Malta non è più una fortezza

Malta non è più una fortezza Indipendente da due anni, stenta a trovare la sua strada Malta non è più una fortezza Con l'avvento dell'età atomica, ha perduto la secolare importanza strategica: non vivrà più una prova tragica come il «Grande Assedio» 1940-1943 - Gli inglesi hanno potuto concederle la libertà senza inquietudini - Ma lo Stato maltese, privo di risorse, vive ancora dei sussidi britannici e all'ombra di Londra - E' una situazione che suscita un diffuso malcontento (Dal nostro inviato speciale) La Valletta, giugno. I maltesi sono tranquilli; sarà impossibile che la loro isola sia fatta oggetto d'un altro assedio come quello del '40-'43. La bomba atomica ha tolto a Malta l'importanza strategica che per secoli ha avuto nel Mediterraneo. Il Grande Assedio, quello subito per opera delle navi turche nel 1565, aveva visto la sconfitta degli assalitori ed è rimasto nella storia come la suprema vittoria. L'altro Grande Assedio, quello del '40-'43, ebbe per assalitori le forze aeree dell'Asse e si concluse con una vittoria tecnica degl'inglesi e morale dei maltesi. Tre anni di bombardamenti quotidiani, un cataclisma di 12.000 tonnellate di allo esplosivo, 1436 morti, 3415 feriti tra la popolazione civile, l'arsenale inutilizzato, interi rioni demoliti, anche il centro di La Valletta devastato. Una resistenza ammirevole; e la George Cross conferita in piena battaglia, il 6 aprile 1942, come una decorazione concessa sul campo, per « un eroismo e una devozione che resteranno a lungo nella storia». La prima incursione aerea italiana su Malta si ebbe la mattina dell'11 giugno 1940, poche ore dopo l'inizio della guerra, e non c'era maltese che si aspettasse un attacco da noi. Le bombe italiane erano « fratricide », qualcuno ancora oggi ricorda. Di trentacinque bombardieri con una scorta di diciotto caccia fu la prima formazione italiana lancia ta su Malta alle 6,30 del l'il giugno '40. Fece pa recchi morti. Poi gli aerei tornarono nel pomeriggio. Questo fu l'inizio del Grande Assedio del ventesimo secolo, cessato l'8 settembre '43. Al principio la famosa isola-fortezza non aveva che pochi cannoni contraèrei e tre vecchi velivoli da caccia, che durante la prima incursione non poterono levarsi in volo per mancanza di piloti. Ma la difesa di Malta rimase debole per tutta la guerra, assolutamente inadeguata alla reputazione di fortezza imperiale e all'entità degli attacchi che subiva. L'Asse, tuttavia, credeva che l'isola fosse formidabile, che la fortezza fosse pressoché imprendibile : questa era la rinomanza che l'Inghilterra aveva saputo crearle. Se gli italo-tedeschi si fossero decisi, l'occupazione sarebbe stata sicura. Nel 1942 le riserve avevano una consistenza che era vicina alla resa. I viveri erano razionalissimi e in via d'esaurimento, convogli non ne arrivavano; anche la benzina per i pochi aerei stava per terminare; Ja stessa contraerea sparava a ritmo ridotto per risparmiare munizioni. Ed in realtà l'« Operazione Hercules », appoggiata e preparata da Kesselring, già da tempo era pronta al balzo. I piani prevedevano l'intervento di sei divisioni italiane e una tedesca. Dopo un bombardamento annientatore nel pomeriggio del giorno X, sarebbero stati lanciati i paracadutisti della divisione Folgore e di quella tedesca, seguiti dallo sbarco, nelle ore serali, d'una divisione di commandos, della Superga e della Friuli e di altre due divisioni italiane. Forze soverchiami, contro i 18 mila soldati inglesi e 8 mila maltesi. Ma Hitler sacrificò Malta ad Alessandria, Kesselring a Rommel. Il 24 giugno '42 il Fuhrer annunziò al duce d'aver rinunziato alla conquista di Malta deciso a puntare tutto sull'Egitto. Poi l'ingresso in Alessandria non avvenne e qualche mese dopo Montgomery travolse Rommel a El Alamein. Malta smise per sempre d'esser considerata una possibile preda, ma continuò a esser bombardata fino