Forte dei Marmi ha impegnato una battaglia contro la volgarità di Arrigo Benedetti

Forte dei Marmi ha impegnato una battaglia contro la volgarità Sperante di salvezza pei* la Versilia miiiaeeiaia Forte dei Marmi ha impegnato una battaglia contro la volgarità Finora questa terra ha resistito bene: con la bellezza ha una tradizione da difendere (Dal nostro inviato speciale) Forte dei Marmi, giugno. Le tante persone che dall'inizio dell'estate percorrono il lungomare versiliese, giunte al Forte dei Marmi, il borgo costiero cui fanno corona le montagne grigio-turchine ravvicinate dalla luce trasparente, subiscono all'improvviso una visione sinistra che, dalle gradevoli figurazioni del 1966, strappa indietro nel tempo. Si direbbe che una macchina guerresca abbia schiacciato con crudeltà l'edificio classicheggiante, e non privo di residui floreali, del Grand Hotel. Ebbe a costruirlo, circa quarantasei anni fa, il sindaco Achille Franceschi, diventato poi noto come proprietario della Capannina. Quasi si rovinò per finanziare una installazione alberghiera che, per quanto architettonicamente mediocre, aveva una sua nobiltà. Si richiamava ad altri posti di villeggiatura europea; forse voleva ricreare in Versilia il clima di Nizza, di Cannes, magari di Deauville o di certi ameni posti dei laghi svizzeri. Ora, il maestrale della sera smuove la polvere dei terrazzi, dei cornicioni distrutti da demolitori che — lo si capisce subito — avevano fretta, volevano mettere qualcuno di fronte al fatto compiuto. Il Forte è uno dei luoghi della costa ligure e tirrenica che resiste meglio al generale involgarimento. E' intatto il vecchio ombroso e quieto quartiere di Roma Imperiale dove, sempre una quarantina d'anni fa, le grandi famiglie italiane si costruirono ville dignitose e discrete, le quali non ostentano, viste dall'esterno, altra ricchezza, all'infuori della vegetazione folta — pini, tigli, tamerici — e del silenzio. Il tranquillo quartiere residenziale venne costruito in quella che i fortemarmini chiamavano la macchia tedesca perché dall'inizio del secolo artisti e intellettuali tedeschi vi si rifugiavano per riposarsi e per lavorare. Una lapide sul viale Morin (l'ammiraglio Morin, uno dei fondatori del quartiere) ricorda il soggiorno di Boecklin. A monte, fino ad alcuni anni fa, esisteva, incolta e talvolta acquitrinosa, la macchia del Prete. Oggi, bonificata, asciutta e arricchita d'alberi sebbene sia stata sempre ricca di piante, dà la misura della cintela architettonica prevalente al Forte. I platani, i tigli, i lecci nascondono abitazioni che di rado rasentano la pacchianeria. Il luogo è stato prescelto ancora una volta da intellettuali. Marino Marini vi ha costruito la sua bella casa e il suo spazioso studio. La vedova di Thomas Mann e la i'glia Elisabetta, la scrittrice, vi trascorrono parte dell'anno in un edificio ispirato a Wright. Si dia il giusto peso alla (edeltà della famiglia Mann a una spiaggia cui la legano ricordi non privi d'amarezza, nascosti nel bellissimo racconto di « Mano e il mago » da un sottile velo d'ironia, di là dal quale è l'Italia di quei tempi coi suoi pregiudizi moralistici e nazionalistici. Lì vicina, spostata verso Marina di Pietrasanta. è la macchia del Veneranda, prossima alla Versiliana dove D'Annunzio visse solitario: cavalcava mulo sulla spiaggia, la mattina presto; i luoghi della « Pioggia nel pineto », insomma. La parte vecchia del Forte è ricca di ricordi artistici e letterari. Carlo Carrà villeggiò a lungo in una palazzina dall'intonaco rosa. Un po' più a nord stavano le famiglie di Giovanni Gentile, di Giuseppe De Kobcrtis, di Attilio Vallecchi, di Ardengo Soffici. A ponente, nel quartiere di Vittoria Apuana, abitavano Felice Carena, Manlio Dazzi. Un po' prima del Cinquale, il torrente che divide la Versilia dalla Lunigiana. in una pineta distrutta dalla guerra, — sussi-stono le tracce delle trincee — abitava Guido De Ruggiero, e tanti che oggi appartengono alla generazione di mezzo vi andavano, telici di sentire parlate, ascoltando De Ruggiero e magari Pietro Pancrazi in visita, oltreché di letteratura, di politica. Certe ispirazioni, certi indirizzi sono legati alla macchia del Cinquale che più non esiste. Mezza letteratura italiana ha frequentato questo estremo lembo della provincia lucchese: Aldous Huxley, Riccardo Bacchelli, Tommaso Landolfi. En- crtsgmdtrico Pea (che ha un posto a sé sessendo nativo del luogo) ne!ttrassero elementi per i loro ! pracconti, per i loro romanzi, Altri — Angioletti, Loria, Savinio — vi si ritiravano per lavorare