Sordo non c'entra con Sordèvolo

Sordo non c'entra con Sordèvolo D IF E Sa D E Ita L IN (7 V A Sordo non c'entra con Sordèvolo La nostra recensione del «Dizionario di toponomastica piemontese» di Dante Olivieri ha dato motivo a qualche protesta - In realtà, l'origine dei nomi locali è sempre difficile da stabilire - Tante volte occorre accontentarsi di congetture - I casi di Dronero, Viù e Monteu Segnalando il Dizionario di toponomastica piemontese di Dante Olivieri, ben prevedevamo l'interesse, sempre temibile e guerriero, dei dotti locali. Cosi da Sordevolo levata di scudi contro la supposizione che in quel nome abbia a entrarci <sordo» (che non è nemmeno nell'antico dialetto locale, dove « sordo » si dice cior.gn). Ma la colpa è nostra che svisammo il pensiero dello studioso. Il quale accennando a quella derivazione intendeva appunto colpire un'etimologia a orecchio, ossia sbagliata, laddove al lemma « Sordevolo » non manca di richiamare 1 due etimi più probabili ed ambedue fluviali: super elevum (cioè sopra il fiume Elvo), e surgihulum, sorgente. Con ciò siamo grati al lettore sordevolese M. Neiretti che tanto bene ci chiarisce la prima e per lui certa etimologia, togliendone conferma al vicino Magnonevolo (frazione di Cerrione), per l'appunto situato sulla sinistra dell'Elvo là dove corre più grande (magnus), e anche addentrandosi nell'esame di < Elvo », che, a preferenza d'un nordico elf, fa derivare da un verbo eluo, is, lavare, nettare lavando; ipotesi confortata dall'avere in quelle acque avuto principio l'arte biellese della lavorazione della lana. Ma non meno ferrata l'erudizione di un altro sordevolese, E. Fogliano, che ci ragiona il suo attaccamento per la derivazione surdibulum (un surgibulum con suffisso più biellese), sorgente, da che anche l'antico francese sourdan, sorgiva. Un'altra bella « scheda », da giovarsene una ristampa del Dizionario, ci ha inconsapevolmente mandato il lettore A. Pedrini a proposito di Bramatami bella, diremmo, in senso vichiano. Brama, bramare, desiderio: Fames, fame, carestia e anche morto di fame; Fama, anche gran desiderio di giustizia. Il tutto illuminato col ricordo di lunghe contese che l'affamato popolo aostano sostenne intorno al Mille e d'una sua fuga collettiva, per disperazione, al castello dei feudatari Bozzo o Bosone. Si può aggiungere che nell'antico piemontese brame sta anche per Ruggire. Tre toponimi piemontesi ricorrono in una sola terzina del poema di Dante, uno dei quali In posizione doppiamente privilegiata, osBia in fin di verso e in fin di canto. Si tratta com'è noto, di Canavese («...Guglielmo Marchese - per cui e Alessandria e la sua guerra ■ fa pianger Monferrato e Canavese », Purgat. C. VII); la cui derivazione da < curtis Canaba » Icanaba o canipà.- « luogo di raccolta dei prodotti agricoli ») sembra assodata. Ma troppi altri toponimi piemontesi pendono incerti da due o più etimi; e qui ne ricordiamo appena alcuni, confidando nella * carità del natio loco » e nel suol miracoli di Derspicacia etimologica. E' incerto se Cavoretto rinvìi a caput (come Capovalle) oppure a cavus (come Cavaglià); se Carrù (in carte trecentesche Carruto) a un casato Carutti o a un gallico carrodunum, fortezza di carri; se Chivasso a un clivacius da clivus o non piuttosto a un Clebus, variante di Cleppho, nome di signore feudale. E pur concedendo che Cocconato, diminuito nella frazione Cocconito, riposi su un piem. oucùn, dà coccum. il senso sarà di « tappo » o « bozzolo », oppure di «coninone»? Imbrogli di senso si hanno anche per Dronero, . pur pacificamente disceso da un medievale Dragonero (onde la locanda « Drago nero »). Non è chiaro se il dragone compaia come nome di animale oppure in uno dei suoi significati secondari e in quale: «frana», € erba dragonna >, « dimora di dragoni » o anche un pedestre « Draconarius », nome di un coman¬ dante di prefetto bizantino, cosi detto dall'insegna. Aiutandosi invece con un.briciolo di poesia e ricordando che a Dronero cavalca un Ponte del Diavolo, l'idea di dragone sarebbe evocata da quella di acque in piena che soffiano per violenza; che è la bella ipotesi dell'Olivieri. "Spinoso è Viù, e non tanto perché si dubiti di non sentirci il lat. vicus quanto per la sua forma ossitona. Scartati come assurdi un vicutus e un vicodunum, si deve pensare a un originale dialettismo Vlu che per attrazione di nomi diversamente accentati sia stato pronunciato Viù, trasposizione affine e contraria a quella dell'originario Ufonteù. (Montacutus) mutato in Montèu forse per l'illusione di avere a fare con un eu francese. Ma non si scarti nemmeno l'ipotesi di un'evoluzione dialettale del genitivo plurale vicorum. Dopodiché immaginiamo fervore di risposte, anche brusche. Ma intanto, per chi villeggiasse in Piemonte, quale di.anitositm otium e quale palestra di gusto linguistico, moglie e figliuoli permettendo, è questo andar speculando l'origine dei nomi di paese. Leo Pestelli