A Orgosolo non si uccide più di Igor Man

A Orgosolo non si uccide più IL BANDITISMO JHA^ACCETTATO UNA TREGUA, MA NON E' FINITO A Orgosolo non si uccide più Nel paese sardo, tra il 1950 ed il 1960, ci furono più omicidi che in ogni altro centro europeo - Da quattro anni non accadono fatti di sangue; si è stabilito un armistizio, e persino una certa collaborazione, con polizia e carabinieri - Eppure la situazione non è mutata, malgrado qualche reale progresso - La popolazione ha capito che la spirale delle vendette avrebbe distrutto la comunità, ed ha interrotto la tragica catena - Un mondo moderno e civile potrà nascere solo quando, in un paese di cinquemila anime, non ci saranno più milleduecento pastori senza lavoro (Dal nostro inviato speciale) Orgosolo, giugno. Negli anni 'SO vennero uccise a Orgosolo più persone che in qualsiasi altro luogo in Europa; il numero esatto dei morti non si conosce, forse non lo sapremo mai, solo a. Pasquale Tanteddu. si attribuiscono cinquantun omicidi. Fu un bandito terribile, ma consumò indisturbato i suoi delitti flit quando non si rivelò « de malu coro », « di cuore malvagio »: uccise un consanguineo per rubargli la donna, cos'i la comunità lo abbandonò al suodestino. Ora la sua tomba, nel cimitero di Orgosolo, è senza lapide, hanno dovuto levarla perché ogni mattina il guardiano la trovava lordata di sterco caprino. Tantrddu era quasi un na- i no ma aveva, dicono, la faccia d'angelo, riusciva, a nascondersi nelle tane delle volpi, scrisse i nomi di coloro che aveva giurato d'ammazzare sul muro della cappella accanto al cimitero, col bitume. Passarono una mano di calce sull'elenco delle vittime predestinate, con la prima pioggia la calce se ne andò, e i nomi rimasero; ogni cinque, sei mesi Tanteddu scendeva dal Supramonte, ammazzava chi aveva deciso d'ammazzare, ne € spuntava» con un frego il nome dall'elenco, poi spariva. Anche l'uomo che lo uccise è morto ammazzato, ma di lui non resta neanche una tomba senza, lapide: scomparso, dissolto nel nulla. Intascata la taglia di cinque milioni, fece subito un'o.s.si- curazione sulla, vita: appunto per impedire che la famiglia la riscuotesse, il suo cadavere venne fatto sparire. Naturalmente tutti sanno in paese chi ha soppresso il giustiziere, sennonché nessuno ha mai parlato, né parlerà. Il tempo della vendetta è finito, a Orgosolo da quattro anni non si uccide più, ma il paese è rimasto, al fonilo, quello d'un tempo, anche se in superfìcie qualche, mutamento c'h stato. Fino a quattro anni fa, ad esempio, le donne uscivano di casa solo per recarsi in chiesa, adesso vanno al cinema, sia pure la domenica solamente, e passeggiano lungo il corso Vittorio Emanuele sotto gli sguardi critici dei giovani pastori seduti sui muretti di pietra che fan da quinte alla « Calle May or», tortuosa e stretta. Anche la figlia di Tanteddu, piccola come il padre, si gode il passeggio domenicale; durante la settimana fa l'inserviente alla pompa dell'Esso. Più non circola intorno quell'aria strana, tormentosa che fece scrivere a un giornalista francese: « Qui si vive in agonia! »; soltanto i vecchi hanno conservato lo sguardo cupo e impenetrabile degli anni terribili, se ne stanno stravaccati sulle soglie delle case grigie, qualcuno nell'antico costume di orbace con le brache bianche simili a mutandoni, la < berretta» di traverso, le mani, cotte dal sole e sformate dagli anni, intrecciate sull'addome come lo saranno sul letto di morte. I giovani ostentano gambali lucidi, abito alla cacciatora di velluto marrone, camicia candida senza cravatta, berretto grigio a visiera piantato di traverso sul capo. Sono ben rasati, non puzzano più di pecorino come un tempo, discutono fra di loro del Giro d'Italia e del Vietnam. . Una , volta,, qua/ndo passava per via un poliziotto, i pastori fischiavano; oggi hanno smesso, anzi può capitare che scambino qualche parola eoi brigadiere di pubblica sicurezza, un amalfitano estroverso che gira disarmato, solo che stanno bene attenti ad alzare il tono della voce, quasi gridano, perché nessuno pensi che si stia facendo una confidenza o, peggio, la spia alla < giustizia ». Altri mutamenti colti a prima vista: trentadue televisori divisi tra bar, sedi di partito e alloggi privati, una squadra di calcio, il Circolo del cacciatori, il silenzio della montagna lacerato dai juke-bnxes a tutto volume. La. canzone preferita: « Sono innocente» di Marcello Malu: « Tra queste sbarre maledette / muore un innocente / muore un innocente! », dice il ritornello gridato con rabbia dal cantante, un sardo. Una canzone emblematica, poiché il concetto di innocenza dei barbaricini non è quello europeo, ma rimane più