Un'inchiesta su come si svolse il primo processo della Zanzara

Un'inchiesta su come si svolse il primo processo della Zanzara La chiede il Presidente del Tribunale di Milano Un'inchiesta su come si svolse il primo processo della Zanzara Il dott. Bianchi d'Espinosa sollecita il ministro Reale e la Cassazione di chiarire se corrispondono a verità o se invece sono false le gravi affermazioni rivolte contro di lui dalla Procura generale - Il risultato, dice, dovrà essere un provvedimento disciplinare nei confronti suoi o del P.G. - Gli avvocati milanesi si rivolgono a Saragat, preoccupati che il dissidio tra magistrati porti la pubblica opinione a non aver più fiducia nella giustizia (Nostro servizio particolare) Milano, 7 luglio. Il presidente del Tribunale di Milano, Luigi Bianchi d'Espinosa, che diresse il primo processo per La Zanzara, ritenendosi direttamente e ingiustamente colpito dagli apprezzamenti della Procura generale indicati nell'istanza per spostare a Genova il procedimento di appello («artificiosa tensione», «bivacco di studenti e di attivisti », « ribalta di avanspettacolo di periferia », « occhi indulgenti del presidente », ecc.) ha chiesto al ministro della Giustizia, Reale, e al Procuratore presso la Cassazione, dott. Poggi, di aprire un'inchiesta per appurare se quelle affermazioni corrispondano o no a verità. Data per certa negli ambienti giudiziari milanesi, la notizia dell'iniziativa presa dal presidente del Tribunale non è ancora ufficiale. A conferma della sua verità sta tuttavia il fatto che lo stesso presidente, da noi interrogato in proposito, non l'ha smentita, trincerandosi dietro il tradizionale no comment. A quanto sembra nel suo esposto Luigi Bianchi d'Espinosa si è vivacemente lamentato delle dure accuse rivoltegli dalla Procura generale con un tono del tutto inconsueto nei documenti giuridici e ha affermato che, dopo un sì aspro attacco personale, incombe al ministro ed alla Cassazione l'obbligo di far piena luce e di prendere severi provvedimenti: o contro di lui o contro il magistrato che lo ha accusato. La reazione del presidente del Tribunale non ha sorpreso gli ambienti giuridici milanesi. Anzi in un certo senso era scontata perché anche coloro che non condividono le posizioni di Bianchi d'Espinosa ammettono che degli episodi e degli atteggiamenti tanto duramen te criticati dalla Procura generale si sarebbe potuta dare anche una interpretazione diversa. Per esempio è perlomeno opinabile che il primo processo si sia svolto in « una atmosfera di artificiale tensione, frutto di violenta campagna di stampa, ispirata e orchestrata dai giornali ufficiali di alcuni ben individuati partiti ». Certo a Milano e anche altrove c'è chi condivide questa tesi; ma molti al contrario ritengono che l'interessamento della stampa, di tutta la stampa senza distinzioni di corrente, sia stato spontaneo e proficuo. E in ogni caso ricordano che, a provocare l'« esplosione », furono le rivelazioni di un giornale del pomeriggio di tendenze chiaramente conservatrici che sparò un titolo a piena pagina criticando aspramente la « scandalosa » condotta dei giovani pariniani. Anche il fatto che La Zanzara abbia offerto spunto a discussioni in sede di Consiglio comunale, a una raccolta di firme, a un corteo di studenti, a un'assemblea di magistrati — episodi, questi, che la Procura generale nella sua richiesta elencava come sintomi di artificiosa tensione — può benissimo essere interpreta to in senso diametralmente opposto: come segno cioè di appassionato interesse per la cosa pubblica, di attiva partecipazione ai problemi del Paese. Restano — questo è il punto più importante — le durissime critiche mosse dalla Procura generale al modo in cui si svolse il processo. Secondo la Procura « l'episodio più grave di faziosità e di intemperanza si verificò quando l'incauta iniziativa di adibire