contro i giovani accusati di sfruttare una pettinatrice di 17 anni, il P.M. ha presentato le richiesti» assoluzione per insufficienza di prove alla maggior parte degli imputati» pene da S anni e 10 mesi a 6 anni e 10 mesi per i quattro principali accusati: Bruno Porasso di 23 anni, da Ceva; Mario Muratore di 24 anch'egli da Ceva; Secondo Ferreri di 22 da Mondovi; Silvano Peirano di 80, di Dogitani. L'udienza di ieri ha avuto una fase drammatica nell'interrogatorio di Margherita Aimar, 17 anni, di Mondovi, la sconcertante protagonista di questa vicenda ohe fa- tanto parlare qui intomo. La sua è stata una deposizione colma di contraddizioni, di imprecisioni; sovente tornava la frase ripetuta più e più volte in istruttoria: « MI avevano drogata, non capivo niente ». La ragazza ha ancora accusato i suoi giovani amici, e primo fra tutti il suo ex fidanzato: il Porasso. Li ha accusati di aver approfittato deità sua innocenza, di averle fatto prendere delle polverine: insomma, lei è una vittima. Stamane, verso le 10,30 si è aperto il dibattimento. Porasso, Muratore e Ferreri, arrestati circa sei mesi fa, sono nel bancone; gli altri, in libertà provvisoria, arrivano alla spicciolata: sono in sei. Mancano le donne: la Aimar, dopo la deposiziono di ieri è tornata al « Buon Pastore » di Torino; Caterina Ghighine, detta Katia, anni, l'altra « sfruttata », non sV fatta vedere, come ieri. Nell'aula piocola, pomposa, straripante di fregi, fa già caldo; la folla si spinge dietro le transenne. Ecco il primo teste: Domenico Taricco, 23 anni, ex socio del Porasso. Teste — Avevamo Insieme un'officina di carrozzeria; poi ci siamo separati: Bruno non rendeva sul lavoro. Era sempre in giro, con ragazze, fidanzato di qua, fidanzato di là. Ma non m'ha mai detto delle prostitute, né delle droghe. Aveva dei soldi: sta molto bene di famiglia. Il presidente, dott. Dellaterza, gli fa notare ohe in istruttoria aveva detto di sapere di traffici loschi dell'amico. Teste' (confuso) — 81, è vero: mi aveva accennato alla droga che dava alla Aimar. Mi aveva detto: la faceva impaz zlre, in modo che non le bastava più niente. Presidente — Una volta il Porasso le ha proposto di incontrarsi con delle donne di Alessandria? Teste — SI. Ritengo che fosse per sfruttarle. Presidente — Ah! per sfruttarle! Teste — 81, una volta me l'ha detto. Salta in piedi il Porasso — Non è vero — grida — si inventa tutto perché abbiamo bisticciato. S'è fatto influenzare dal carabinieri. Lo fanno tacere. Porasso veste un elegante abito «stivo in doppio petto; sul volto larga, da gente dei campi, gli cade un ciuffo ribelle. Si alza di nuovo : « Io andavo — dice — in giro con le donne; ma mica le sfruttavo. Anzi mi mangiavo l soldi ». Presidente (rivolgendosi al Taricco) — E ci racconti del fatto di Monchiero. Teste — Eh al, a Monchiero, Bruno ha portato la Aimar: me l'ha detto. C'erano tre o quattro amici: hanno pagato 3 mila lire. Sull'incontro di Monchiero» a più esplicito un altro teste, Nello Munerato. « Eravamo 11 nella bottega del Peirano, il barbiere, — raoconta — una sera dell'agosto dell'anno scorso. Arriva il Porasso: "VI va una ragazzina?" ci dice. "Potremmo farlo nella retrobottega, se Peirano ce la presta". Accettiamo tutti: la ragazza entra nel retro. Porasso dica: "Chi vuole andare vada: costa tremila". Io sono andato due volte: la seconda mi ha fatto lo sconto di 500 lire». Il pubblico ride, di cuore. Vengono avanti