Il dramma di un giovane padre coraggioso che non misura sacrifici per il figlio malato

Il dramma di un giovane padre coraggioso che non misura sacrifici per il figlio malato Il dramma di un giovane padre coraggioso che non misura sacrifici per il figlio malato Patetico caso segnalato a «Specchio dei tempi» dalle alunne della 5a elementare di Camagna (Casale) L'uomo, un piastrellista di 37 anni, lavora anche al chiaro di luna per crescere i suoi tre figli • Uno di essi, undicenne, è di salute delicata ed ha dovuto rinunciare agli esami di licenza per un attacco di meningite - Ora sta migliorando - Abbiamo portato un aiuto al padre per sollevarlo dalle preoccupazioni finanziarie (Dal nostro inviato speciale) Casale, 23 giugno. Le alunne della quinta elementare di Camagna, un paesino del Monferrato a 15 chilometri da Casale, hanno scritto a « Specchio dei tempi » per segnalare il patetico caso di un loro compagno di classe, Mauro Raimondo, 11 anni, colpito da meningite pochi giorni prima degli esami. Mauro è sempre stato un bimbo dalla salute delicata, soffre di una grave forma di cataratta agli occhi, è già stato operato nove volte, e dovrà subire altri Interventi. Il padre, Giovanni, 37 anni, è piastrellista In uno stabilimento di Casale. La paga basta appena per 1 bisogni della famiglia che è composta di cinque persone: 1 genitori e i figli Mauro, Pia di 10 anni e Osvaldo di 3. Le cure di Mauro sono costose: visite, consulti, medicine. Deve portare lenti speciali e cambiarle due o tre volte all'anno. Per procurarsi 11 denaro l'uomo fa straordinari in fabbrica: lavora 16 ore al giorno e d'estate, quando le richieste aumentano, anche 24 ore di seguito, senza dormire. E 1 sacrifici continuano. L'alloggio dove la famiglia abitava diventa troppo piccolo. L'operalo compra a rate, per trecentomila lire, un rustico con un po' di terreno. Nel momenti liberi, aiutato da due amici manovali, intonaca 1 muri, cambia 1 pavimenti, aggiusta gli infissi. Invece di pagare 1 muratori lavorerà per loro quest'anno tutte le domeniche. Ora la casa è finita, guarda sui colli dolci percorsi da filari di viti; davanti c'è l'orto ben curato. Il Raimondo si alza all'alba, zappa e semina, poi prende la moto e va in fabbrica. Se c'è luna piena rimane a lavorare anche tutta la notte: « Non è un sacrificio — dice. — Lo faccio per i miei bambini ». Soprattutto per Mauro, che la malattia ha reso timido, solitario: < Deve avere una vita normale. Non importa quello ohe costi. Se avrò salute ci saranno anche i soldi ». Per questo, quando Mauro ha compiuto sei anni, malgrado 1 medici gli avessero detto che poteva essere dispensato dall'obbligo scolastico, lo ha iscritto alla prima elementare. La maestra, signora Teresa Germonio, ricorda il loro primo incontro: 1M111111111 r M [ ! I ! ! 111M H11111 ' 11 ri r 1111M11H111M t « In paese conoscevamo tutti la storia di quest'operaio, ammiravamo i suoi sacrifìci, il suo attaccamento alla famiglia. Quando ha portato il bambino ha detto: "Veda lei, se riesce a seguire; altrimenti non importa, studierà a casa", ma io ho capito che se Mauro non fosse rimasto tra noi, ne avrebbe sofferto perché voleva dire che il bimbo non era come gli altri ». La signora Germonio ha de- dicato molto tempo a Mauro: «Era scontroso, non prendeva parte ai giochi delle compagne (in classe era l'unico maschietto), si vergognava per gli occhiali che doveva continuamente cambiare, uno per leggere e scrivere, l'altro per venire alla lavagna. Poi, piano piano, ho conquistato la sua confidenza. Ora è bravino, soprattutto in italiano. Nei temi parla spesso del padre: "Il mio papà — ha scritto — è un uomo forte che lavora sempre". Se non si fosse ammalato sono convinta che sarebbe stato promosso ». Ma tre giorni prima degli esami Mauro rimane a casa. Ha la febbre altissima. Il medico dice che si tratta di influenza. Nella notte la temperatura continua a salire. Il bimbo vaneggia, lo portano a Casale: il referto questa volta parla di meningite. Forse non si salverà. In paese nessuno ha il coraggio di chiedere notizie al padre. Passa col viso basso, in fretta, sfugge gli sguardi della gente. Una sera, in piazza, scoppia a piangere come un bambino, poi è corso via. Dice la lettera a «Specchio dei tempi»: «Abbiamo spesso parlato in classe di te, ma non pensavamo di ricorrere al tuo aiuto. Eppure tu solo potrai rendere meno triste il nostro addio fra compagni». E con tinua: «Mauro ci parlava sempre del suo papà, dei due turni che faceva come piastrellista, del lavoro coi muratori, di quello nella vigna di notte, con la luna piena. E ora è dispe rato perché suo figlio è grave e forse morirà. Vieni a parlare con lui che è tanto infelice aiutalo, se puoi». Ci siamo recati a Camagna. Il Raimondo era appena tornato dall'ospedale. Era più sereno perché 1 medici gli avevano detto che Mauro migliora, forse la malattia non lascerà conseguenze, anche se ci vorranno altre cure, e costose. Gli abbiamo consegnato un assegno di centomila lire per le spese più urgenti. Cosi la gioia per lo scampato pericolo non sarà turbata da preoccupazioni finanziarie. p. a. Giovanni Raimondo, il papà del bambino ammalato

Persone citate: Camagna, Germonio, Giovanni Raimondo, Mauro Raimondo, Teresa Germonio

Luoghi citati: Casale