in pace. Ricordo le ani- lssmate discussioni in casa di | tCarena e tra i platani del caf tè Roma, con Bilenchi, Moravia, Mario Pannunzio, Guglielmo Petroni. E sono tanti gli scrittori fedeli al Forte da più di mezzo secolo: Montale, Roberto Longhi, Anna Banti. aetnpcvAttrassero sempre la bcllcz-; lza panoramica per la combina- ! imarmi e del mare, e la discrezione architettonica. Così, si spiega l'ampiezza dell'allarme suscitato dalla brutale distruzione del Grand Hotel e da certe notizie, stando alle quali j una società intende costruirei al posto del vecchio albergo scttantasei appartamenti da affittare. Immaginatevi: terrazzini, costumi messi ad asciugare, antenne, radio, televisori accesi e un grande parco per almeno settantasei auto, anzi forse il doppio, due per famiglia... La Versilia s'è estesa; vantano d'appartenervi, a sud di Motronc e a nord del Cinquale, comuni e spiagge collegati ad altre zone. Ed estendendosi rischia d'essere spinta a emulare la costa romagnola o ad assumere le caratteristiche proprie, in Toscana, del Lido di Camaiore. Eppure qui perfino i tedeschi sono d'una qualità speciale. Ignoro se li attirino i ricordi di Boecklin o di Mann. E' sicuro che non cercano il divertimento di massa. La mattina fanno il bagno, il pomeriggio si spingono nell'interno della Toscana a visitare monumenti: fino a Firenze, Siena, Arezzo. Neanche le necessità turistiche giustificano l'involgarimento, il quale semmai spingerà parte della clientela, specie straniera, più a sud, di là da Ostia, verso Spcrlonga e, quando sarà finita l'autostrada del Sole, in Calabria. E di ciò è consapevole l'intiera Versilia, solidali i partiti, i consiglieri comunali, la popolazione. 11 caso è controverso e insieme clamoroso. Con una giustificazione procedurale, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del sindaco del Forte, ma il procedimento giuridico non è ancora esaurito. A esso, intanto, s'accompagna un'azione degli amici del Forte dei Marmi, che sono tanti, e l'altra, ugualmente intensa, degli iscritti a i Italia Nostra ». In Versilia si è capito — e credo possa affermarsi che lo; si è capito dalla foce del Serchio a quella della Magra sche la costa settentrionale to-1 isenna ha bisogno di riguardi\n] pspeciali. Occorre non solo sor- ! svegliare le iniziative degli spe- ; rinnnnininniniininniinininnnnnniinnnniu culatori immobiliari ma salvare anche il paesaggio e soprattutto la pineta costiera. I pini, specie quelli vicini alla spiag già, sono malati, le loro chiome hanno smesso da tempo d essere verdi e sono diventate grigie. Due docenti univer sitari, il professor Turno Ro tini dell'Università di Pisa e il professor Tullio Biraghi del- l'Università di Firenze, stanno studiando una malattia che spaventa la Versilia intiera. Le ipotesi popolari sono tan te. Si dà la colpa alla bomba atomica, all'anidride carbonica emessa dai tubi di scappamen to, alle petroliere che semina no il loro olio nel Tirreno. Il problema è serio e richiede cautela. Intanto, si sono prelevati campioni di fronde ma- late, si sono installate in alcuni ptgfrlcngndpdrimspbasèci militi mulinimi miiiiimmii punti della costa lastre di vetro unte di paraffina per raccogliere i misteriosi veleni. S'afferma infatti che il libeccio rovina la flora versiliese e si lenta di scoprire come mai una corrente meridionale finora innocua — e che si limitava a piegare le chiome dei pini verso! nord est — oggi ctiocia e ucci da le piante intiere C'è l'inter preta zione della costa porterebbero in mare i residui dei nuovi impianti industriali, delle segherie del marmo diventate più numero se Un tempo ci si lavava col sapone di Marsiglia, si taceva il bucato con la cenere o si dava a farlo alle lavandaie; oggi, ci sono le lavatrici e i detersivi. Il caso è allo studio e forse chimica I fium,!è più complesso di quanto si creda e riguarda anche la pu- lizia delle acque marine. Per ora, si è osservato che i veleni portati dai venti attaccano gli alberi dalle foglie caduche. Le pinete che da quasi tre secoli orlano la marina toscana co -minciarono a deperire una dc--ini d'anni fa A un tratto o !' . " no incanutite Che avviene- ci si chiede da tre anni con angoscia crescente I verstliesi isono colpiti nc»li interessi e nel sentimento. Ceno bìsotmJbito una azione per frenare)l'involgarimento architettonicoldare tempo agli studiosi d'analizzare i reperti scicntificamcn te; mentre urge sviluppare su che snatura non meno del libeccio, a un tratto diventato! maligno, uno dei punti belli della costa italiana. più Arrigo Benedetti ]