altri testi, si somigliano tutti: ragazzi semplici, con i vestiti della fe¬ sta, impacciati. Si sono incontrati con la Aimar, hanno pagato; non credevano di finire davanti al giudice, sia pure come testi. Uno dice: « Quando la Aimar è venuta a Monchiero ci slamo detti: finalmente viene qualcuno ad alzarci il morale ». Poi c'è l'altro episodio: quello che riguarda il Muratore, gestore del bar Italia a Ceva, e la sua amica, Katia. Ne parla Giuseppe Roascio, 35 anni, di Ceva: «Il Muratore — dice — mi aveva confidato che in una stanza sopra il suo bar c'era una ragazza che ci stava: qualcuno era già andato su e sceao, altri aspettavano. Mi mono meBSo in coda anch'io ». Presidente — Al carabinieri aveva detto che 11 Muratore dirigeva 1 turni... La gente ride di nuovo, copre la timida risposta del teste. Sugli spogliarelli di Katia è interrogato Giuseppe Martelli, 39 anni, autista di piazza a Ceva: «Ci sono andato anch'Io con la Katia. Poi una sera l'ho portata con al-, tri quattro giovani nei prati fuori paese. Il giorno dopo mi hanno raccontato che dopo una bella bevuta la donna ha danzato alla luce di un fuoco In mezzo a loro, togliendosi i vestiti». Ancora testi, che dicono di aver incontrato una o l'altra delle due ragazze, di averle pagate; gli ultimi sono sentiti nel pomeriggio. Calogero Riccobono, 30 anni, nato a Tunisi, falegname a Mondovi: il presidente gli domanda dei rapporti tra la Aimar e il Porasso, dato ohe il Riccobono era amico della famiglia. Il falegname si trincera in un «non ricordo». Il presidente lo fa ar¬ restare provvisoriamente per reticenza. Lo richiamano dopo qualche altro teste; arriva mesto in volto, pentito. Dioe tutto quello che sa: «La Aimar mi aveva confessato — afferma — che per tutta una notte era stata in una stanza con quattro uomini; il ricavato l'aveva dato al fidanzato, al quale aveva comprato anche un ciondolo ». Presidente — Ha avuto l'impressione che la Aimar fosse drogata? Teste — SI: spesso era come inebetita, mi guardava come una stupida. Aveva la stessa faccia di quegli arabi del mio paeee che prendono le droghe. - Ora toccherebbe a Marina Marenco, la nota « postino della droga», che a Cuneo ha denunciato per trafficò di stupefacenti sei o sette persone: qui dovrebbe comparire come teste in qualità di amioa della Aimar. Ma non c'è, i carabinieri dicono che non è stata trovata nella pensione di Torino dove abita. Parla il p. m., dott. lolla Canonero. « Ora questa forma di delinquenza — esordisce — è arrivata anche qui, in tranquilli paesi: per frenarne il dilagare occorre che noi prendiamo una decisa posizione ». Esamina le accuse per ogni imputato, afferma di non credere del tutto alle dichiarazioni della Aimar, e presenta le riohieste: per il Porasso S anni e 10 mesi per lenocinlo, sfruttamento e favoreggiamento; per il Muratore 3 anni, per lenocinlo e favoreggiamento; Ferreri b anni per gli stessi reati; Peirano 8 anni e 10 mesi sempre per quei reati. Ritiene che tutti gli altri imputati debbono essere assolti per insufficienza di prove. Il reato di atti immorali, che grava anche sulle due donne, è estinto per amnistia. Domani pomeriggio riprende il dibattimento; in serata si deciderà il destino di questa decina di giovani che, come in una spensierata danza campestre, hanno ruotato intorno a una sconcertante ragazza diciassettenne. Alberto Nicolello Ferreri, da sinistro, Muratore e Porasso al banco degli imputati ieri a Mondovi