Assolto perché è pazzo il medico che uccise il barone a Como: rimarrà 5 anni in manicomio

Assolto perché è pazzo il medico che uccise il barone a Como: rimarrà 5 anni in manicomio Cominciato e subito concluso il processo in Assise Assolto perché è pazzo il medico che uccise il barone a Como: rimarrà 5 anni in manicomio Il P. M. aveva chiesto un periodo di 10 anni - La Parte Civile ha rinunciato a sostenere l'accusa privata - L'imputato era assente, e cosi la sua fidanzata scozzese, che involontariamente provocò la tragedia - Il dentista trentottenne (figlio di un armatore di Genova) è affetto da paranoia e schizofrenia: in ogni persona vede un uomo che vuole portargli via la ragazza (Dal nostro inviato speciale) Como, 16 giugno. La Corte d'Assise di Como ha assolto per totale vizio di mente il medico dentista dott. Lino De Palma, trentottenne, che per gelosia uccise il barone venticinquenne Luigi Mach di Palmstein, suo amico. Ha disposto che il De Palma sia rinchiuso in un manicomio criminale per il periodo di .; filini. Il P. M. aveva chiesto 10 anni di internamento. L'intera udienza, dalle 9,30 alle 19 di oggi, è stata destinata alla rievocazione della, follia dell'imputato, assente per aver ri¬ nunciato ad assistere al dibat-amento. Egli è. ricoveralo nel manicomio di Castiglione delle Stivierc. Assente era anche la donna che è stata casualmente allaorigine della tragedia, l'inse-gnante scozzese Ruth Plendcr- leith, di 32 anni: dagli Stati Uniti ha scritto alla Corte dicendo esserle impossibile venire a Como. La famiglia della Vittima si è costituita parte civile con il patrocinio dell'avvocato Nino Bavaro. E' presente un fratello, Amedeo Mach. I segni della pazzia, cominciano ad affiorare attraverso la lettura degli interrogatori dell'accusato. Si era messo in testa che il barone suo amico volesse portargli via la fidanzata: il mattino del 26 luglio 196/, partì da Milano in auto per andarlo a cercare a, Costino d'Erba nella villa di uno zio. Voleva vendicarsi. Portava con sé tre coltelli e una rivoltella in una borsa. Raggiunta la mèta, scese dalla vettura ma dimenticò di prendere la borsa contenente la rivoltella. Dovette ritornare. Si trovò a tu per tu con il rivale e sparò due colpi. Disse poi: « Se avesse pianto, se avesse dimostrato pentimento, l'avrei perdonato. Lui invene mi trattò in modo sprezzante e io sparai ». Compiuto il delitto tornò a Milano ove peregrinò fuori di sé, confidando a un paio di passanti e Ì71 fine al vigile urbano Giampiero Rampoldi di avere sparato a un barone. Così fu portato in questura. Confessò tutto. L'avv. Francesco Mottola ha ricordato come il suo amico Luigi Mach l'avesse pregato di intervenire presso il De Palma per indurlo a smetterla di perseguitarlo. Un giorno l'imputato aveva invitato l'amico a casa sua: appena questi vi giunse, lo prese a bastonate. In seguito lo bersagliò di telefonate ingiuriose. Dopo la sfilata di questi testimoni si è giunti alla parte conclusiva del dibattimento: la deposizione dei tre specialisti ai quali il giudice istruttore affidò l'incarico di dire quale fosse il grado di responsabilità penale dell'imputato al momento del fatto: i professori Alberto Masciocci e Cesare Roncati, direttore ed ex direttore dell'ospedale psichiatrico provinciale di Como, e il dott. Angelo Donatini, medico legale. , Essi giunsero a conclusioni Identiche a quelle del constilente della difesa, prof. Castaldi, direttore della clinica psichiatrica dell'Università di Milano. Egli è presente in aula. II contenuto della perizia è illustrato dal prof. Masciocci il quale premette: «AI momento del fatto il dott. De Palma era apparentemente lucido e cosciente e ha agito in modo consequenziale, ma setto l'imperio di una motivazione patologica delirante ». Lo psichiatra soggiunge non. trattarsi di un de livio di gelosia, bensì di un delirio che si collocava del tutto fuori della realtà. Il De Palma>ie crii completamente soggto-gato; non aveva possibilità discelta. Nella perizia — dice il prof. Masciocci — sono stati citati episodi che lumeggiano la clamorosa assurdità d'indolo patologica del modo di pensare dell'imputato. «Ruth mi tradiva », egli diceva senza che vi fosse alcunché di vero nei suoi sospettt. E aggiungeva: «Ne sono certo per il modo con cui Ruth si lava le mani, cammina e pronuncia parole incomprensibili nel sonno ». C'è poi un fallo tipico della pazzia, soggiunge lo psichiatra. Il De Palma, fratturatasi ima gamba sciando a St. Moritz, fu ricoverato in clinica; gli amici gli portarono in casa la ruota di scorta dell'auto parcheggiata in strada per evitare che fosso rubata. Quando, lasciata la clinica, egli tornò nel suo appartamento, si turbò al vedere quella ruota; csclantò: «Ecco la prova che Ruth mi tradisce con Luigi ». E' evi- dente la mancanza di qualsiasi nesso logico fra questo pensiero e il mondo della realtà e della ragionevolezza. Le ideo deliranti che travolsero il De Palma fino a portarlo al delitto appaiono affini a quelle che in precedenza l'avevano indotto ad assumere atteggiamenti per cui dovette essere ricoverato in clinica psichiatrica. Il provvedimento fu adottato per quattro volte prima della tragedia del 26 luglio 196),. Per esempio il medico si era messo in testa che sua madre, fosse diventata l'amante di uno studente accettato in casa. come pensionante: non usciva, più perché in ogni parola di qualsiasi interlocutore gli pareva di udire allusioni a. una situazione vergognosa che, in realtà, esisteva soltanto nelle fantasticherie- del suo delirio. Il patrono della parte civile avv. Nino Bavaro, al termine dell'audizione dei periti, dichiara che, data la validità della diagnosi degli psichiatri, si dimostra inopportuno un atteggiamento accusatorio privato nei confronti di un malato irresponsabile; perciò non presenta conclusioni e si rimette, alla giustizia della Corte. Il P. M. dott. Salvatore De Simone, nella sua ampia requisitoria, ha messo in risalto gli episodi che indicano nel De Palma, un soggetto eccezionalmente pericoloso. Pur riconoscendo che non è punibile, perché totalmente infermo di mente, ha sostenuto che il delitto è premeditato: perciò ha chiesto alla Corte di ordinarne il ricovero in un manicomio criminale per dieci anni. 1 difensori, avvocati Antonio Do Caro e Giacomo Dentala, hanno dedicato gran parte delle loro arringhe alla questione della durata della misura di sicurezza: hanno chiesto alla Corte di contenerla nel limite minimo rfi 5 anni. La Corte ha accolto la richiesta. In aula, in preda alla commozione, vi era il padre dell'imputato. E' un armatore genovese la cui vita è dominata dall'lncubo e dai problemi creatigli da due figli schizofrenici: uno, il protagonista di questa tragedia; l'altro, quasi di continuo affidato agli psichiatri di cliniche private in Italia e in Svizzera. Furio Fasolo