complesso e folto di implicazioni sociologiche. Essere innocenti non significa non essere ladri di bestiame, o rapinatori (come potrebbero esserlo di fatto e in potenza forse tutti i giovani pastori che incontriamo1, addirittura omicidi, ma esserlo stati o esserlo in un certo modo. Che è poi quello tradizionale, « regolato » dal codice della vendetta. Non basta rubare, uccìdere per diventare bandito, bisognerà che ci siano i carabinieri, giacché quel che costringe il pastore alla macchia, e appunto l'esserci delle forze dell'ordine, « custa lezze chi ne han bocadu, chi non podet prus furare », questa legge per la quale non si può più rubare. Orgosolo fino a qualche anno fa era in stato d'assedio, c'erano duecento guardie di pubblica sicurezza oltre ni carabinieri; adesso gli agenti sono dieci comandati da un brigadiere e da un commissario ch'è di Sassari e sa come bisogna fare per mantenere l'ordine. Finita la inutile politica di repressione, i rapporti tra pastori e poliziotti sono formalmente buoni: non più odio e furore, ma reciproca tolleranza condita di diffidenza, — un armistizio fra lo Stato e la società chiusa nella Barbagia. Nel marzo scorso la gente è scesa in piazza, tutti, democristiani e comunisti, per protestare contro la mancanza di lavoro e l'abbandono in cui versa il paese. Duecentottantacinque sono i disoccupati di Orgosolo, i sottoccupati il triplo, su una popolazione di cinquemila persone; mancano le fognature, non esistono strade decenti, l'unico immobile d'un certo decoro appartiene a un vecchio notabile della destra. Fu uno sciopero spontaneo, drammatico, che non finì nel sangue proprio per la comprensione delle forze dell'ordine che tollerarono i blocchi stradali e le sfilate, i violenti discorsi, limitandosi a controllare i dimostranti con encomiabile sangue freddo. « Del resto, come avrebbero potuto agire diversamente i poliziotti — vi diceva uno dei frati camaldolesi del cui convento siamo stati ospiti — dal momento che la collera degli orgolesi era giusta? Son brava gente disperata, non uccidono più da un pezzo e forse potrebbero cambiare, ma come riuscirci se il mondo dove vivono, il loro paese, è sempre lo stesso: un povero " posto-tappa " di pastori nomadi? ». Non fidiamoci delle apparenze: la realtà di Orgosolo è,, purtroppo, bum utata. Come spiegare allora che da quattro anni più non si uccida e aumenti il numero di coloro che invece di farsi giustizia da sé ricorrono ai carabinieri, presentano esposti alla polizia, testimoniano ai processi? Il « codice della vendetta», accorto strumento di sicurezza sociale, prevede il ricorso a « sas pa- ches », <alle paci», allorché •d'esasperarsi del circolo mortale delle vendette appare un ostacolo a quella pace sociale tutelata dal codice barbaricino medesimo ». Quando è chiaro che l'uso imprudente dei poteri discrezionali conferiti all' individuo dal * codice» minaccia tutta la comunità, la comunità interviene spezzando il circolo vizioso della offesa-vendetta. A Orgosolo non si uccide più, da quattro anni, semplicemente perché la < disamistade » rischiava di tra¬ volgere in un conflitto senza misericordia tutto il regime di sicurezza sociale predisposto dalla comunità per la sua stessa vita. « Su sambene non est aba », « il sangue non è acqua»; tuttavia l'offesa, stabilisce il codice, può essere « perdonata » ma non va « dimenticata », non cade mai in prescrizione, < no si irmenticat mai ». Ecco perché quel tale De Murru, che con una bottigliata in testa nell'ottobre del i.962 mise fuori combattimento l'omicida Graziano Mesina consegnandolo alla polizia e testimoniando al processo contro di lui, s'è costruito una casa ch'è un fortilizio, senza porte, con sette uscite segrete, ed esce di giorno e in compagnia, non s'arrischia mai in giro di notte. Egli sa che il suo destino è segnato. E gli esposti alla polizia, le testimonianze? Il codice della vendetta ha strumentalizzato, degradandolo ad arma di offesa, il nostro codice di procedura penale: ricorrere alla giustizia dello Stato è ammesso, « in determinate circostanze», purché si abbia la certezza di poter trasformare la « giustizia » in un efficace strumento di lotta, quando cioè attraverso di essa sarà possibile punire adeguatamente il nemico che ha recato offesa. «Il fatto è che la Barbagia non è così perché c'è il codice della vendetta, mi c'è il codice della vendetta, perché la Barbagia è così», ammonisce il sociologo prof. Pigliaru. Fin quando le strutture economiche della Barbagia rimarrano quelle che sono, fintantoché i pastori continueranno a vivere una vita brada, nulla potrà cambiare, tranne le apparenze. Igor Man

Persone citate: De Murru, Graziano Mesina