al luglio '43, inamovibile « portaerei ancorata nel Mediterraneo », come la definì l'ammiraglio Cunningham. Con l'avvento dell'era atomica questa portaerei immobile però non serviva più alla Gran Bretagna né a chicchessia. La si potè va abbandonare, compiendo insieme un bel gesto: dar-1 le l'indipendenza. Quando)la mutata strategia mon-| diale la convinse a rivede-] re le proprie posizioni avanzate, la piccola isola mediterranea fu tra le prime a entrare nel piano di smantellamento dell'impero. Ma la cosa venne presentata come una concessione graziosa per premiare il comportamento dei maltesi durante la guerra. Nel 1947 Malta ebbe una modesta costituzione, ma il governatore inglese accentrava tutto il potere. Una delusione: forse per questo nelle elezioni del '50 vinsero i nazionalisti dell'acceso Enrico Mizzi, il partito allora considerato antinglese e filoitaliano. Il che è vero, oggi come ieri, per la seconda definizione, ma non per la prima: se a Malta vi sono molti filoitaliani, bisogna precisare che non c'è nessun antinglese. Nelle elezioni del '55 vinse il partito laburista di Dom Mintoff, il quale chiedeva che Malta non fosse né colonia né Stato indipendente, ma venisse assorbita integralmente nello Stato inglese; tre deputati maltesi sarebbero andati ai Comuni. Le trattative fallirono, Mintoff per protesta si dimise; in attesa d'una più ampia costituzione il governatore tornò a instaurare il regime di colonia, che durò fino alle elezioni del 1962. I nazionalisti si presentarono con un programma di ampia autonomia immediata e di piena sovranità a non lunga scadenza; i laburisti rinunziarono all'integrazione, ma volevano subito l'indipendenza totale, senza legami con l'Inghilterra. Dom Mintoff forse si scoprì troppo con gli attacchi al clero, qui fortissimo in una società intensamente cattolica. E il clero, di cui è • a capo il battagliero arcivescovo ultraottantenne Michele Gonzi, passò alla controffensiva. fIpcLccDai pulpiti e dai confes-, sionah delle quattrocento achiese, in visite nelle fami- j glie, in incontri per le stra-1tde, duemila preti facevano sentire la loro voce. Essa diceva sostanzialmente una sola frase: «Non votate i per t laburisti». I maltesi accettarono il consiglio: i nazionalisti conquistarono 25 seggi, i laburisti 16. Analoghe posizioni i due partiti mantennero nel referendum sull'indipendenza, nel maggio 1964: 65 mila sì ai nazionalisti ("cioè all'indipendenza nel Commonwealth), 54 mila ai laburi¬ sti (indipendenza senza legami con l'Inghilterra). Al patto d'indipendenza — 21 settembre 1964 — furono uniti un trattato di mutua difesa ed uno di assistenza finanziaria: l'Inghilterra s'impegnò a versare allo Stato di Malta un contributo di 50 milioni di sterline (87 miliardi di lire) in dicci annualità di cinque milioni ciascuna. Tale somma — a condizione che tutti gli acquisti maltesi vengano fatti in Gran Bretagna o nel Commonwealth — è stata concessa per il 75 % in regalo e per il 25 % a titolo di prestito. Nasceva così uno Stato minuscolo, con un'economia che non poggia su alcuna risorsa, agricola o industriale, mineraria o commerciale; con una classe dirigente immersa di colpo in compili per i quali forse non possiede la necessaria esperienza. Ha detto Mintoff, capo dell'opposizione: « Con l'indipendenza rimaniamo nella zona d'influenza inglese, per dieci anni saremo impegnali con l'Inghilterra, continueremo ad avere i suoi soldati in casa e a dipendere da essa per qualunque nostra esigenza. In pratica non e cambiato nulla ». E' questo il motto che, a quasi due anni dall'indipendenza, non ripetono soltanto i laburisti. Giuseppe Faraci L'arcipelago di Malta comprende quattro isole (Malta, Gozo, Cornino c Comin otto ) con una superficie di 316 kmq, vale a dire un quadrato di IH chilometri di lato. La popolazione è di 830 mila abitanti. Quasi uniche risorse economiche, la pastorizia e l'agricoltura