Il saluto di Moro a Berlino Ovest «città del coraggio e della libertà» di Giovanni Giovannini

Il saluto di Moro a Berlino Ovest «città del coraggio e della libertà» Il Presidente del Consiglio conclude la visita in Germania Il saluto di Moro a Berlino Ovest «città del coraggio e della libertà» II sindaco Brandt lancia un appello alI'Urss (e chiede l'appoggio dell'Italia) perché migliori la «condizione umana » delle due Berlino - Breve visita al tragico muro, 30 km di filo spinato e 15 di cemento: « Doloroso, ingiusto », commenta il Presidente commosso - Oggi Moro tra gli italiani di Stoccarda; in serata il ritorno a Roma (Dal nostro inviato speciale) Berlino, 30 giugno. Il muro di Berlino, il tragico solco che per quindici chilometri di cemento e trenta di filo spinato o macerie divide l'ex capitale tedesca, è apparso in tutta la sua disumana desolazione all'on. Moro dall'osservatorio della Potsdamer Platz. I tre autobus panoramici, sui quali avevano preso posto il Presidente del Consiglio e il sottosegretario agli Esteri, sen. Giorgio Oliva, diplomatici e giornalisti, erano partiti dall'<< Hotel Hilton », attraversando il nuovo centro della città occidentale, splendida sotto un sole inat¬ teso dopo tanta pioggia, fervida di attività, ricca di palazzi appena finiti o in costruzione. Solo andando attraverso il quartiere di Kreuzberg, qualcosa cominciava a intrawedersi sulla destra, attraverso certi spiazzi lasciati ancora dalla guerra e non più riempiti: una barriera bruna di mattoni, uno snodarsi di filo spinato. Alla Potsdamer Platz, il colpo d'occhio sgomenta anche chi, come il sottoscritto, ha visto, nell'agosto del '61, nascere e svilupparsi fulmineamente il n uro. • Dall'osservatorio — m palchetto alzato di qualche metro.— Moro guarda quello che era uno dei centri più pieni di vita della vecchia capitale: ora è una spianata da fantascienza, rotta da reticolati, da barriere di acciaio anticarro, da postazioni mi litaresche, senza altri esseri viventi al di fuori di pochi ma attenti Vopos e dei loro cani. Il Presidente ascolta le molte indicazioni e tace: « Doloroso, ingiusto », sono state le uniche parole che gli abbiamo sentito pronunciare durante tutta la visita Dobbiamo affrettare i tempi, mezzogiorno è vicino, il Presidente è atteso a Palazzo Schoeneberg dal « sindaco e capo del governo di Berlino », Willy Brandt. L'incontro — al quale prendono parte gli ambasciatori dei due paesi nelle rispettive capitali, Luciolli e von Bittenfeld — è al solito semplice e cordiale: il borgomastro ringrazia il Presidente per le sue parole che hanno toccato il cuore ai berlinesi (« Come democratico e come uomo, vengo ad attestare amicizia e solidarietà a questa città del coraggio, della tenacia . e del profondo amore per la libertà »). Si parla del muro: Moro concorda con Frandt nel definirlo « mm atto di forza che dimostra la debolézza di un regime incapace di fare fronte alla realtà » e, ancora commosso per quanto ha visto, auspica che « possa almeno essere attenuata la crudele separazione di tante famiglie ». Il borgomastro è pronto a chiedere all'Italia che, in occasione di contatti con l'Est, richiami l'attenzione dei sovietici proprio su questo tema, sulla necessità di migliorare almeno la « condizione umana » nelle due Berlino. «Tutto — dice Brandt — dipende da Mosca, anche se formalmente essa invita sempre a rivolgersi a Ulbricht. A un ambasciatore sovietico che ridendo mi aveva risposto in questo modo, replicai: "E va bene, se proprio volete, ci rivolgeremo a Ulbricht, ci metteremo d'accordo con lui, e metteremo insieme il nostro e il suo esercito ". L'ambasciatore smise di ridere ». Era, è ovvio, una battuta, che oggi ha fatto sorridere gli interlocutori italiani : nessuno più di Brandt si batte tenacemente per una distensione e una convivenza tra le due Berlino, le due Germanie, i due blocchi. Lo ha ripetuto anche oggi nell'invitare l'on. Moro a firmare il Libro d'oro della città (dove già figura il nome del presidente Saragat, « la cui visita è per noi un caro ricordo ») : « Dobbiamo sapere vivere in uno stato di tensione se non c'è altra possibilità, ma nessuno creda che per noi ciò sia gradevole e desjiifBfa&Me: dobbiamo e vò«SÈfe>.;. al con trario, con tinùtfré o' parjterci per la distensione, ; per alleggerire la sorte dei nostri connazionali e degli uomini che vivono qui lungo il confine tra Est e Oveèt. « Signor Presidente — ha concluso Brandt — noi desideriamo che il peso del suo paese diventi ancora più forte sulla bilancia delle decisioni europee. ed internazionali poiché ciò, siamo convinti, servirà molto a tutti noi per la pace nel mondo ». Moro gli ha risposto parlando del «luminoso esempio di questa isola di democrazia contro la quale si è levato un muro di separazione, di dolore e di violenza ». Con queste dichiarazioni chiudiamo la cronaca della giornata berlinese del presidente del Consiglio (dopo avere visitato, nel pomeriggio, il museo di Dahlem, l'on. Moro ha partecipato in serata al ricevimento, offerto in suo onore da Brandt nel castello di Charlottehburg). Quella di domani jTl'ultima del viaggio 4à;§èrmania, a Stoccarda — sarà dedicata ài lavoratori' 'italiani nella .' Repubblica'...Federale tedesca. Giovanni Giovannini