l'aula magna, la predisposizione dei posti per spettatori d'eccezione (perfino alle spalle del Collegio) e l'enorme affluen za di pubblico trasfermava no la sala in un bivacco di studenti e di attivisti, in una ribalta di avanspettacolo di periferia dove il p. m. Lanzi divenne oggetto di irrisione e contumelie sotto gli occhi indulgenti del presidente che anzi contribuì a mortificarlo ». La maggioranza dei giudici e degli avvocati milanesi non è di questo parere. Per esempio l'iniziativa di adibire l'aula magna venne considerata da moltissimi non già « incauta », ma pru¬ dente e saggia perché, se fosse stata scelta un'aula piccola, gli esclusi avrebbero potuto inscenare rumorose proteste nei corridoi del Palazzo di giustizia. Inoltre la partecipazione quanto più larga possibile del pubblico al dibattimento è ritenuta indispensabile da tutti coloro che hanno un concetto democratico della giustizia. Di ogni aspetto, di ogni momento del caso « Zanzara » si possono dare due versioni diverse: una, diciamo così, « modernista », l'altra « conservatrice ». Una specie di test che ha diviso in due schiere la magistratura italiana impegnandole l'ima contro l'altra in una specie di estenuante braccio di ferro. Contro i pericoli di tale situazione si è espresso stasera il Consiglio dell'Ordine degli avvocati e procuratori di Milano in un appello indirizzato al Presidente della Repubblica. « Episodi recenti — dice l'appello — di propria naturale modestissima entità hanno purtroppo dato occasione all'aperta manifestazione di clamorosi dissensi in termini di inconsueta asprezza tra magistratura giudicante e magistratura requirente, tra appartenenti all'Associazione, da una parte, ed all'Unione magistrati dall'altra, quasicché le questioni dibattute costituissero interessi privati dell'uno o dell'altro magistrato. Questo doloroso stato di cose, questa palese divisione di animi in coloro che — in uno Stato di diritto — debbono assolvere ad un'altissima funzione, determinante ai fini del pacifico ed equilibrato svolgimento di ogni attività del Paese attraverso il controllo che si estrinseca nella funzione giurisdizionale, per ciò stesso munita di amplissime garanzie, questo stato di cose determina, non solo in coloro che per ra-: gioni diverse hanno più stretto contatto con la magistratura, ma nella ge neralità dei cittadini, uno scadimento assoluto del pre stigio degli appartenenti a quell'Ordine ed una progressiva mancanza di fiducia, che, sia detto per inciso, altro non fa che aggravare con nuovi elementi quella crisi della giustizia, della quale Ella ebbe a suo tempo ad occuparsi. Dimi nuzione di prestigio che si intende perfettamente, poi che è alla base del più modesto insegnamento scola stico la nozione che-il giudice decide esclusivamente secondo la legge e la propria coscienza e sono notorie le battaglie combattute dalla magistratura per conquistare l'autogoverno inteso come mezzo per frenare il disordine sociale». «H fenomeno è dunque di un'indubbia gravità — continua il documento —, perché questo senso di sfi ducia, per non dire di aperta disistima, va sempre più diffondendosi tra tutti i cit tadini e potrebbe portare a dolorose conseguenze anche sotto l'aspetto sociale, data l'esigenza di giustizia sen tita soprattutto nelle classi più umili. Questo Consiglio colpito più da vicino dal grave fenomeno denunciato, ha ritenuto pertanto dove roso segnalarlo al Capo del lo Stato per invocarne l'au torevole, persuasivo intervento, l'unico che possa riportare la magistratura all'autorità ed al prestigio di un tempo, tanto più indispensabili in un momento — come l'attuale — di. continua evoluzione sociale. Con devoto ossequio ». L'appello è firmato dal presidente del Consiglio dell'Ordine avv. Alberto Baseggio e dal consigliere segretario avv. Cesare Vizzardelli. Gaetano Tumiati

Luoghi citati: Genova, Milano