«Androclo e il leone» di Shaw rappresentata nei Giardini Reali

«Androclo e il leone» di Shaw rappresentata nei Giardini Reali «Androclo e il leone» di Shaw rappresentata nei Giardini Reali La commedia mancava in Italia da quasi quarant'anni - E' stata messa in scena all'aperto con la regìa di Mario Ferrerò, protagonista Gamico Tedeschi o e o l i o i Shaw all'apertoT Quattro an-,sni fa, il regista Mario Ferrerò allestì nei Giardini Reali una Santa Giovanna per la Prodemer. Ieri sera, nello stesso verdeggiante teatro, ha presentato Androclo e il leone che alcuni considerano un sorridente prologo al dramma sulla Pulzella. In verità i due lavori (distanti dieci anni l'uno dall'altro: 1913-1923) lianno in comune la convinzione die, in un mondo che poggia sulle armi e sull'oro, gli ideali cristiani sono ancora inattuati. E'. Questo convincimento è espresso con mirabile efficacia nell'invocazione finale di Giovanna: «Dio, quando questa stupenda terra che hai creato sarà pronta per ricevere i tuoi Santi? ». Ma in Androclo e il leone c'è un'altra aria: prevale la leggerezza dei toni, difetta l'interiorità. Già l'avvio; suggerito da un apologo che lo scrittore latino Aulo Gellio raccoglie nelle sue Notti attiche, ha un garbato sapore di favola. Il sarto Androclo, di cui Sliaw ha fatto un cristiano perseguitato del secondo secolo, fug gendo nella foresta con la moglie Megera (e mai nome fu più calzante), inciampa in un leone die lamentosamente ruggisce per una spina nella zampa. Zoofilo osservante, Andro ciò gliela toglie guadagnandosi la riconoscenza della belva. In che modo essa gli verrà dimostrata, è l'argomento dei due atti che seguono. Ritroviamo Androclo alle por¬ te di Roma in un gruppo di ,'prigionieri cristiani che s'av¬ viano giocondamente al martirio. Fra essi, l'orgogliosa gentildonna Lavinia resiste, nel tempo stesso che ne è attratta, all'innamorato ufficiale che la scongiura di abiurare; il giganditesco Ferrovio lotta contro lo o o - lieStpthiBgpcbn lui e minaccia di travolgere i fragili ripari della fraternità e della carità; il debosciato Spintilo si dibatte tra le tentazioni di un martirio che lo purghi dei suoi peccati e il terrore di affrontarlo. Chi non ha dubbi né tormenti — come il < povero di spirito » delle Beatitudini — è lui, Androclo. Costoro non vengono perseguitati perchè cristiani ma, piuttosto, come minacciosi sovvertitori dell'ordine costituito, come pericolosi ribelli. Sono bizzarri e insoliti? Dunque vanno considerati alla stregua di esseri asodali. E' la tesi, nient'affatto paradossale anche se incomoda, di Shaw che non ha inteso rappresentare «il conflitto di una teologia falsa contro una vera » ma ricordare i mezzi di difesa di ogni società conservatrice. Perché la persecuzione cessi, basterà infatti che i cristiani, sacrificando per la forma a una divinità pagana o neppure questo, rientrino nella norma, ritornino alla legalità. Così avviene all'ultimo atto in cui Ferrovia, fatta strage di gladiatori sotto gli occhi di un improbabile ma gustoso imperatore, riconosce lealmente di essere un fedele di Marte più che di Cristo e dallo scettico monarca, incantato dalla sua impresa, ottiene il perdono per sé e per t compagni. Tranne che per Androclo. spinto nell'arena per placare la folla che pretende a gran voce una vittima. Ma qui il sarto ritrova proprio il suo vecchio amico leone e, davanti alla corte esterrefatta, con lui s'allontana in un gioioso balletto verso la libertà. Androclo e 11 leone non è tra le commedie più popolari di Shaw. Da noi almeno, dove non crediamo che sia stata più ripresa da quando Tofa no e Almirante la rappresentarono quasi quarant'anni fa. Di primo acchito, si direbbe particolarmente adatta ad uno spettacolo all'aperto. In realtà, lo è soltanto al patto di dilatarla — è anche alquanto breve — e di stiparla di cristiani, soldati, gladiatori, cortigiani. Così ha fatto Mario Ferrerò: certo è che, straripando sotto una luce abbagliante per tutti i lati e anche fuori del vasto palcoscenico, la commedia diventa più este riore di quanto già sia e una comicità caricaturale disper de l'umorismo tagliente ma sottile delle battute di Shaw. Ma il divertimento dello spettatore è assicurato, anche se <on mezzi un poco fragorosi e vistosi (musici!e di Ni colai, tra ruggiti e schiamazzi amplificati, scene e jostumi di Maurizio Monteverde). Gianrico Tedeschi è un protagoni sta sobrio e scrupoloso, Renzo Montagnani è un imperatore abbastanza shawiano. Coloriti, anche troppo, gli altri: Ave Ninchi, alla quale il regista, per il resto ragionevolmente rispettoso del testo tra dotto da Paola Ojetti, impone di riapparire nella parte di Megera in un finale appiccicato; Vittorio Congia, spassoso fuori e dentro la pelle del leone; Arnaldo Ninchi, tonante Ferrovio, e Anna Brandiima rt e, più sommessa Lavinia; e ancora Giancarlo Dottori, Mariano Rigillo, il Reali, il Marescalchi e i loro nume rosi compagni. Esito assai cordiale, con molte risate ed applausi alla fine dei due tempi. Lo spettacolo si replica sino a giovedì. a. bl.

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